IL VENTO E’ MIA MADRE

Proud Native Girl by Sandra Azzaroni

Il vento è mia madre è un libro scritto da Bear Heart, un nativo americano della tribù dei Creek (il loro vero nome era Muskogee, ma gli europei li chiamarono ?gli Indiani che vivono fra i torrenti? da cui Creek, cioè torrente) che forse è stato uno degli ultimi veri ?uomini-medicina? che si sono tramandati da secoli oralmente e soprattutto con l?esperienza la loro conoscenza eccezionale, una conoscenza di cure molto potenti collegata strettamente alla Natura, e, nel particolare, alla Natura specifica della loro terra. Bear Heart, nato nel 1918, si chiamava Nokus Feke Ematha Tustanaki che significa, appunto, Bear Heart in inglese o Cuore d’Orso in italiano.

I racconti dell’uomo-medicina, che andò a combattere per gli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, oltre a parlare della sua vita e del suo popolo nel periodo che va dagli anni ?30 ai ?60, tornano indietro nel tempo.

Il vento è mia madre

L’impianto sociale delle tribù native

Il suo racconto ci narra di come era la vita dei nativi grazie all?impianto sociale delle tribù indiane, prima di essere completamente schiacciati dagli europei e poi dagli americani (in realtà sempre gli stessi, visto che un nome non può cambiare un popolo più di quanto non possa farlo il colore di una bandiera.). L?impianto sociale delle tribù native era ciò che le trasformava in autentiche famiglie allargate e questo impianto era basato sull?appartenenza alla loro terra e sul rispetto assoluto nei confronti della terra e della natura. Tuttavia potremmo imparare ancora molto dagli insegnamenti degli Indiani d’America: a partire dal loro particolare approccio nei confronti della vita e dal modo di correlarsi con la Terra e con gli altri esseri viventi, che è decisamente l?opposto di quello che pratica la società occidentale, che ha anche la spocchia di chiamarlo ?il migliore dei mondi possibili?. Cuore d’Orso è stato uno degli ultimi Nativi americani educati secondo la tradizione degli uomini-medicina che desideri condividere la sua saggezza, senza mai un briciolo di arroganza o di supponenza.

Il vento è mia madre: il genocidio degli indiani

Il momento più toccante del libro è quando parla di come, nel 1830 circa, gli indiani appartenenti alla sua tribù e ad altre vennero scacciati dalle proprie terre e massacrati. Nei confronti di tutti i nativi americani, gli americani hanno compiuto un vero e proprio genocidio. Complimenti agli americani, quindi, perché portare a termine un genocidio non è facile. Hitler non c?è riuscito. Gli Stati Uniti d?America sono l?unico paese al mondo che sia riuscito a compiere un genocidio e a sganciare ben due bombe atomiche sulla popolazione civile (giapponese), e adesso hanno il coraggio di presentarsi a un mondo sempre più supino e subalterno come ?i buoni?. Ed ecco quindi come ?i buoni? hanno sparso la loro bontà, prima di iniziare ad ?esportare democrazia?. Bear Heart racconta il massacro dei suoi antenati in prima persona, e questo ci aiuta a capire qual era e quanto fosse forte il sentimento dei nativi nei confronti di antenati e di altri nativi.

Il sentiero delle lacrime, più noto come The Trail of Tears

Il vento è mia nadre: Indiani Muskogee in Oklahoma nel 1833
Il vento è mia madre: Indiani Muskogee in Oklahoma nel 1833

?Nel 1832 il presidente Andrew Jackson firmò una legge [Indian Removal Act, una delle leggi più fasciste che siano mai state create in un qualsiasi paese del mondo, a maggior ragione se si considera che fu fatta per togliere ai Cherokee le loro terre che erano piene d?oro; inoltre Jackson fu il primo presidente americano del Partito democratico?vien da dire ?buon sangue non mente?N.d.A.]. Questa legge costrinse le tribù native ad abbandonare il sud-est degli Stati Uniti e fu allora che i Muskogee vennero cacciati assieme ai Chickasaw, ai Choctaw e ai Cherokee. Percorremmo a piedi tutto il tragitto che separava le nostre case natali dal territorio che il Governo ci aveva assegnato, il cosiddetto Territorio indiano, che in seguito sarebbe stato battezzato Oklahoma, una parola choctaw che significa ?terra dell’uomo rosso?. La storia ha registrato questo avvenimento, ma non tutte le emozioni che lo accompagnarono, quello che il nostro popolo provò, quello che fu costretto a lasciarsi alle spalle, le difficoltà che dovette superare. Fu un trasferimento forzato: non avevamo altra scelta. Se qualcuno di noi rifiutava di abbandonare le proprie case, i soldati strappavano un bambino dalle braccia della madre e gli fracassavano la testa contro un albero, dicendo: ?Se non ve ne andate, tutti gli altri bambini faranno la stessa fine?. Alcuni soldati sventrarono con le loro sciabole delle donne incinte. Fu così che la nostra gente fu costretta ad abbandonare la propria terra.

Acquarello su Trail of tears
Il vento è mia madre: acquarello su Trail of Tears

La nostra gente fece a piedi camminando dall’alba al tramonto, circondata come un gregge da soldati a cavallo. Quando i nostri vecchi cadevano, morti, non ci veniva concesso nemmeno il tempo necessario per offrire loro una sepoltura decente. Molti dei nostri cari vennero gettati nei burroni; i loro corpi furono coperti soltanto da qualche frasca, perché ci impedivano di fermarci. Fu un lungo cammino, la gente era sfinita, i bambini non riuscivano a tenere il passo degli adulti, quindi questi erano costretti a portarli in braccio o sulla schiena. Erano talmente sfiniti da non avere la forza di reggerli, tanto che alcuni bambini e madri dovettero essere abbandonati. Queste sono solo alcune delle avversità che il nostro popolo dovette sopportare lungo il cammino e queste ingiustizie provocarono molti lamenti e pianti. Quella strada venne da noi battezzata ?il sentiero delle lacrime?.

Il vento è mia madre: the trail of tears
The trail of tears photo by the Indigenous Foundation

Un uomo che da bambino aveva percorso quel lungo cammino mi ha raccontato la storia. A un certo punto del percorso, la tribù con quei pochi cavalli che aveva venne caricata su dodici battelli decrepiti per attraversare il Mississipi. Il battello su cui era imbarcato cominciò ad affondare: lui riuscì ad afferrare la sua sorellina, montò a cavallo e puntò verso la riva, mentre i soldati lo inseguivano perché gli Indiani non avevano il permesso di montare a cavallo. Cercò di andare più veloce, ma il cavallo doveva nuotare ed era terrorizzato dall’acqua, per cui avanzava lentamente. L?uomo aveva visto quanto potevano essere brutali i soldati e sapeva che i battelli erano stati sovraccaricati intenzionalmente per farli affondare con il loro carico umano, perciò cercò di fuggire. All’improvviso qualcuno sbucò dietro di lui su un altro cavallo e gli strappò dalle braccia la sorellina. -Quando raggiunsi la riva piangevo disperatamente, perché ero convinto che fosse stato un soldato a prendersi la mia sorellina, ma poi mi accorsi che era stato uno dei nostri che voleva aiutarmi-. Molti di noi morirono, mentre attraversavano il Mississippi. Quando i sopravvissuti raggiunsero la riva erano completamente inzuppati e faceva molto freddo, perché era inverno. Qualunque fosse il tempo che incontravano, dovevano andare avanti, camminavano fra la neve senza scarpe. La mia trisavola si congelò i piedi, poi subentrò la cancrena che le fece staccare letteralmente i piedi dalle gambe. Ora è sepolta a Fort Gibson, in Oklahoma, ma sulla sua tomba non c’è scritto alcun nome; molti altri come lei giacciono sepolti in tombe senza nome. Non so quale sia la sua tomba, so solo che si trova in mezzo a quelle.

Il vento è mia madre: Bear Heart

Anche quando arrivammo sul posto assegnatoci, i problemi non finirono. I nostri bambini, di tutte le età, vennero strappati alle famiglie e furono chiusi in collegi, nei quali non potevano parlare la loro lingua, ma venivano obbligati a parlare inglese. Erano scuole governative: i bambini dovevano entrare e uscire dalle aule marciando, dovevano rifarsi il letto, tagliarsi i capelli corti (contro le loro tradizioni e religioni) comportarsi come se fossero in un campo militare. Questi sono solo alcuni dei soprusi che abbiamo dovuto sopportare. Eppure, ancora oggi, nelle nostre cerimonie la nostra gente prega per il bene di tutta l’umanità, che questa sia nera, gialla, rossa o bianca. Com’è possibile, avendo alle spalle un passato del genere, che la nostra gente esprima un tale amore??

Il vento è mia madre: Oklahoma

Per quanto riguarda l?Oklahoma, rimase territorio indiano per poco tempo. Con la guerra di secessione, appartenendo l?Oklahoma al sud, con la sconfitta dei confederati gli americani vincitori ne approfittarono per togliere buona parte del territorio agli indiani. Poi, nel 1870, con la costruzione della ferrovia, il governo favorì fortemente la colonizzazione del territorio (non è impressionante vedere come la parte peggiore della storia si ripete all?infinito?).

Col tempo la maggior parte dei nativi americani, diventati davvero pochi, sono stati infilati in piccole briciole di terra chiamate riserve, e se all?inizio hanno cercato di mantenere in vita le proprie tradizioni, piano piano in molti se ne sono decisamente distaccati. Quell?impianto sociale così importante era stato strappato e fatto a pezzetti dai ?buoni?. Negli ultimi decenni, tranne rare eccezioni, queste riserve sono diventate o ghetti dove i nativi vivono in miseria e disperazione o piccoli angoli di ?capitalismo? dove trionfano i casinò e quello che rimane degli antichi usi e costumi indiani sta nei negozi di souvenir.

#nativi americani #genocidio indiani #The Trail of Tears #Il governatore della Florida De Santis dice “Non è vero che gli Stati Uniti sono stati costruiti su terre rubate” #la storia si ripete

Philip K. Dick e Barbie

Nel titolo ?Philip K.Dick e Barbie? mi riferisco proprio a Lei, la Barbie bambola nata biondissima con occhi azzurri e ben presto raggiunta da un piccolo esercito di sorelle uguali ma con colori diversi: Barbie dai capelli platino, bruni, rossi, Barbie afro e asiatiche. E poi, la Barbie maschio, cioè Ken, il bellissimo Ken, eterno fidanzato di Barbie. La data di nascita di Barbie è il 1961, e considerando il miliardo di bambole vendute da allora ad oggi, 2023, possiamo senz?altro dichiararla Sua Maestà la Regina delle Bambole.

Philip K. Dick e Barbie: la classica Barbie bionda
La tipica Barbie bionda

Philip K. Dick e Barbie

Ma la domanda che rimane è: che cosa aveva a che fare Dick con Barbie? Un colpo di fulmine, una cartolina dal giardino dell?Eden, una sorta di epifania che gli aveva mostrato con chiarezza come la figura sexy e il visetto innocuo di un gruppo di bambole diverse solo nei vestiti erano forse l?altra faccia del Male, ben mimetizzato? Di sicuro era qualcosa di così potente da ispirargli la creazione di uno fra i suoi racconti più belli (I giorni di Perky Pat) seguìto da quello che oggi chiameremmo uno ?spin off? estrapolato da Perky Pat, e nello specifico ?Le tre stimmate di Palmer Eldritch?, romanzo allucinato e indimenticabile.

Da Barbie a Perky Pat

?? Suo padre e sua madre, intanto, lo disturbavano discutendo rumorosamente con i Morrison dall?altra parte del tramezzo. Giocavano di nuovo a Perky Pat. Come sempre.

Quante volte avrebbero oggi ripetuto quello stupido gioco? Si domandò Timothy. Infinite, probabilmente? E non erano gli unici: aveva sentito dire dagli altri ragazzi, del suo pozzo e di altri, che anche i loro genitori trascorrevano la maggior parte della giornata giocando a Perky Pat, e talvolta andavano avanti fino a notte inoltrata.

? No, nessun carrello ? obbiettò la signora Morrison ? È sbagliato. Lei dà la sua lista al droghiere e pensa a tutto lui.

Questo succede solo nei piccoli negozi del quartiere ? spiegò sua madre ? Ma questo è un supermercato, si capisce dall?occhio elettronico alla porta.

Io sono sicura che tutte le drogherie avevano l?occhio elettronico alla porta ? insistette ostinata la signora Morrison?

Vadano tutti a quel paese, pensò Timothy, usando l?espressione più forte conosciuta da lui e dai suoi amici. E poi, che diavolo era un supermercato?

(da ?I giorni di Perky Pat? di P.K. Dick)

Philip K. Dick e Barbie: la prima Barbie creata nel 1961
La prima Barbie creata nel 1961

Philip K. Dick e Perky Pat

 Lo stesso Dick ci racconta come fosse la sua vita nel 1963, con la prima di cinque mogli e quattro figlie:

?L?idea di Perky Pat si è presentata alla mia mente quando ho visto le mie figlie giocare con le Barbie. Chiaramente quelle bambole dall?anatomia iper-sviluppata non avrebbero dovute esser create per i bambini. Barbie e Ken erano due adulti in miniatura, a cui bisognava comprare abiti nuovi all?infinito perché continuassero a vivere nel lusso a cui erano abituati. Ebbi visioni di Barbie che pretendeva pellicce di visone; avevo paura che mia moglie mi trovasse con Barbie e mi sparasse. Avevo a che fare di continuo con lei e i suoi costosi acquisti, e ho sempre pensato che almeno Ken avrebbe dovuto comperarsi i vestiti con i suoi soldi.?

I primi anni ?60 furono forse il periodo più prolifico letterariamente parlando per Dick. La moglie lo costrinse ad andare a lavorare fuori casa, e lui affittò una specie di baracca in campagna a 25 dollari al mese, dove si distraeva ascoltando il campanaccio delle pecore e sentiva la mancanza delle figlie. Avrebbe tanto voluto veder apparire dalla porta Barbie, ma invece la sua immaginazione infinita e fortemente contagiata dall?angoscia creò Palmer Eldritch

Philip K.Dick e Barbie
Philip K. Dick

La faccia metallica di Palmer Eldritch 

?Un giorno camminavo sulla stradina di campagna, diretto alla mia baracca, con la prospettiva di scrivere per otto ore. Alzai gli occhi al cielo e vidi una faccia. Non la vidi realmente, però c?era, e non era una faccia umana; era un immenso volto che esprimeva la perfetta malvagità. Era immensa; riempiva un quarto di cielo. Aveva scanalature vuote al posto degli occhi. Era metallica e crudele e, cosa peggiore di tutte, era Dio.?

Dick continuò spiegando che Perky Pat rappresentava la seduzione femminile, l?eterno femminino, e quindi nasceva dal desiderio, mentre Palmer Eldritch nasceva dalla paura provata da bambino quando il padre abbandonò lui e sua madre: di conseguenza emergeva dall?angoscia più profonda. Ma Dick, come i grandi scrittori, come tutti i geni, è sempre stato umile. In realtà, infatti, c?è molto di più in entrambe le opere.

Philip K. Dick e Barbie: Perky Pat e Palmer Eldritch

Nei giorni di Perky Pat troviamo una Terra post guerra nucleare, soffocata da una temperatura invivibile e un Sole killer. Gli umani che in Perky Pat vivevano ancora su Terra, sia pure in loculi simili a tombe, in Palmer Eldritch vivono su Marte, comunque rinchiusi nei loro buchi-rifugio nel terreno, sempre in fissa col loro gioco, ormai tristemente abituati all?ambiente, reso tale dalle bombe nucleari molto potenti degli extraterrestri che hanno vinto la guerra contro gli umani. Extraterrestri che però continuano a gettare agli umani più disperati pacchi pieni di cibo, di banconote e di roba tecnologica, utile per ricreare e ricostruire, infatti sono chiamati ?benefattori? dalla gente dei rifugi sottoterra; gli umani, però, smontano tutto ciò che è tecnologia e lo utilizzano per giocare a Perky Pat, creare cancelli elettrici con telecomando, macchine sportive ed elettrodomestici, cucire abiti, e rendere sempre più perfette le loro ?composizioni?, ovvero il piccolo meraviglioso mondo della capricciosa bambola e del suo fidanzato, il tutto in una via di mezzo fra un?anticipazione dei giochi di ruolo e il classico, antico gioco infantile con le bambole.

L?atmosfera di Perky Pat è triste, squallida, insensata, ma il feeling che regna in Palmer Eldritch, dove in parte ritroviamo alcuni dei personaggi di Perky Pat, è molto peggio. C?è solo violenza, sopraffazione, e l?unica speranza di un domani migliore è affidata alla droga. Il gioco con le bambole continua, ma il gioco da solo ormai non basta più. Il divertimento è affidato a una droga, il Can-D (Candy, caramella) grazie a cui gli umani credono davvero di essere Perky Pat e fidanzato e di vivere una vita normale su un pianeta normale nei panni di giovani belli e pieni di soldi. In questo modo gli umani veramente ricchi che vivono su altri pianeti ancora abitabili riescono a spremere anche i poveri abitatori di tunnel polverosi.

Ben presto scoppia una sorta di guerra fra i due principali capitalisti-spacciatori: da una parte quelli che vendono il Can-D e creano tutto ciò che può servire a Perky Pat; dall?altra c?è Palmer Eldritch che insieme ad una nuova bambola spaccia una droga tanto pazzesca quanto pericolosa, il Chew-Z (Chewzy, gommosa). La differenza fra i due stupefacenti è fondamentale: il Chew-Z è quella che chiamano una droga ?di traslazione?, ovvero una droga che ?ti riporta? in qualsiasi parte del tuo passato tu abbia vissuto qualcosa di importante che non sei riuscito a concludere, o ti fa incontrare qualcuno di molto importante che hai perso, qualcuno che vuoi assolutamente rivedere perché non hai possibilità di farlo nella realtà. Traslazione che ti porta ad un?astinenza terribile e che, allo stesso tempo, dà senso a una vita fatta di nulla. Un senso finto a cui però nessuno riesce a resistere.

Philip K. Dick e Barbie: Barbie e Ken
Philip K. Dick e Barbie: Barbie e Ken

Palmer Eldritch, un Dio uscito dall?Inferno

Passare ad una droga diabolica tramite una bambola Barbie, ecco qualcosa che solo la mente di Dick, geniale e abituata agli specchi dell?inferno, avrebbe potuto immaginare.

?Mi hai svegliato ? disse a Anne, rendendosi conto di quello che lei aveva fatto; provò un enorme, rabbioso disappunto. In ogni caso, la traslazione per il momento era finita, ed era tutto?

?È stato bello? ? chiese Anne, comprensiva. Toccò la tuta di lui- è venuto a far visita anche al nostro rifugio. L?ho comprato. Quell?uomo con quei denti e quegli occhi strani?

?Eldritch, o un suo simulacro ? gli dolevano le giunture, come se fosse stato seduto sulle gambe per ore, ma vide che al massimo era passato un minuto ? Eldritch è dappertutto ? disse ad Anne ? Dammi il tuo Chew-Z ? le disse.?

?No.?

Lui si strinse nelle spalle, nascondendo il disappunto, l?acuto effetto fisico dell?astinenza?

?Dimmi com?è? disse Anne.

Barney disse: È un mondo illusorio nel quale Eldritch occupa le posizioni-chiave, come una divinità; ti offre la possibilità di fare quello che in realtà è impossibile: ricostruire il passato come avrebbe dovuto essere. Ma è difficile anche per lui. Ci vuole tempo? Quindi tacque; rimase seduto a strofinarsi la fronte dolorante.

?Vuoi dire che non si può, come nei sogni, allungare la mano e prendere ciò che si vuole??

?È assolutamente diverso dal sogno ? era peggio, si rese conto ? più che altro una specie di inferno ? pensò ? Sì, è così che dev?essere l?inferno: ripetitivo e inesorabile???

(da ?Le tre stimmate di Palmer Eldritch? di P.K.Dick) 

   

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

LA SINDROME DA RASSEGNAZIONE DEI BAMBINI MIGRANTI

La sindrome da rassegnazione: madre e figlia

In quanti siete a conoscere ?La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti?? Pur essendo una patologia grave e molto particolare, credo che siano in pochi ad averne sentito parlare, visto che i nostri media -in particolar modo i vari talk show giornalistici televisivi- non la citano nemmeno per sbaglio. Eppure si tratta di una patologia terribile, che funziona anche come specchio per il nostro ingiusto e avido mondo contemporaneo.

A questa patologia hanno dato vari nomi: Sindrome del rifiuto traumatico, Sindrome del sonno profondo, Sindrome della Bella addormentata, o, in Svezia, dove è nata ?uppgivenhetssyndrom?. Di base è una condizione psicologica che porta a uno stato di notevole riduzione della coscienza. Inizialmente è stata riscontrata in Svezia, negli anni ?90, fra i figli dei richiedenti asilo che provenivano dai paesi dell?ex Unione Sovietica, dell?ex Jugoslavia e più tardi dalla Siria. Col passare degli anni e l?aumentare delle guerre, delle invasioni ? a iniziare da quelle ?economiche e quindi legittime? – della miseria, fame, malattie, sono aumentati i flussi migratori e di conseguenza anche i malati di sindrome da rassegnazione.

La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti

Chi si ammala di sindrome da rassegnazione?

Colpisce prevalentemente bambini fra i quattro e i dodici anni (più raramente adolescenti fino ai 15 anni), in seguito al trauma delle violenze vissute nel paese d?origine, al trauma della migrazione e a causa dell?insicurezza in cui sono costretti a vivere. Che cosa hanno in comune bambini e giovani ragazzi colpiti da questa patologia? Sono tutti figli di rifugiati, a cui lo Stato Svedese ha revocato – o rischia di revocare – il permesso di soggiorno. Bambini che crescono sotto alla spada di Damocle del rinnovo, arrivati piccoli, o molto piccoli, in Svezia, cresciuti imparando una lingua e una cultura molto differenti da quelle di provenienza, e che vivono nel terrore di essere rispediti indietro; il che, nella peggiore delle ipotesi, significa che i genitori saranno giustiziati o finiranno in carcere a lungo, e nella migliore delle ipotesi le famiglie potranno scegliere se morire di bombe, di fame o di qualche malattia. Pensate alla Siria adesso: in contemporanea c?è la guerra, il terremoto e l?epidemia di colera. Fa pensare a quella canzone di Fabrizio De André: ?Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldar la gente d?altri paraggi.?

La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti: sorella maggiore legge alla sorellina in coma
La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti: sorella maggiore legge una favola alla sorellina in stato d’incoscienza

Se hanno una cosa in comune, questi bambini figli di molte parti del mondo, è quindi l?insicurezza quotidiana, vissuta in prima persona e filtrata dalla famiglia, in attesa di sapere cosa ne sarà di loro. Inizialmente, in Svezia, in molti hanno ipotizzato una messinscena da parte di questi bambini catatonici (purtroppo noi italiani ? a quanto pare ? non siamo i soli a dare la colpa di una tragedia alle vittime, come ha appena fatto il nostro ministro dell?interno nel caso del naufragio-strage a cento metri dalle rive di Cutro, Calabria).  Ma tutti i medici che hanno preso in carico la questione hanno confermato la profondità della patologia, che nei casi più estremi ha portato i malati in uno stato di coma per oltre due anni.

Quando la sindrome è stata riconosciuta ufficialmente

Nonostante fosse stata segnalata, almeno in Svezia ripetutamente dagli anni ?90, questa condizione non è stata riconosciuta dai pediatri e dagli psichiatri infantili per molti anni. Ma poi, a causa dell?aumento notevole del numero dei malati, dal 1 gennaio 2014 il Consiglio nazionale svedese per la salute e il benessere ha identificato questa sindrome con una diagnosi ufficiale e l?ha inserita nella classificazione svedese degli ICD-10.

La sindrome da rassegnazione. Photo by Magnus Wennman
La sindrome da rassegnazione; foto di Magnus Wennman, vincitore di due World Press Photo Awards

Una delle particolarità di questa patologia è che tutti i casi che si sono verificati fino ad ora sono stati registrati solo in Svezia. Pochissimi bambini e ragazzi con sintomi uguali o simili sono stati segnalati da altri paesi europei. Recentemente però, sono stati segnalati dall’Australia un certo numero di bambini rifugiati e richiedenti asilo con una sindrome molto simile a quella da rassegnazione: erano sull’isola di Nauru da diversi anni e sull’isola sono stati allestiti centri di detenzione per i profughi. Andando indietro nel tempo è possibile trovare casi di manifestazioni simili alla sindrome da rassegnazione in ragazzi e giovani adulti deportati nei campi di concentramento nazisti, e questo credo che dica tutto?

La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti: i sintomi

La sindrome da rassegnazione nei bambini e negli adolescenti inizia con sintomi di ansia e depressione, in particolare apatia e letargia. Pian piano questi bambini e adolescenti iniziano a mostrarsi nervosi, irritabili, e come ultimo step si allontanano dal mondo, giorno dopo giorno, si chiudono in se stessi come ricci, senza più desideri né passioni, e totalmente disinteressati alla scuola e al gioco.

La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti: Magnus Wennman fotografo
La sindrome da rassegnazione: foto Magnus Wennman

Gli incoraggiamenti dei familiari sbattono contro un muro di gomma. Dopo qualche tempo smettono di camminare, parlare, mangiare e diventano deboli, incontinenti, incapaci di reagire perfino agli stimoli dolorosi. E dopo un periodo più o meno breve, alcuni di loro arrivano a una condizione letargica e di incoscienza, mentre altri vanno in coma, che può durare mesi o anni.  

Bambini migranti. foto di Magnus Wennman

A seconda della reattività agli stimoli, i medici hanno suddiviso i sintomi, e di conseguenza la patologia, in due categorie:

Sintomi di ?grado 1?: quando i bambini mostrano qualche parola strascicata come risposta se si parla loro, camminano di tanto in tanto con un supporto e riescono a ingoiare qualche cucchiaio di minestra o frutta frullata;

Sintomi di ?grado 2?: quando i bambini non hanno alcuna reazione al tatto, al suono, al dolore o al calore ed è necessaria l?alimentazione con sondino. Possono essere presenti anche tachicardia, temperatura elevata, sudorazione eccessiva ed iperventilazione.

A seconda della variabilità individuale, la sindrome può regredire e di conseguenza vengono ripristinate gradualmente tutte le funzioni cognitive e motorie. Questo, però, può verificarsi anche dopo alcuni anni di tempo.

La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti. Foto di M.Wennman
Foto: Magnus Wennman

Il neurologo svedese a capo degli studi sulla sindrome all?interno dell?ospedale Pediatrico Astrid Lindgren di Stoccolma, si è espresso più volte sulla necessità del rinnovo del permesso di soggiorno per le famiglie di questi bambini, per ottenerne la guarigione. Gli svedesi sono riusciti, con una petizione, a far rimanere nel loro paese 30.000 famiglie con permesso scaduto. Perché comunque sia, che lo stato da rifugiati spetti loro o no, bisogna essere consapevoli che i bambini sono sempre vittime. Attraversare il mondo con fatica e mezzi di fortuna e non sempre al seguito dei genitori, in viaggi che a volte durano anni interi, mette a rischio non solo la sopravvivenza, ma anche la psiche di questi bambini, come piccoli Odisseo alla disperata ricerca di Itaca, che – una volta giunti a destinazione – avrebbero il diritto di potersi fermare e respirare, ma la condizione di precarietà legata alle scadenze dei rinnovi non glielo permette. Come se fuggire dalla miseria, dalla carestia, dalla fame, dalle malattie, dalle torture di qualche tirannia non sia già stato sufficiente.

Perché il sonno

Il sonno profondo è la risposta a una sofferenza intensa ed espressa a livello corporeo, come se l’assenza assoluta della capacità di interagire a qualsiasi stimolo fosse un meccanismo di protezione. Il ritiro dal mondo è un comportamento che viene messo in atto per evitare una situazione insostenibile, una dissociazione che nei gruppi di bambini può trasformarsi in una sorta di “contagio emotivo”. Questa condizione può essere aggravata anche dalla familiarità per disturbi mentali. 

Sindrome da rassegnazione: genitori migranti con la figlia in coma
La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti

Ma la scelta del cervello che ? per andare in protezione del corpo e della mente ? decide di optare per un sonno così profondo che spesso diventa coma spiega molte cose. Prima di tutto spiega perché fra le vittime di questa patologia ci sono solo bambini o giovani adolescenti. Perché nessun adulto? Perché gli adulti, in casi di estrema disperazione, hanno la possibilità di fare un?altra scelta: quella del suicidio, che nessun bambino, almeno fino ai dodici-tredici anni sarebbe mai in grado di fare.

E se qualcuno dovesse domandarsi che cosa ha a che vedere il sonno con la morte, proverò a rispondere tramite il mito, che potrebbe farci capire qualcosa di più di questa sindrome che nessuno riesce ancora a comprendere veramente.

Hypnos e Thanatos, i due gemelli del mito classico greco

vaso greco classico: Hypnos e Thanatos depongono un eroe morto
Vaso con Hypnos e Thanatos, ovvero Sonno e Morte, i due gemelli alati nella “deposizione” di un eroe morto

Hypnos, il Sonno, e Thanatos, la Morte, sono entrambi figli di Nyx, la Notte ed Erebo, la Tenebra Infera, ovvero: la Notte che porta i sogni e la Tenebra Infera che porta la fine della vita. Eppure hanno preso porzioni diverse di ?eredità genetica?. Hypnos entra ed esce dai corpi senza recare danno a nessuno, e quindi appartiene allo stato dell?essere. Thanatos, invece, entra nei corpi solo nel momento in cui separa l?anima eterna dal corpo mortale, e di conseguenza appartiene allo stato del non-essere.

La parentela del sonno con la morte costituisce uno dei topoi maggiormente consolidati della letteratura di ogni tempo: Omero esalta la potenza di Hypnos, fratello gemello di Thanatos, nell?episodio della ???? ????? (l?inganno nei confronti di Zeus), quando Era vuole distogliere il suo regale sposo dalle incombenze della guerra di Troia (Iliade XIV 231-237). Sempre nell?Iliade, vediamo i due gemelli, qui definiti da Omero come ?veloci portatori? mentre attuano uno dei compiti più importanti che i due gemelli devono svolgere ? nel campo dell?epica e del mito in genere ? ovvero il compito della ?deposizione dell?eroe morto?; in questo caso a Hypnos e Thanatos è affidato il compito di trasportare in Licia il cadavere di Sarpedone, perché possa ricevere i dovuti onori funebri (Iliade XVI 677-683):

?(Apollo) lo unse d?ambrosia e gli mise addosso vesti immortali;
poi lo affidò ai portatori veloci,
il Sonno e la Morte, i gemelli, che subito
lo deposero nella ricca regione di Licia
.?

La sindrome da rassegnazione: Hypnos e Thanatos in un anime "I cavalieri dello Zodiaco"
I gemelli Hypnos e Thanatos in un famoso anime “I cavalieri dello Zodiaco” che fa capire quanto il mito greco sia così importante da essere arrivato fino alla cultura popolare dell’Estremo Oriente

Esiodo nel rappresentare la morte degli eroi della generazione aurea, per rappresentare il tipo di morte ideale, senza alcuna sofferenza, dice: «morivano come vinti dal sonno» (Teogonia 116) e più avanti, sulla parentela fra sonno e morte, si sofferma in una lunga descrizione (Teogonia 755-766)

Molto bella l?immagine proposta da Alcmane, in un contesto erotico, dove lo sguardo struggente della fanciulla amata è paragonato al sonno o alla morte. Del resto è noto il rapporto ambiguo ma fortissimo fra Thanatos ed Eros:

?e col desiderio che scioglie le membra, e più struggente
del sonno e della morte guarda verso di me?

Fondamentali, nell?ambito  ?sindrome da rassegnazione?, sono i contesti nei quali la divinità del sonno è esaltata per i benefici che arreca e viene invocata come rimedio delle sofferenze umane. Così, ad esempio, in Sofocle, Filottete 828-832, il coro lo invoca perché liberi Filottete dal dolore causatogli dalla ferita purulenta:

?Sonno che ignori il dolore, Sonno privo di sofferenze,
vieni a noi col tuo soffio benefico,
Signore beato! Diffondi sugli occhi
questa luce di salvezza, che finalmente risplende!
Vieni a me, vieni, Guaritore!?

Gli esempi sarebbero tantissimi, ma non si può non citare almeno il famosissimo brano di Platone nel quale Socrate, in prossimità dell?esecuzione capitale, paragona la morte al sonno (Apologia di Socrate, 40 c-d).

?Ora, se la morte è il non aver più alcuna sensazione, ma è come un sonno che si ha quando nel dormire non si vede più nulla neppure in sogno, allora la morte sarebbe un guadagno meraviglioso? Se, dunque, la morte è qualcosa di tal genere, io dico che è un guadagno. Infatti, tutto quanto il tempo della morte non sembra essere altro che un?unica notte. Invece, se la morte è come un partire di qui per andare in un altro luogo, e sono vere le cose che si raccontano, ossia che in quel luogo ci sono tutti i morti, quale bene, o giudici, ci potrebbe essere più grande di questo??

Bambino migrante in coma in ospefaleFoto di Magnus Wennman
La sindrome da rassegnazione dei bambini migranti Foto: Magnus Wennman

Infine bisogna ricordare che, nella Grecia classica, il sonno portatore di sogni era una componente determinante della vita. Tutta l?epica omerica è un continuo di sogni e visioni, di ombre che nel sogno visitano e guidano gli eroi: «Tu dormi, Atride», dice il sogno nel II libro dell?Iliade. «Tu dormi, Achille», dice lo spettro di Patroclo. L?ate, lo stato d?animo che molto spesso decide il comportamento dei guerrieri nel mito greco, è un temporaneo dissociarsi della coscienza, ispirato dagli stessi Dei. Erodoto diceva che non solo il sogno visita il sognatore, ma «gli sta sopra», per far capire il potere onirico di influenzare, profondamente, la realtà del dormiente.

Avendo ampiamente dimostrato la stretta parentela fra Sonno e Morte, è facile ipotizzare che il coma sia una delle fasi che possano portare dal sonno alla morte, e quindi una via di mezzo fra ?l?essere? di Hypnos e il ?non essere? di Thanatos: forse una scelta ideale per un cervello molto giovane che cerchi scampo da una realtà psicologicamente insostenibile.

Nella sindrome da rassegnazione, poi, è difficile capire ? razionalmente ? come possano, bambini in stato di coma da tanti mesi, accorgersi se qualcosa di positivo è avvenuto nelle loro vite: principalmente se uno status da rifugiati o un permesso di soggiorno sia stato accordato alla famiglia. E solo allora, piano piano, iniziano a risvegliarsi. Come se, nel corso di quei lunghi mesi o anni di sonno, Hypnos e i suoi figli, i Sogni, abbiano accompagnato i piccoli migranti tenendo sempre per mano la loro coscienza.

Trattamento della sindrome della rassegnazione

Nella sua fase acuta, il trattamento della sindrome della rassegnazione si basa, pertanto, sul mantenimento in vita dell’individuo in stato di torpore. Per garantire la sopravvivenza del bambino sono spesso necessari dei supporti artificiali, come la nutrizione attraverso sondino nasogastrico, l’idratazione endovenosa ed il controllo delle funzioni corporee. Nei casi più gravi si interviene anche con le benzodiazepine per contrastare la catatonia. Ovviamente, fin dalle prime fasi, è necessaria una terapia psicologica, per aiutare bambini e famiglie a rielaborare i traumi e tutte le emozioni dolorose che sono stati costretti a vivere.

La domanda a cui è ancora impossibile dare risposta

Quello che invece rimane incomprensibile, dopo anni di studio e ricerche, è: perché la Svezia? Perché tutto questo accade quasi esclusivamente in Svezia? Sempre che la Svezia non sia altro che ?il paziente zero? e questa patologia sia destinata ad espandersi come un?epidemia fra tutti i piccoli migranti che affollano i centri di ?accoglienza? della ricca, avida e succube Europa, e che ?colpisca? anche tutti i ricchi paesi del mondo che scelgono di spendere miliardi in armi per una guerra ma neanche un centesimo per i poveri e i reietti di tutta la Terra, che siano migranti o meno, il cui numero continua ad aumentare esponenzialmente.

HEMINGWAY VERSUS MUSSOLINI

Hemingway giovanissimo

Il motivo per cui parlerò della conferenza di Losanna del 1923 è per via di un articolo scritto da Hemingway, allora giovanissimo reporter che lavorava soprattutto per giornali canadesi. Il modo in cui Hemingway faceva il giornalista era particolare, proprio come in seguito lo sarebbero stati i suoi libri. Per una conoscenza vera e approfondita di Hemingway la sua attività da reporter è imprescindibile, anche perché il suo modo di scrivere da giornalista è completamente diverso dal suo stile letterario: il reporter Hemingway è fortemente ironico, mentre lo scrittore Hemingway è drammatico. A volte possiamo trovare, in un suo libro, qua e là, una vena di sarcasmo, ed è sempre sarcasmo molto amaro. Credo che questo possa dipendere dal fatto che per lui la vita narrata che diventa letteratura, sia sempre stata qualcosa di maledettamente serio. Al contrario la vita vissuta, che è ciò di cui si parla nei reportage, puoi affrontarla solo finché riesci a farlo con ironia. Il momento in cui perdi l?ironia, quel grande nonsense che è la vita ti schiaccia.

Hemingway giovane Reporter

Hemingway versus Mussolini: come è nato il reciproco odio fra un grande scrittore e un piccolo dittatore

Altro motivo per cui ne parlo è che mi è capitato di leggere articoli su giornali di destra o addirittura libracci che sostengono che Hemingway amava Mussolini e lo considerava un grande. Hemingway aveva in simpatia D’Annunzio, che è tutta un’altra cosa. In realtà considerava Mussolini un grande… coglione, lo prendeva in giro in ogni articolo e Mussolini lo odiava, tanto che solo in Italia “Addio alle armi” scritto nel 1929 ha dovuto attendere il 1946 per essere pubblicato. Quindi, in questo paese dove ognuno è libero di dire quello che gli pare, perché la verità ormai è un genere passato di moda, parlerò da parte di Hemingway usando brani di un suo famoso articolo “Mussolini Europe’s prize bluffer” che significa “Mussolini è il più grande bluff d’Europa”. Reportage per il “Toronto Daily Star” 27 gennaio 1923.

Hemingway soldato nella prima guerra mondiale

La conferenza di Losanna, 1923

In questo articolo si parla della conferenza di Losanna tenuta nel 1923, subito dopo il trattato di Sevres, dove i vincitori si erano spartiti i territori dei vinti, post prima guerra mondiale, ma le decisioni non erano state ratificate a causa dell?opposizione turca. In questo pezzo Hemingway si scatena e ce n?è per tutti: prende in giro gli svizzeri, prende in giro i rappresentanti della neonata Unione Sovietica, prende in giro Ismet Pascià, braccio destro del celeberrimo Ataturk, presidente della nuova e moderna Turchia, anche se per Ismet Hemingway ha una certa simpatia. Ma più di tutti prende in giro Mussolini.

Losanna 1923, capi di Stato fra cui Mussolini con le ghette bianche

Sfortunatamente per l’Italia Mussolini non era un bluff come dittatore, e in un certo senso Hemingway ha perso la sua scommessa. In compenso con questo ed altri articoli Hemingway riuscì a farsi odiare da Mussolini che l’ostacolò in ogni modo possibile.

Hemingway versus Mussolini: gli svizzeri

?Losanna, Svizzera. Allo Chateau di Ouchy, così brutto che in confronto la Old Felow?s Hall di Petoskey, nel Michigan, sembra il Partenone, si tengono le sedute della Conferenza di Losanna.

Una sessantina di anni fa Ouchy era un villaggio di pescatori con case scolorite dal tempo, una simpatica locanda dipinta di bianco con una veranda ombreggiata e fresca dove Byron si soffermava facendo riposare la gamba malata su una sedia, contemplando l?azzurro del lago di Ginevra e una vecchia torre in rovina che spuntava tra i canneti sulla riva del lago.Gli svizzeri hanno abbattuto le case dei pescatori, inchiodato una lapide sulla veranda della locanda, scaraventato la sedia di Byron in un museo, riempito la spiaggia a canneti con la terra raccolta negli scavi per gli alberghi enormi e deserti che coprono la collina sino a Losanna, e hanno costruito intorno alla torre il più brutto edificio d?Europa. Questo edificio di pietra grigia compressa assomiglia a uno di quei nidi d?amore che prima della guerra i re crucchi avevano l?abitudine di costruire lungo il Reno come ?case da sogno? per le loro regine crucche, e riassume tutte le fasi più deplorevoli della scuola architettonica del cane-di-ferro-sul-prato.?

Hemingway versus Mussolini: Lord Byron

Bulgaria e Russia

?Il primo ministro bulgaro Stambuliski esce pesantemente dalla porta girevole dello Chateau, squadra con diffidenza i due poliziotti svizzeri con l?elmetto in testa, guarda torvo la folla e sale a piedi la collina fino al suo albergo. Stambuliski non potrebbe permettersi di viaggiare in berlina neanche se avesse i soldi. Lo riferirebbero a Sofia e il suo governo contadino chiederebbe spiegazioni. Poche settimane fa al parlamento bulgaro si è appassionatamente difeso dall?accusa, rivoltagli da un gruppo di elettori vestiti con pelli di pecora, di portare calze di seta e di dormire fino alle nove di mattina.?

Il Primo Ministro Bulgaro Stambuliski

?I membri della delegazione russa non sanno mai con precisione quando verranno invitati alla Conferenza e quando ne saranno esclusi e hanno perciò deciso, sin dall?inizio, in uno dei consigli di famiglia che tengono a mezzanotte all?Hotel Savoy, che prendere una berlina fissa sarebbe troppo costoso. Si presenta alla porta un taxi e si fa avanti Arrens, uomo della Ceka e addetto stampa bolscevico, con un volto severo, scuro e sogghignante e con l?unico occhio che vaga qua e là senza controllo. Lo seguono Rakovskij e Cicerin. Rakovskij, l?ucraino, ha il viso pallido, i lineamenti splendidamente modellati, il naso adunco e le labbra tirate di un antico nobile fiorentino.?

Christian Rakovskij

Cicerin non è più quello di Genova, quando sembrava batter le palpebre davanti al mondo? Adesso è più sicuro di sé, ha un cappotto nuovo, anche se di profilo è ancora lo stesso, con l?atteggiamento furtivo del mercante di abiti usati.

Il turco

?Tutti vogliono vedere Ismet Pascià, ma una volta che l?hanno visto non hanno nessuna voglia di rivederlo. È un ometto scuro, privo di magnetismo? Assomiglia più a un merciaio armeno che non a un generale turco. Ha qualcosa di un topo?

Quando lo intervistai ce la intendemmo perfettamente, in quanto entrambi parlavamo malissimo il francese? Egli sa apprezzare una battuta umoristica e sorride compiaciuto a se stesso raggomitolandosi nella sua poltrona, ma si fa urlare all?orecchio in turco dal suo segretario gli interventi dei grandi. Quando lo rividi, Ismet era seduto a un tavolino in una sala da ballo di Montreux e sorrideva compiaciuto alle ballerine. Allo stesso tavolo due grossi turchi dai capelli grigi si guardavano attorno imbronciati, mentre lui mangiava enormi porzioni di torta. La cameriera sembrava soddisfatta di Ismet e Ismet di lei; si divertivano moltissimo. Nessuno dei presenti lo aveva riconosciuto.

Ismet Pascià

Hemingway versus Mussolini: Ritratto n.1

?A far contrasto con Ismet c?era Mussolini. Mussolini è il più grande bluff d?Europa. Anche se domattina mi facesse arrestare e fucilare, continuerei a considerarlo un bluff. Sarebbe un bluff anche la fucilazione. Provate a prendere una buona foto del signor Mussolini e esaminatela. Vedrete nella sua bocca quella debolezza che lo costringe ad accigliarsi nel famoso cipiglio mussoliniano imitato in Italia da ogni fascista diciannovenne. Studiate quella coalizione fra capitale e lavoro che è il fascismo e meditate sulla storia delle coalizioni passate. Studiate il suo genio nel rivestire piccole idee con paroloni. Studiate la sua predilezione per il duello. Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun bisogno di battersi a duello. E guardate la sua camicia nera con le ghette bianche. C?è qualcosa che non va, anche sul piano istrionico, in un uomo che porta le ghette bianche con una camicia nera. Può darsi che duri quindici anni come può darsi che venga rovesciato la primavera prossima da Gabriele D?Annunzio che lo odia. Ma permettetemi di offrirvi due ritrattini autentici di Mussolini a Losanna.? 

Mussolini col suo tipico cipiglio

Il dittatore fascista aveva annunciato una conferenza stampa. Vennero tutti. Noi ci affollammo in una stanza. Mussolini sedeva alla scrivania leggendo un libro. Il suo viso era contratto nel cipiglio famoso. Faceva la parte del dittatore. E restava assorto nel suo libro. Mentalmente leggeva già le pagine dei duemila giornali serviti da quei duecento inviati: ?Quando entrammo nella stanza, il dittatore in camicia nera non alzò gli occhi dal libro che stava leggendo?? eccetera eccetera.

Per vedere quale fosse il libro che leggeva con avido interesse gli andai dietro in punta di piedi. Era un dizionario inglese-francese che teneva capovolto.?

Hemingway versus Mussolini: Ritratto n.2

?Lo stesso giorno un gruppo di italiane che vivono a Losanna vennero al suo appartamento dell?Hotel Beau Rivage per offrirgli un mazzo di rose. Erano sei donne di ceppo contadino, mogli di operai, e attendevano fuori della porta di rendere omaggio al loro nuovo eroe. Mussolini arrivò in redingote, calzoni grigi e ghette bianche. Una delle donne si fece avanti e cominciò il suo discorso. Mussolini la guardò torvo, sogghignò, posò i suoi occhioni da africano sulle altre cinque e tornò in camera sua. Quelle poco attraenti contadinotte rimasero lì con le rose in mano. Mezz?ora dopo ricevette Clare Sheridan, che a forza di sorrisi è riuscita a ottenere molte interviste e trovò il tempo di conversare con lei per mezz?ora.”

Clare Sheridan, giornalista e scultrice inglese

?Mussolini comunque non è uno sciocco ed è un grande organizzatore. Ma è molto pericoloso organizzare il patriottismo di una nazione quando non si è sinceri, specialmente se si porta questo patriottismo a un livello tale da far offrire al governo prestiti senza interessi. Quando un latino ha investito i suoi soldi in un affare, vuole dei risultati, e dimostrerà al signor Mussolini che è molto più facile stare all?opposizione che non essere il Capo del governo. Sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando e sarà guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po? matto ma profondamente sincero e divinamente coraggioso, che è Gabriele D?Annunzio.?

Hemingway versus Mussolini: da ragazzo col fratellino

La domanda che sorge spontanea è: perché Hemingway ha voluto credere che Mussolini non fosse un vero dittatore e che fosse interessato al limite ad un regime semi-democratico in cui stare all’opposizione, quando è noto che i dittatori le opposizioni le fanno fuori molto facilmente col sangue e che Mussolini non avrebbe mollato quella parte da Capo di Stato per niente al mondo? Perché Hemingway era americano, pragmatico. In Italia c?era stato, sì, ma come soldato durante la prima guerra mondiale e non si conosce una popolazione durante una guerra. Non poteva quindi avere un?idea di quanto profonda e insensata sia la vanità dei maschi in genere e di quelli italiani in particolare, in special modo quando hanno un briciolo di potere. Né poteva sapere che popolo di pecore eternamente senza pastore sia il popolo italiano, fin dal primo giorno in cui l?Italia è stata ?riunificata? dai francesi Savoia. Forse, se lo stesso articolo l?avesse scritto solo qualche mese dopo, nel giugno 1924, di fronte all?assassinio di Giacomo Matteotti, Hemingway avrebbe capito che Mussolini non era un bluff in quanto dittatore, ma era sicuramente un giocatore d?azzardo, di quelli che non conoscono strategie ma più perdono più continuano a giocare, si vendono tutto ?l?oro della famiglia oppure della patria?, s?indebitano con soggetti ancora più pericolosi e alla fine si ritrovano ?gambe all?aria?. Nel caso di Mussolini letteralmente.

DA LESS THAN ZERO A EUPHORIA

da less than zero a euphoria

Da Less than zero a Euphoria sono passati esattamente 40 anni. Il che è almeno peculiare, perché i ragazzi in genere, ma soprattutto gli americani, non sembrano cambiati granché, se non nelle mode, nei tipi di droga di cui fare uso, nella violenza del sesso, nei modi sempre più cattivi ? grazie ad internet – per bullizzare altri ragazzi e ragazze e, ovviamente, nell?utilizzo dei social media. È anche vero che l?adolescenza in sé si nutre, nella maggior parte dei casi, di quel senso di fragilità, impotenza, inadeguatezza che alcuni, crescendo, perdono, mentre altri si portano dietro per tutta la vita. Avrei voluto aggiungere anche Gli Indifferenti, capolavoro di Moravia: altra generazione ma stessa identica incapacità di vivere. Poi, però, l?articolo sarebbe venuto troppo lungo.

Labirinth e Zendaya: I’m tired

Less than zero

?Less than zero? è un romanzo, scritto da Bret Easton Ellis a soli venti anni e subito pubblicato da Simon & Schuster nel 1985. Dopo questo libro Ellis ne ha scritti molti altri di spessore diverso, alcuni veramente di pessima fattura, altri mediocri ma che l?hanno comunque fatto diventare milionario. Less than zero è rimasto il suo capolavoro per vari motivi: lo stile brillante, i dialoghi alla Hemingway, l?editing perfetto, e la storia di una generazione, detta ?la Generazione Non?, tramite Clay che parla in prima persona. Ragazzo ricchissimo, Clay, dopo un anno di università in un altro stato, torna a Los Angeles per le vacanze e ricomincia le solite montagne russe fra droghe, sesso, e ogni trasgressione possibile, ma non riesce più a capire se quelli che credeva fossero i suoi amici di tutta la vita sono ormai solo un ricordo, sempre meno tollerabile.

Da less than zero a Euphoria: Bret Easton Ellis
Bret Easton Ellis

L?estate scorsa (da Less than Zero)

?L?estate scorsa. Cose che mi ricordo dell?estate scorsa. In giro per locali. The Wire, Nowhere Club, Land?s End, Edge. Un albino da Canter?s verso le tre del mattino. Un enorme teschio verde che fissa gli automobilisti da un tabellone sul Sunset, incappucciato con un calice in mano?Visto un travestito che indossava  un top di tessuto elasticizzato come in un film?I B52 sullo stereo, Gazpacho, chili da Chasen?s, hamburgers, daiquiri alla banana, gelato doppioarcobaleno?  Un ragazzo francese magro con cui Blair era andata a letto, che fumava un joint coi piedi nella Jacuzzi??

Stupro una bambina perché posso (da Less than zero)

?Rip ci guida verso la camera da letto. C?è una ragazza nuda, molto giovane e carina, distesa sul materasso. Ha le gambe aperte, legate alle colonnine del letto. La fica è come squamata e sembra secca; capisco che l?hanno rasata. Spin le conficca la siringa nel braccio. Li guardo. Trent dice ?Wow?.

?Ha dodici anni?

?Ben portati? ride Spin.

?Chi è?? domando io.

?Si chiama Shandra e va a scuola alla Corvalis??

Esco dalla stanza. Rip mi segue.

?Perché?? è tutto quello che chiedo a Rip.

?Cosa??

?Perché, Rip??

?E perché no, che diavolo?

?OOh Dio, Rip, andiamo, ha 11 anni!?

?Dodici? mi corregge.

?È? non penso che sia giusto?

?Che cosa non è giusto? Se vuoi qualcosa hai il diritto di prendertelo. Se vuoi fare qualcosa hai il diritto di farlo?

Mi appoggio al muro. Posso sentire i gemiti di Spin dalla camera da letto, e poi il rumore di una mano che schiaffeggia un volto?

Less than zero nuova serie
Less than zero film music site

Blair (da Less than Zero)

?Insomma, te ne torni a scuola veramente? dice lei.

?Credo di sì. Qua non c?è niente da fare.?

?Ti aspettavi di trovare qualcosa??

?Non lo so. Sono stato qui molto tempo.?

Come se fossi sempre stato qui. Distrattamente sto dando calci alla ringhiera.  Improvvisamente Blair si toglie i Wayfarers e mi guarda.

?Clay, sei mai stato innamorato di me??

Sulla terrazza il sole mi brucia gli occhi e in un momento di cecità mi vedo chiaramente. Mi ricordo della prima volta che facemmo l?amore, nella casa di Palm Springs, del suo corpo abbronzato e bagnato, disteso su fresche lenzuola bianche.

?Lascia stare Blair? le dico.

?Dimmelo?

Non dico niente.

?È così difficile rispondere??

La guardo fisso,

?Sì o no??

?Perché??

?Maledizione, Clay!? sospira.

?Ma sì, certo. Credo di sì?

?Non mentire?

?Che cazzo vuoi che ti dica??

?Dimmelo e basta!? dice, alzando la voce

?No ? quasi grido ? Mai!? Quasi comincio a ridere.

?E tu sei mai stata innamorata di me? ? le chiedo di rimando, anche se al momento la cosa non mi interessa.

Lei sta un po? in silenzio. ?Ci stavo pensando. Sì, lo sono stata, una volta. Voglio dire, davvero. È andato tutto bene per un periodo. Eri gentile? Abbassa lo sguardo e continua ?Ma era come se non ci fossi. ?

?Non so se le altre persone con cui sono stata ci fossero veramente, ma almeno ci provavano.?

Giocherello col menu. Butto la sigaretta.

?Tu, mai. Gli altri facevano uno sforzo e tu? proprio non ci arrivavi. Non c?eri mai. Mi dispiaceva per te all?inizio, poi però è diventata dura. Sei un bel ragazzo Clay, e nient?altro.?

Da Less than zero a Euphoria: Rue e Jules psichedeliche
Da Less than Zero a Euphoria: Rue e Jules

Da Less than zero a Euphoria: EUPHORIA

Dopo 40 anni arriva Euphoria. Ovviamente anche il mezzo è diverso. Come diceva Mc Luhan, ?il mezzo è il messaggio? ed ogni nuovo messaggio ci parla anche del vestito che indossa la società in quel determinato periodo. I libri, ormai, se la passano male, l?editoria è un campo minato, e di sicuro oggi Ellis, se fosse uno sconosciuto, non diventerebbe ricco. Nemmeno il cinema se la passa molto bene, mentre le ?serie televisive? sono il mezzo di adesso. La maggioranza delle serie televisive sono inguardabili, ma ogni tanto ne costruiscono una che ti lascia di stucco da quanto è bella, da come ti racconta la verità senza veli e senza sforzi.

La bellezza di Euphoria

Che cos?ha, dunque, Euphoria di così diverso da tutte le tante altre serie che cercano di parlare di adolescenti trasgressivi? Euphoria è violenta, non conosce finta pietà e la sua arma più potente è una verità mai edulcorata né ingentilita da lasciare che alcune scene seguano il proprio corso e arrivino anche ad essere disgustose. Euphoria è il ninja che taglia la testa all?ipocrisia e squarcia ogni velo, affinché la verità possa apparire ben chiara e luminosa, pur essendo orribile e indigesta. E, nonostante sia una storia che parla della cosiddetta Generazione Z (questa mania di etichettare le generazioni con lettere dell?alfabeto mi fa domandare: ora che siamo alla Z che cosa ci aspetta? L?Apocalisse?), nonostante siano gli adolescenti i protagonisti e gli autori di azioni in genere molto negative, l?autore e regista, Sam Levinson, indica senza incertezze i colpevoli di questo sfacelo: la colpa è dei genitori, delle generazioni ?adulte?che hanno completamente abbandonato i propri figli, senza rendersi conto di quello che accade proprio sotto ai loro occhi. Per capire quanto questo sia vero è sufficiente pensare alle reiterate critiche da parte del Parents Television Council, perché uno degli episodi contiene «quasi trenta peni [esibiti] sullo schermo». Questi contatori di peni sono proprio come l?imbecille dell?aforisma zen ?quando il dito indica la luna l?imbecille guarda il dito?. Di fronte all?immagine di una generazione che ha perso completamente la via per tornare a casa semplicemente perché non riconosce nessun posto come casa, loro pensano che il pericolo sia rappresentato da qualche ragazzo nudo.

Da less than zero a Euphoria: ragazzi nudi
Euphoria: lo psicopatico Nate e ragazzi nudi

Inoltre la serie è curata come nemmeno un film di Lanthimos, dalle luci al montaggio a scene magistralmente psichedeliche, alla regia perfetta e trasgressiva a sua volta e a una trama ottima perché racconta diverse storie contemporaneamente ma armonizzandole tutte, l?una con l?altra. Al contrario di Lanthimos che dilata il tempo così tanto da farti credere di essere arrivato nei pressi di un buco nero, Levinson va alla giusta velocità: non c?è un attimo di noia né un momento privo di senso né personaggi la cui storia non sia ben comprensibile. E poi una soundtrack bellissima, che va da Labirinth a Dominic Fyke.

Da Less than zero a Euphoria: La trama di Euphoria

Anche qui seguiamo un gruppo di ragazzi che frequentano la fine dell?high school; sicuramente sono californiani ma non viene nominata nessuna città. Da alcune scene all?aperto chi conosce bene Los Angeles l?ha riconosciuta. Mentre i ragazzi di  Less than zero erano ricchissimi, e i genitori lavoravano quasi tutti nello show business, i ragazzi di Euphoria appartengono alla middle class. E anche questo ha un senso: se nei primi anni ?80, mentre Reagan faceva a pezzi il proprio paese, propagandando le mille e una notte di ricchezze che ben presto avrebbero toccato tutti, ? e del resto lui era un attore, e per raccontare cazzate al popolo non c?è mai nessuno che sia meglio di un ex attore – apriva invece le porte alla prima grande crisi economica del dopo-guerra e quindi la ricchezza favolosa che vediamo in Less than zero non esiste più se non in gruppi sempre più piccoli di uomini sempre più ricchi, che letteralmente possiedono il mondo mentre il capitalismo è diventato iper-capitalismo. In Euphoria ci sono famiglie più stabili economicamente, altre più incasinate ma siamo molto lontani dalla ricchezza e dalle ville da sogno di Less than zero. Invece, come facevano i ragazzi di Ellis, anche quelli di Euphoria si drogano, anche se spesso con droghe diverse da quelle degli anni ?80 e fanno sesso continuamente, spesso in modo ancora più violento dei ragazzi degli anni ?80. Una delle novità che cambia tutto, e che rende questi ragazzi quasi incapaci di intendere e di volere è l?uso smodato ed autistico dei social media. Se guardiamo nelle pagine social della maggior parte di questi ragazzi vediamo quasi esclusivamente selfie. Nonostante i ragazzi di Ellis fossero molto più ricchi non dedicavano al vestiario la cura folle usata soprattutto dalle ragazze di Euphoria. E la cosa più incredibile di tutto ciò è che questa enorme massa di vestiti, trucchi, bigiotteria in Euphoria vengono indossati quasi esclusivamente per apparire nei social, dove queste foto tutte uguali di ragazze bellissime ma conciate come giovani prostitute, con le labbra all?infuori e gli occhi ammiccanti fanno pensare a un gigantesco lago dove giovani Narcisi e Narcise innamorati della propria immagine, a forza di postare e guardare selfie uno dopo l?altro, perdono l?equilibrio e ci cadono dentro. Ma d?altra parte la generazione anni ?80 non era ancora l?era dell?immagine mentre nel 2020 l?Immagine è la Dea, la Musa a cui tutti devono pagare un pegno, in un modo o nell?altro.

Da Less than zero a Euphoria: Dominic Fyke
Da Less than zero a Euphoria: Elliot, interpretato dal musicista e cantante Dominic Fyke

Da Less than zero a Euphoria: Rue Bennett

Se in Less than zero il protagonista era maschio, bello, ricco, e la sua malattia era la noia, una noia sempre più profonda provocata dalla totale mancanza di desideri e di ambizioni, in Euphoria abbiamo una protagonista femmina, con una famiglia che è ben lontana dalla ricchezza: il padre non c?è, la sorella è più piccola di lei e la madre è sempre assente e stanca perché fa due lavori. Rue, interpretata da Zendaya che oltre a saper cantare e ballare ha dimostrato di essere un?attrice magistrale, dalle mille sfumature, è bella, ma al contrario delle altre ragazze della scuola si veste sempre in modo semplice, jeans e felpa, senza trucco, con meravigliosi capelli arruffati e un rapporto con se stessa e con il mondo piuttosto diverso da quello degli amici. Poi si innamora di Jules, una transgender in transizione, e questa è un?altra novità rispetto agli anni ?80, dove già accettare l?omosessualità era difficile, ma i transgender, sempre chiamati travestiti, erano considerati la feccia dell?umanità. Anche Jules ha i suoi problemi, ad esempio ha una sorta di dipendenza dal sesso. Inoltre, essendo Rue malata di depressione maniacale, e poi di dipendenza da oppioidi il rapporto con Jules diventa una sorta di detonatore: a seconda di come vanno le cose fra loro Rue passa dall?euforia all?angoscia più nera.

Euphoria: Rue piange
Euphoria: Rue Bennett

C?è una scena che forse, chi non ha provato la vera depressione non può capire. Perché la depressione, la depressione maniacale, ti porta a un vero stato di paralisi, in certi casi quasi ad uno stato vegetativo, non fosse per la sofferenza. In questa scena Rue è sdraiata sul letto e deve andare a far pipì ma è talmente paralizzata che non riesce a muoversi e resiste, resiste finché non si fa la pipì addosso. Ma il personaggio di Rue è fantastico perché è un po? come una montagna russa: passa dalla disperazione più cupa a momenti di ilarità assoluti. Rue è molto spiritosa, e nel corso della serie la sentiremo spesso parlare in sottofondo, come se stesse pensando, o chiacchierando. Una delle scene più famose della prima stagione è Rue che fa una specie di trattato sulle ?dick pic? (foto di cazzi, mandate tramite telefonino, da ora in poi le chiameremo dick pic perché suona meglio)

Il monologo sulle ?dick pic?

Jules inizia a raccontare dettagli sulla sua semi-anonima relazione online con ?Ragazzotimido?. Dice a Rue di aver ricevuto una foto del suo cazzo da lui. A quel punto Rue se ne esce con una convinzione: le dick pic hanno decisamente bisogno di una scala per un riferimento più preciso e appropriato. La scena poi si sposta nella classe agghindata con un vecchio proiettore di diapositive, con Rue che ci spiega l?arte delle dick pic.

?Alcune persone dicono che gli occhi sono la finestra sulla vostra anima ? dice Rue sopra le slides che continuano ad andare nell?antico proiettore “Io non sono d?accordo. Io penso che sia il vostro cazzo e il modo cazzuto in cui lo fotografate.”

Rue prosegue identificando due tipi di dick pic: non richieste e richieste. Lei scava a fondo nella categoria ?richieste?, che comprende circa l?1% di tutte le dick pic spedite e ricevute. Continuando, Rue precisa le tre sottocategorie del contagio che forma quel?1%: terrificante, orribile e accettabile.

La sequenza arriva ad un brusco stop, mentre Rue giudica la foto che Jules le ha dato: ?La luce è bella, la sua stanza sembra pulita, lui sembra ben curato ? dice lei – va bene, ok, sto iniziando a capirne il fascino!?

Euphoria seconda stagione

A mio parere la seconda serie di Euphoria è anche più bella della prima, pur essendo più estrema, più psichedelica, quasi beckettiana in certi punti e quindi iper-reale. Rue esce dalla rehab ma, come tutte le rehab americane che si rispettano, è costata tanto e non è servita a nulla. Rue finge con la famiglia di avere smesso ma non è vero. Fezco, lo spacciatore che ama Rue come fosse una sorella minore cerca ancora di aiutarla, quando può, e di presentarle gente pericolosa quando non può.

Da less than zero a Euphoria: Fezco, lo spacciatore dal cuore d'oro
Euphoria: Fezco

In questa seconda parte c?è molto più spazio per tutti gli altri personaggi: le due bellissime della scuola, Cassie e Maddie che si contendono Nate, il belloccio sempre più psicopatico;

da less than zero a Euphoria: Cassie
Euphoria: le due bellissime, Maddy e Cassie

Jules che torna insieme a Rue ma solo parzialmente, forse perché Rue è poco interessata al sesso, come tutti i tossici da oppiacei, mentre Jules lo è fin troppo. Appare un ragazzo nuovo, Elliot, sempre con la sua chitarra con sé (anche perché nella vita vera è un bravissimo cantante e musicista, Dominic Fyke) che diventa il nuovo grande amico di Rue, spesso si fa con lei ed è forse ? al momento ? la sola persona che la capisce veramente; Elliott ha una cotta per Rue, che però ha occhi solo per Jules, che quando scopre la tossicodipendenza mai passata di Rue va a raccontare tutto alla madre di Rue.

Euphoria: Elliot song cantata e suonata da Dominic Fyke

Si dà molto spazio anche a Kat, la ragazza grassa che viene presa in giro perfino dal preside per il suo corpo, e questo ci fa capire quanto sia diffuso in America ? il Regno dell?Immagine, non dimentichiamolo ? il body-shaming, ovvero il prendere in giro in modo malvagio le persone che non hanno un corpo snello e conforme alle regole. Alle regole che, messe insieme, devono a tutti i costi raccontare la favola di un impero dove la gioventù è bella e sana, gli adulti fanno quello che media e politici gli dicono di fare e lavorano, tanto, tantissimo o poco a seconda di quello che possiedono, perché il fine ultimo dell?american dream è essere molto ricchi. E se già si è ricchi allora bisogna competere per diventarlo di più. Per quanto riguarda la trama di Euphoria 2 non posso raccontare di più, per non spoilerare chi ancora non l?avesse visto.

Da qualche parte ho letto che Euphoria racconta tutti i Temi senza parlarne mai. Non sono d?accordo. In realtà Euphoria non fa altro che parlare di tutti i Temi che affliggono la Generazione Z, chiamandoli col loro nome e tutti i traumi che gli adolescenti nascondono dietro allo schermo degli smartphone. 40 anni prima, la Generazione Non soffriva e si drogava pesantemente perché quello era il suo compito, deciso dai padroni del mondo: dopo ?68 e i ribelli anni ?70 era meglio una generazione di ragazzi tossici e disperati piuttosto che una generazione di ragazzi pronti alla lotta armata.

Per quegli adulti, genitori o no, che non riescono a decifrare la generazione dei ragazzi che hanno meno di vent?anni, Euphoria gli fornirà molti indizi per decrittare quello che accade nelle menti dei propri ragazzi. Tutti quegli argomenti vissuti da tanti, decisamente da troppi, come la depressione, il suicidio, l’ossessione per il sesso, la violenza, il bullismo, il revenge porn, il body-shaming vengono trattati dagli attuali media come se fossero una lontana malattia che ti puoi prendere solo su Marte e di conseguenza non interessa nessuno (forse Jeff Bezos?). Ho domandato a due fratelli americani che vivono in Italia da tre anni cosa ne pensassero di Euphoria. Premetto che era piaciuto molto ad entrambi ma la sorella, ventenne, riconosceva tutti i temi e pur avendo l?aspetto di una ragazza serena ed equilibrata comprendeva bene la violenza e l?insensatezza di buona parte della sua generazione. Il fratello di 16 anni, invece, a occhio (ma naturalmente potrei sbagliare) sembrava meno sereno della sorella, eppure pensava che parte di quello che si vedeva in Euphoria fosse esagerato, estremo, distante dalla realtà. Ma in effetti, pur essendo giusto e importante che i ragazzi guardino Euphoria, bisogna ricordarsi che è una serie creata da adulti per adulti.

Vorrei finire con alcune citazioni prese da Rue Bennett in Euphoria e da Clay in Less than zero (il libro è in prima persona). Leggendo queste frasi, le due generazioni non sembrano affatto così distanti, al contrario

Citazioni da Rue Bennett

Da Less than zero a Euiphoria: Zendaya strepitosa
Euphoria: Rue Bennett

Tutto quello che so è che la vita non è un romanzo di Nicholas Sparks.

Ogni volta che mi sento bene, penso che durerà per sempre, ma non succede

Non c?è nulla sul pianeta Terra che sia paragonabile al fentanyl, tranne Jules.

L?altro aspetto della depressione è che il tempo passa più rapidamente. Improvvisamente giorni interi si fondono insieme per creare un ciclo sempre più soffocante

Sai che questo non finirà bene

Odiava la sua vita non perché fosse brutta, ma perché quando odi il tuo corpo e il tuo cervello è difficile godersi il resto

Citazioni da Less than zero

Non passano auto. Blair alza il volume della radio. Non vede il coyote. È grosso,scuro sul grigio e la macchina lo prende in pieno mentre sta correndo al centro della strada? Ha gli occhi sbarrati e impauriti mentre lo guardo agonizzare sotto il sole, col sangue che gli scorre dalla bocca. Blair mi chiama, la ignoro e continuo a guardare il coyote.

Ci saranno stati circa cento teen-agers a ballare davanti un enorme schermo?Alcuni di loro cantavano le canzoni mentre venivano suonate. Ma io mi concentravo su quei teenagers che non aprivano la bocca, quelli che avevano dimenticato le parole, quei teenagers che forse non le avevano mai conosciute.

Più tardi, quando risalimmo in macchina, lui svoltò giù per una strada che ero quasi sicuro fosse cieca.

?Dove andiamo?? dissi. ?Non lo so ? disse ? in giro? ?Ma questa strada non va da nessuna parte? gli dissi. ?Questo non importa? ?E che cosa importa?? chiesi, dopo un po?. ?Soltanto che ci siamo sopra bello? disse.

Guardo le macchine passare sul Sunset.

?È veramente difficile sentirsi dispiaciuta per qualcuno che non gliene importa niente?

?Sì?? chiedo.

?Che cos?è che ti piace? Che cosa ti rende felice??

?Niente. Niente mi rende felice. Non mi piace niente? le dico

DOING IT ALL FOR LOVE

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque di Kurt Vonnegut

Dal film Mattatoio numero cinque di George Roy Hill

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque è il romanzo capolavoro del grande Kurt Vonnegut. Parlando ancora di autori che sono in grado di raccontarci la guerra, di farcela sentire e capire, Slaughterhouse five, che parla della seconda guerra mondiale è molto diverso e molto più famoso del pur meraviglioso racconto sul Viet-Nam di Tim O?Brien, racconto di cui ho scritto nel mio ultimo articolo. La prima categoria di persone che, forse, dovrebbe leggere questo incredibile libro o anche rileggere, è formata dai tanti che ormai credono fermamente, in questo manicomio di mondo occidentale, che ?la guerra è pace?, e quindi, più armi vengono inviate, ad esempio, agli ucraini, e meglio sarà per la pace attuale, loro e nostra. O ancora, più soldi regaleremo alla Nato e alle lobbies delle armi da guerra, più in pace e in salute saremo. In uno dei peggiori momenti, sia economici che sociali vissuti dal nostro paese, dopo più di due anni di pandemia che ha fatto arricchire pochi e distrutto tanti, invece di migliorare scuola, salute pubblica, welfare, aiutare tutti quelli che non appartengono alle classi privilegiate, il nostro Parlamento regala 14 miliardi alla Nato. Come ha detto Marco Travaglio: ?Ai poveri che hanno fame gli darete un mitra, così se lo mangiano.?

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque. Foto di Kurt Vonnegut in un suo libro
Kurt Vonnegut

La maestria di Kurt Vonnegut

Dovrebbero leggerlo o rileggerlo anche tutti quelli che qui in Italia si considerano scrittori, giornalisti, che spesso non conoscono nemmeno la grammatica, categoria, quelli di scrittori, giornalisti e tanti altri che lavorano nell?editoria (editor, traduttori ecc.) che ormai appartiene ad una nicchia di potere, ormai in pianta stabile, per la serie ?Hic manebimus optime?. Non c?è spazio per gli altri, per chi non appartiene alla nicchia. Se questo piccolo mondo antico e privilegiato almeno desiderasse provare a capire cosa significa scrivere, allora dovrebbero proprio leggere Kurt Vonnegut. Nello stile, nella narrazione, nelle finalità, nell?originalità e nella creazione di personaggi Vonnegut scrive come una divinità. La sua prosa è fluida e piena d?energia come un torrente di alta montagna, la sua grande capacità è quella di unire l?ironia al tragico senza mai sembrare sgradevole o volgare, il suo sound è come un electric jazz, tutti i suoi personaggi spiccano e prendono il volo, ed i protagonisti escono dalle pagine e te li ritrovi lì davanti, come fossero veri e vivi. Prendete Billy Pilgrim, da Mattatoio numero cinque: ha molto sia del principe Mi?kin di Dostoevskij che del clown di Boll eppure è unico, è solo ed esclusivamente Billy Pilgrim, un tipo di soldato gracile, mite, non particolarmente sveglio, buono, fuori di testa, il genere di soldato che in guerra dovrebbe morire dopo due giorni, ma invece sopravvive, grazie all?immaginazione, alla fantasia e a quei viaggi nel tempo oltre ai viaggi interstellari nel lontanissimo pianeta di Tralfamadore, che potrebbero essere veri oppure frutto della sua testa matta: Vonnegut non dice nulla su questo, lascia decidere il lettore.

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: Trafalmadore
Da Mattatoio numero cinque: il pianeta di Tralfamadore

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: So it goes

Fra i tanti brani che vorrei e mi piacerebbe scegliere, da Mattatoio numero cinque, inizierò con una scena post guerra, dove Billy è rinchiuso in un ospedale psichiatrico:

?L’uomo nel letto vicino a quello di Billy era un ex capitano di fanteria che si chiamava Eliot Rosewater. Rosewater era ammalato e stanco di esser sempre sbronzo. Fu Rosewater a far conoscere a Billy la fantascienza, e in particolare i libri di Kilgore Trout. Rosewater aveva sotto il letto una fantastica raccolta di paperback di fantascienza. Se li era portati in ospedale in un baule. Quei libri tanto amati e cincischiati mandavano un odore che permeava la corsia – un odore come di pigiami di flanella che non fossero stati cambiati da un mese, o di stufato irlandese. Kilgore Trout divenne l’autore vivente preferito di Billy, e la fantascienza diventò l’unico genere di storie che potesse leggere.

Rosewater era il doppio sveglio di Billy, ma lui e Billy avevano crisi simili. Entrambi avevano trovato la vita insensata, in parte a causa di quel che avevano visto durante la guerra. Rosewater, per esempio, aveva ucciso un pompiere di quattordici anni, che aveva preso per un soldato tedesco. So it goes. E Billy aveva assistito al più grande massacro della storia europea, il bombardamento di Dresda. So it goes. Ora stavano cercando di ritrovare il proprio io e il proprio universo. La fantascienza in questo senso era un grosso aiuto. Rosewater un giorno disse a Billy una cosa interessante a proposito di un libro che non era di fantascienza. Disse che tutto quello che c’era da sapere della vita lo si poteva trovare nei Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij. «Ma quello ormai non basta più» disse Rosewater. Un’altra volta Billy sentì Rosewater dire allo psichiatra: «Credo che voialtri dovrete scovare un sacco di nuove meravigliose bugie, per far sì che alla gente non passi la voglia di vivere».?

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: Dresda dopo il bombardamento del '45
Dresda dopo il bombardamento americano

L?infamia del bombardamento di Dresda

Del resto anche Vonnegut era quel genere di persona mite, piena di talento e priva di rabbia, dall?humor sottile ma costante, una caustica e satirica ?macchina da guerra?, un ritmo pieno di idee brillanti, stravaganti, che eppure ci calzano, stranamente, come un guanto. Il suo libro è diventato un cult fra i libri anti-guerra prima di tutto, io credo, perché non è un?invettiva. Così come Ismahel ci racconta la guerra che Achab scatena contro Moby Dick, guerra in cui solo Ismahel potrà sopravvivere per raccontarla, senza aggiungere giudizi, anche Vonnegut ? che nel ?45 era prigioniero di guerra dei tedeschi – è uno dei pochissimi sopravvissuti al terribile e infame bombardamento di Dresda fatto dagli americani, che rase completamente al suolo una città bella da togliere il fiato, dove morirono ben 135.000 persone quasi tutte civili (più o meno il doppio dei morti di Hiroshima, senza contare, certo, tutti i giapponesi morti orribilmente nei mesi successivi per le varie conseguenze delle radiazioni.) L?infamia americana qui sta anche nel fatto che Dresda era ?città aperta? e, in conseguenza di questo status, non avrebbe mai dovuto essere sfiorata nemmeno da una mitragliata. Non c?era nulla di militarmente interessante da distruggere a Dresda, ma gli americani dimostrarono, ancora una volta, che a dispetto di ogni propaganda la guerra non sarà mai pace.

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: Frauenkirche distrutta nel bombardamento di Dresda
Dresda dopo il bombardamento: la Frauenkirche distrutta

La crociata dei bambini

Nel prossimo brano di Mattatoio numero cinque Billy è di nuovo in un ospedale, ma stavolta è un lurido campo di prigionia tedesco, dove viene aiutato dalle cure di un colonnello inglese:

?Il comandante degli inglesi venne all’ospedale a visitare Billy. Era un colonnello di fanteria fatto prigioniero a Dunkerque. Era stato lui che aveva dato la morfina a Billy. Nel campo non c’era un vero dottore, e così le faccende di medicina toccavano a lui. «Come sta il malato?» domandò a Derby. «Morto per il mondo.»

«Ma non morto davvero.» «No.» «Che bello non sentir nulla, ed essere considerato ancora vivo.» Derby a questo punto si mise tetramente sull’attenti. «No, no… per favore… resti lì. Con due uomini appena per ogni ufficiale, e tutti quanti malati, mi sembra che possiamo fare a meno delle solite formalità tra ufficiali e soldati.» Derby restò in piedi. «Lei sembra più vecchio degli altri» disse il colonnello. Derby gli disse che aveva quarantacinque anni: due anni più del colonnello. Il colonnello disse che gli altri americani si erano tutti rasati, che Billy e lui erano gli unici due ancora con la barba. «Sa,» disse «noi, qui, la guerra abbiamo dovuto immaginarcela, e io immaginavo che a farla fossero uomini abbastanza anziani come noi. Avevamo dimenticato che a fare le guerre sono i ragazzini. Quando ho visto quelle facce appena rase, è stato uno shock. “Dio mio, Dio mio,” mi sono detto «questa è la crociata dei bambini.”» Il colonnello domandò a Derby com’era stato fatto prigioniero, e Derby gli raccontò che era finito in mezzo a un gruppo d’alberi insieme a un centinaio di altri soldati spaventati. La battaglia durava da cinque giorni. I cento uomini erano stati spinti verso gli alberi dai carri armati. Derby descrisse l’incredibile atmosfera artificiale che i terrestri creano a volte intorno ad altri terrestri quando non vogliono che quei terrestri abitino più la Terra. Le bombe scoppiavano in cima agli alberi con un frastuono terribile, disse, facendo cader giù coltelli, aghi e lame di rasoio. Dei mucchietti di piombo rivestiti di rame si incrociavano tra gli alberi sotto gli scoppi delle bombe, sibilando via molto più veloci del suono. Un sacco di gente era stata ferita o uccisa. So it goes. Poi il bombardamento cessò, e un tedesco nascosto, con un altoparlante, disse agli americani di metter giù le armi e di venir fuori dagli alberi con le mani sopra la testa, se no avrebbero ricominciato a bombardarli e non avrebbero smesso finché non fossero stati tutti morti. Così gli americani misero giù le armi, e uscirono dagli alberi con le mani sopra la testa, perché volevano seguitare a vivere, se possibile.?

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: la passione dell?America per la guerra

 La guerra non ha morale, si sa, ma fin dagli inizi, quando l?America era ancora una colonia inglese, bisogna proprio dire che gli americani e la guerra andarono sempre in perfetto accordo, come fratelli gemelli, come pezzi di un puzzle che si incastrino perfettamente fra loro: videro quelle terre meravigliose e per prendersele tutte fecero un genocidio, quello dei nativi americani, genocidio che, per qualche strano motivo non li consegnò alla storia come mostri e nemmeno come ?persone non esattamente perbene?. Perfino nella seconda guerra mondiale, dove il diavolo era evidentemente il nazismo, gli americani, entrati tardi in una guerra che non li interessava troppo, la utilizzarono per fortificare a livelli mai visti il proprio esercito e, una volta risultati vincitori, si presero più della metà del mondo. Non si preoccuparono mai di far spargere troppo sangue ai propri soldati, sangue che continuarono a spargere insensatamente anche in seguito, in tutte le assurde guerre intraprese, fra cui quella contro il Viet-Nam del nord, durata ben più della guerra di Troia. Però usarono ?la vita dei propri soldati da salvare? come scusa ufficiale quando testarono l?atomica sui civili giapponesi.

Guerra e letteratura. Bambina sfigurata dall'atomica su Hiroshima
Bambina sfigurata ad Hiroshima

La dichiarazione del Presidente americano Truman dopo aver lanciato l?atomica su Hiroshima

Basta leggersi la dichiarazione da brividi che fece Truman al suo popolo dopo aver sganciato la prima atomica, quella su Hiroshima (bomba a cui avevano dato un nome, e per di più un nome da cartoon ?Little boy?, Ragazzino, un po? come Mickey Mouse o Donald Duck) per capire quanto andassero fieri di quello che avevano fatto:

?Sedici ore fa un aereo americano ha sganciato una bomba su Hiroshima, un’importante base militare giapponese. Quella bomba era più potente di ventimila tonnellate di trinitrotoluene. Aveva una potenza duemila volte superiore a quella del «Grand Slam» inglese, la più grande bomba mai usata nella storia militare. I giapponesi hanno cominciato la guerra con un bombardamento dal cielo, a Pearl Harbor; ora sono stati abbondantemente ripagati. E non è ancora tutto. Con questa bomba abbiamo creato un’arma nuova e rivoluzionaria, da aggiungere alla potenza crescente delle nostre forze armate. Ora queste bombe, nella loro versione attuale, sono in corso di produzione, e se ne stanno creando versioni ancor più potenti. È una bomba atomica. È un congegno in cui sono imbrigliate le forze fondamentali dell’universo. Le energie da cui il sole deriva il proprio potere sono state scagliate contro coloro che hanno scatenato la guerra??

L'atomica su Hiroshima, 6 agoisto 1945
6 agosto 1945, la prima atomica sganciata dall’America su Hiroshima

Sono diventato il Tempo, colui che distrugge i mondi

A me la dichiarazione di Truman fa venire in mente una canzone di fine anni ?90, di un gruppo di nome Fluke, che dice: ?Baby?s got an atom bomb, a motherfuckin? atom bomb, twentytwo megatons, you?ve never seen so much fun? Tradotto: La ragazza ha una bomba atomica, una cazzo di bomba atomica, ventidue mega tonnellate, non ti sarai mai divertito così tanto. Invece a Oppenheimer, che l?aveva creata, l?atomica in azione fece venire in mente una citazione dalla Bhagavad-Gita: ?Sono diventato il tempo, colui che distrugge i mondi? (anche se Oppenheimer utilizzò una traduzione sbagliata, e del tutto in contrasto con le nozioni basilari dell?induismo, dicendo -sono diventato Morte- invece che -sono diventato il Tempo. Ma, insomma, bisogna comunque apprezzare la buona volontà: dopo tutto Oppenheimer era un fisico, non uno studioso di sanscrito e indologia)

Billy e gli altri prigionieri escono dal rifugio

Ma tornando a Vonnegut, nella realtà lui e pochi altri soldati americani prigionieri a Dresda sopravvissero perché si trovavano all?interno della parte più sotterranea del mattatoio, il reparto 5, uno dei pochi angoli della città non toccati dal terribile incendio:

?«Dresda venne distrutta la notte del 13 febbraio 1945» cominciò Billy Pilgrim. «Noi uscimmo dal nostro rifugio il giorno dopo.» Raccontò a Montana delle quattro guardie che, nel loro stupore e nel loro dolore, somigliavano a un quartetto di dilettanti. Le parlò del macello con tutti i pali di cinta spariti, con i tetti e le finestre andati; le disse di quelle cose che parevano piccoli ceppi, e che erano persone rimaste prigioniere dell’incendio. So it goes. Billy le disse che cos’era accaduto agli edifici che prima formavano come delle scogliere intorno al macello. Erano crollati. Il legno si era consumato, le pietre erano cadute e si erano ammucchiate una contro l’altra fino a formare delle basse dune graziose.

«Era come sulla luna» disse Billy Pilgrim. Le guardie dissero agli americani di mettersi in file di quattro, ed essi ubbidirono. Li fecero marciare di nuovo verso il recinto per i maiali in cui avevano vissuto finora. I muri erano ancora in piedi, ma le finestre e il tetto erano andati giù e dentro non c’era altro che cenere, pezzetti informi di cibo e frammenti di vetro. A quel punto ci si rese conto che non c’era più né cibo né acqua, e che i sopravvissuti, se volevano continuare a sopravvivere, dovevano mettersi a camminare sulla superficie lunare, scavalcando una duna dopo l’altra. Il che fecero. Le dune erano lisce solo a distanza. Quelli che vi si arrampicarono sopra impararono che erano delle cose frastagliate e infide, calde al tocco, spesso instabili, pronte, quando venivano smosse certe rocce grosse, a rotolare ancor più giù e a formare dune più basse e più solide. Mentre la spedizione attraversava la luna nessuno parlò molto. Non c’era nulla da dire. Una cosa era chiara: nella città dovevano esser proprio morti tutti, e se c’era ancora qualche anima viva, rappresentava un’incrinatura in questa immagine. Non c’erano altri lunari. Dei caccia americani calarono sotto il fumo per vedere se qualcosa ancora si muoveva. Videro Billy e gli altri; li spruzzarono di proiettili di mitragliatrice, ma li mancarono. Poi videro dell’altra gente che si muoveva lungo la riva del fiume e spararono anche a loro. Ne colpirono alcuni. So it goes.?

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: la guerra contro i nazisti finisce

Una delle parti più commoventi di un libro che non è nato né per propagandare qualcosa, né per far commuovere o per far incazzare è la scena in cui Billy, appena finita la guerra ma ancora a Dresda, mentre si gode finalmente un momento di serenità, disteso al sole, si accorge della sofferenza dei cavalli che trainano il carro su cui stanno lui e gli altri americani e scoppia a piangere a dirotto, come Nietzsche a Torino che piange abbracciando il cavallo frustato dal vetturino:

?Ma i russi non erano ancora arrivati, neppure ora, due giorni dopo che la guerra era finita ?

Quando giunsero al mattatoio Billy restò sul carro, a prendere il sole. Gli altri andarono in cerca di souvenir. In seguito, i tralfamadoriani avrebbero consigliato a Billy di concentrarsi sui momenti felici della vita, e di ignorare quelli tristi, di fissare lo sguardo solo sulle cose belle mentre l’eternità si fermava. Se gli fosse stato possibile realizzare questo tipo di selettività, Billy avrebbe scelto forse quel momento in cui se ne stava a sonnecchiare al sole nel retro del carro ?

Il suo sonnecchiare si fece più leggero quando udì un uomo e una donna che parlavano in tedesco, in un tono di commiserazione. Stavano dolendosi liricamente con qualcuno. A Billy, prima che aprisse gli occhi, parve che quello avrebbe potuto essere il tono usato dagli amici di Gesù mentre ne tiravano giù il corpo devastato dalla croce. So it goes. Billy aprì gli occhi. Un uomo di mezza età e sua moglie stavano parlando sommessamente ai cavalli. Avevano notato quel che era sfuggito agli americani: che le bocche dei cavalli, ferite dai morsi, sanguinavano, che gli zoccoli erano rotti, cosicché ogni passo doveva essere un tormento, e che i cavalli erano mezzi morti di sete. Gli americani avevano trattato il loro mezzo di locomozione come se non fosse più sensibile di una Chevrolet a sei cilindri.

I due si mossero lungo il lato del carro, verso Billy, che guardarono con un’aria di condiscendente rimprovero; verso Billy Pilgrim, che era così lungo e fiacco, così ridicolo nella sua toga azzurra e colle sue scarpe argentate. Non avevano paura di lui. Non avevano paura di nulla. Erano medici: ostetrici tutti e due ?

Tentarono di parlare a Billy Pilgrim in polacco, dato che era vestito in modo così tanto clownesco e che i poveri polacchi erano gli involontari buffoni della seconda guerra mondiale. Billy chiese loro in inglese cosa volessero, e loro lo rimproverarono subito, in inglese, a proposito dei cavalli. Fecero uscire Billy dal carro e gli fecero dare un’occhiata agli animali. Quando Billy vide in che stato erano i loro mezzi di locomozione, scoppiò in lacrime. Non aveva mai pianto per nient’altro, durante la guerra. In seguito, quand’era ormai un ottico di mezza età, a volte avrebbe pianto, quietamente e per conto suo, ma mai più così rumorosamente. Ecco perché l’epigrafe di questo libro è una quartina tratta da una famosa canzoncina natalizia. Billy piangeva molto poco, anche se gli capitò spesso di vedere cose per cui valeva la pena di piangere, e sotto questo aspetto, per lo meno, somigliava al Cristo della canzoncina:

The cattle are lowing, The Baby awakes. But the little Lord Jesus No crying He makes.?

Guerra e letteratura. Mattatoio numero cinque: ritratto di Kurt Vonnegut
Ritratto di Kurt Vonnegut

So it goes. Così va la vita

Non ho molte speranze riguardo alla specie umana, e dubito che possa cambiare idea chi pensa una cosa così evidentemente priva di senso come l?idea che spendere miliardi in armamenti possa essere funzionale alla pace. So it goes. Così va la vita. Ma se almeno una, o due persone, grazie a questo articolo leggeranno questo libro e lo ameranno, sarà qualcosa. Così va la vita.

Saggia tshirt su Kurt Vonnegut
Traduzione: Leggi Kurt Vonnegut Ascolta David Byrne Sii un buon essere umano

Come raccontare una vera storia di guerra

Tim O'Brien soldato nella guerra in VietNam

?Come raccontare una vera storia di guerra? è un racconto di Tim O?Brien, grande scrittore americano, di quelli non particolarmente conosciuti ma che hanno ispirato una generazione di scrittori e sceneggiatori. Questo racconto lo potete trovare nella raccolta ?The things they carried? intitolata in italiano ?Quanto pesano i fantasmi?. In questo articolo ne riporto solo pochi brani.

Ho sempre pensato che la guerra fosse una di quelle esperienze che, per raccontarle, le devi aver vissute. E quando dico vissute intendo vissute realmente, come soldato o come vittima, di certo non come inviato di qualche media che, di solito, se ne sta tranquillo nel suo hotel in attesa delle veline distribuite dalle forze militari che hanno il comando dell?area (i giornalisti come Ilaria Alpi sono più rari di un quadrifoglio nel deserto: Ilaria è morta perché, al contrario di tutti i suoi colleghi, pensava che il suo lavoro da inviata di guerra significasse entrare dentro alla guerra per poterla raccontare. Oggi Ilaria sarebbe disgustata da cosa sono diventati i media).

Come raccontare una vera storia di guerra: Ilaria Alpi
Ilaria Alpi, giornalista di guerra uccisa 28 anni fa in Somalia

Questo discorso vale non solo per la guerra ma un po? per tutte le esperienze estreme, dure, profonde, drammatiche o anche superlative. Così come la guerra, non puoi capire l?eroina se non sei stato eroinomane, non puoi capire l?LSD, il peyote o altre droghe fortemente psicotrope se non le hai utilizzate, non puoi capire la musica, il suono, se sei nato non udente, non puoi capire cosa vuol dire vivere con una malattia mortale se non hai dovuto combatterci contro nel tuo corpo. Come vedete, la guerra, di qualsiasi tipo di guerra si tratti (politica, militare, medica, strettamente personale) è alla base di quasi tutto, nel nostro sfortunato pianeta.

Gli specchi del Pensiero Unico

In questo periodo, vediamo che la guerra in Ucraina ha molti specchi che la riflettono: lo specchio militare, lo specchio della propaganda occidentale, propaganda messa in atto dagli Stati Uniti d’America, e portata decisamente a buon fine dalla maggioranza dei media attuali, che dimenticando completamente ogni altra guerra più che spietata (vedi lo Yemen) e perfino argomenti come il Covid, che fino a dieci giorni fa monopolizzava TG e talk show, pretendono di raccontarci la guerra attraverso banalità, falsità, demagogia e tramite frasi e concetti ripetuti ancora e ancora finché la maggior parte della gente non inizia a ripeterli a pappagallo. La guerra è sempre orribile, ed è evidente che le vittime ucraine, a cui va tutta la mia solidarietà, stiano vivendo un incubo, ma improvvisamente sembra che la guerra ucraina sia l?unica nel mondo. Improvvisamente niente più Siria, Libia, niente più Palestina, niente più Balcani, Somalia, niente più Yemen, Afghanistan, Iraq. Niente più migranti che muoiono nel Mediterraneo in fuga da altre guerre che la propaganda ha deciso di cancellare dalle nostre memorie o migranti in fuga dalla miseria, miseria che in genere è provocata e sicuramente sfruttata da paesi occidentali e dai vari imperi sparsi nel mondo. Quindi, l?ultimo specchio è uno specchio cieco.

Come raccontare una vera storia di guerra: guerra in Ucraina
Guerra in Ucraina

Eppure, se cerchiamo di guardare bene vedremo che tutti questi specchi ci rimandano la stessa identica immagine, il famoso ?Pensiero Unico? che una volta veniva giustamente attribuito a paesi satelliti dell?Unione Sovietica mentre oggi appartiene in toto alle democrazie occidentali. I pochi che cercano di raccontare una versione leggermente diversa da quella ufficiale vengono attaccati e banditi dai media o ? in alcuni casi ? addirittura licenziati dal posto di lavoro, un po? come fanno, in tutto il mondo, le tante sette/comunità ai loro appartenenti che non dimostrino fedeltà assoluta al capo e al suo credo. E dubito ci sia qualcuno disposto a sostenere che le varie Scientology siano luoghi democratici.

O’Brien e Washington

Dal momento che i campi in cui ho competenza sono, principalmente, letteratura e musica, ho scelto un racconto meraviglioso ?Come raccontare una vera storia di guerra? scritto da un autore, Tim O?Brien, che ha combattuto come soldato semplice in VietNam, nella fanteria (il reparto che, in guerra, di solito se la vede peggio) e ha raccontato il VietNam in diversi libri. Una delle sue frasi sull?America e su Washington, città dove ha vissuto, mi ha colpita particolarmente: ?Una città che si congratula ogni giorno con se stessa della propria ignoranza del mondo: una città che ci ha portato in Vietnam. Le persone in quella città che mi hanno mandato in guerra, sapete, non erano in grado di compitare il nome “Hanoi” nemmeno se gli suggerivi tre vocali.? In poche, geniali e sarcastiche parole O?Brien descrive l?arroganza del potere, l?ignoranza che il potere espone al mondo quasi fosse un vanto, la facilità con cui il potere fa scoppiare guerre per motivi che non sono mai, mai quelli dichiarati.

Come raccontare una vera storia di guerra: Tim O'Brien
Come raccontare una vera storia di guerra: Tim O’Brien

Ho ripreso, quindi, qualche brano da questo racconto sperando che O?Brien, con la sua conoscenza diretta dell?argomento guerra e con il suo pensiero molto lontano da qualsiasi ?Pensiero Unico? possa aiutare a riflettere.

Come raccontare una vera storia di guerra, di Tim O’Brien

?Questa è vera. In Vietnam avevo un commilitone. Il suo vero nome era Bob Kiley, ma tutti quanti lo chiamavano Rat. Un suo amico muore ammazzato, e all?incirca una settimana dopo Rat si mette seduto e scrive una lettera alla sorella di questo tale. Le dice che aveva un fratello proprio in gamba, un amico e camerata di prima classe. Un soldato che più soldato non si può, afferma Rat. Poi le racconta alcuni episodi che confermano quanto ha appena detto, che suo fratello si offriva sempre volontario per roba per la quale nessuno si sarebbe mai offerto volontario in un milione di anni, roba pericolosa, come andare in ricognizione o partecipare a un pattugliamento notturno di quelli da incubo. Coglioni d?acciaio inossidabile, le assicura Rat. Sì, certo, un po? matto, ma matto in senso buono, un vero rompicollo, perché gli piacevano le sfide, gli piaceva mettersi alla prova, uomo contro sgorbio.

Come raccontare una vera storia di guerra: il VietNam
Guerra in VietNam

In ogni modo si tratta di una splendida lettera, molto personale e toccante. Scrivendola, Rat quasi scoppia in lacrime. Gli vengono i lucciconi a raccontare di quanto siano stati bene insieme, di come suo fratello sia riuscito a far sembrare la guerra quasi divertente, facendo sempre il diavolo a quattro, dando alle fiamme interi villaggi e alzando nubi di fumo da tutte le parti. Un gran senso dell?umorismo, per giunta. Come la volta su quel fiume quando andò a pescare con un?intera dannata cassa di bombe a mano. Probabilmente la cosa più divertente mai accaduta nella storia mondiale, dice Rat, tutto quel sangue, circa venti miliardi di pescisgorbio che galleggiavano sull?acqua. Suo fratello sì che aveva l?atteggiamento giusto. Lui sì che sapeva come divertirsi.

?E poi la lettera si fa molto triste e seria. Rat qui ci riversa proprio il cuore. Dice che lui quel ragazzo lo amava. Dice che quel ragazzo era il miglior amico che lui avesse al mondo. Erano due anime in un nocciolo?

E poi che cosa succede? Rat spedisce la lettera. Aspetta due mesi. E quella stupida fica neanche gli risponde.?

Una vera storia di guerra non è mai morale

?Una vera storia di guerra non è mai morale. Non educa, non incoraggia la virtù, non suggerisce modelli di corretto comportamento e non impedisce agli uomini di fare ciò che essi hanno sempre fatto. Se una storia di guerra sembra morale, non credeteci. Se alla fine di una storia di guerra vi sentite edificati, o se avete l?impressione che dalla generale devastazione sia stato recuperato qualche minuscolo frammento di rettitudine, allora siete caduti vittime di un?antichissima e spaventosa menzogna. La rettitudine non esiste, come non esiste la virtù. Come prima regola empirica, perciò, la vera storia di guerra si può riconoscere dalla sua assoluta e intransigente fedeltà al male e all?oscenità.

Come raccontare una vera storia di guerra: la Siria
Come raccontare una vera storia di guerra: la Siria

Ascoltate Rat Kiley. Fica, dice. Non dice puttana. Certamente non dice donna, o ragazza. Dice fica. Poi sputa e ti fissa. Ha diciannove anni ? tutto questo è troppo, per lui ? perciò ti guarda con quei grandi, tristi, dolci occhi da assassino e dice fica, perché il suo amico è morto, e perché è così incredibilmente triste e vero: quella là neanche gli ha risposto. La vera storia di guerra si riconosce dal fatto che ti mette in imbarazzo. Se l?oscenità non ti piace, non ti piace neanche la verità; se la verità non ti piace, sta? attento a come voti.?

Come raccontare una vera storia di guerra: Erano solo due ragazzi; non lo sapevano e basta.

?Il morto si chiamava Curt Lemon. Quel che successe fu che attraversammo un fiume fangoso e marciammo verso ovest tra le montagne, e il terzo giorno facemmo sosta nella giungla accanto a un punto in cui il sentiero si biforcava. Subito Lemon e Rat Kiley cominciarono a fare gli scemi. Non capivano quanto quel posto fosse inquietante. Erano solo due ragazzi; non lo sapevano e basta.

?così se ne andarono all?ombra di alcuni alberi giganteschi dalla chioma a quadruplo baldacchino, neanche un raggio di sole poteva attraversarlo, e lì cominciarono a ridacchiare? e a giocare a uno stupido gioco inventato da loro. Il gioco contemplava l?uso di bombe fumogene, che se uno non faceva stupidaggini erano del tutto innocue, e consisteva nello strappare la sicura dalla bomba e stando in piedi a qualche passo di distanza lanciarsela a vicenda all?ombra di quegli immensi alberi. Chi per paura si tirava indietro era una mammoletta. E se nessuno dei due si tirava indietro, la bomba faceva un piccolo schiocco e loro si trovavano immersi nel fumo e ridevano e ballavano e poi ricominciavano.

Come raccontare una vera storia di guerra: 2020, guerra in Libia
Guerra in Libia, 2020

È difficile spiegare cosa accadde subito dopo. Stavano semplicemente facendo gli scemi. Poi udii un rumore, immagino che doveva essere il detonatore, e allora mi gettai un?occhiata alle spalle e guardai Lemon uscire dall?ombra sotto il sole abbagliante. Il suo viso divenne a un tratto bruno e lucente. Un bel ragazzo, davvero. Intensi occhi grigi, magro, la vita sottile, e quando morì fu quasi bello, il modo in cui la luce del sole lo avvolse e lo sollevò e lo risucchiò in alto tra i rami di un albero coperto di muschio e liane e bianche corolle.?

La normalità serve a farvi credere le cose più pazzescamente incredibili

?In qualsiasi storia di guerra, ma soprattutto in quelle vere, è difficile separare ciò che è accaduto da ciò che è sembrato accadere. Ciò che sembra accadere diviene a sua volta accaduto, e così deve essere raccontato. Gli angoli visuali vengono distorti. Quando l?ordigno nascosto esplode, uno chiude gli occhi e abbassa la testa e fluttua all?esterno di se stesso. Quando qualcuno muore, come Curt Lemon, uno distoglie lo sguardo e poi torna a guardare per un istante e poi torna a distogliere lo sguardo. Le immagini si confondono; uno tende a lasciarsi sfuggire una quantità di cose. ?In molti casi la vera storia di guerra è del tutto incredibile. Se ci credete, siate scettici. È questione di verosimiglianza. Spesso le cose più pazzesche sono vere e quelle normali no, perché la normalità serve proprio a farvi credere le cose più pazzescamente incredibili.

In altri casi la vera storia di guerra non si può neanche raccontare. Per qualche motivo, è semplicemente al di là del raccontabile. Questa, per esempio, l?ho sentita da Mitchell Sanders. Era quasi il crepuscolo?

Ricordo la quiete di quella mezza luce. Sul fiume che scorreva senza alcun rumore era sceso un cupo color rosso rosato? Era l?occasione giusta per una buona storia.?

Come raccontare una vera storia di guerra: gli inutili 20 anni di guerra in Afghanistan
Guerra in Afghanistan durata 20 inutili anni

Come raccontare una vera storia di guerra: Senti cose che nessuno dovrebbe mai udire

«Una squadra di sei uomini se ne va in missione sulle montagne per stabilirvi un posto di ascolto. L?idea è quella di trascorrere lassù una settimana. Devono soltanto rimpiattarsi e ascoltare eventuali movimenti del nemico. Con sé hanno una radio, perciò se sentono qualcosa di sospetto ? qualsiasi cosa ? non devono far altro che chiamare l?artiglieria o gli elicotteri da combattimento, quello che ci vuole. Per il resto devono attenersi nella maniera più assoluta alle norme valide in zona di operazioni. Silenzio assoluto. Ascoltare e basta.

Sanders mi gettò un?occhiata per accertarsi che avessi inquadrato la situazione. Intanto giocava col suo yo-yo, facendolo danzare con brevi, rapidi movimenti del polso.

Il suo viso era pallido nel crepuscolo.

? Sicché, dicevo, questi tizi si addentrano nella boscaglia, mimetizzati da capo a piedi, e si rimpiattano e aspettano e questo è tutto, non fanno altro, se ne stanno distesi lassù per sette giorni di fila e semplicemente ascoltano. E come posto è spettrale, amico, te lo assicuro. Sono le montagne. Non puoi sapere che cosa vuol dire spettrale finché non ci sei stato. Giungla, all?incirca, solo che sei lassù tra le nuvole e c?è sempre questa nebbia, come pioggia, soltanto che non piove, tutto quanto è bagnato e vorticante e intricato e tu non ci vedi un accidente, non riesci neanche a trovarti l?uccello per pisciare. Come se tu non avessi neanche un corpo. Assolutamente spettrale. Ed entri in sintonia con i vapori, è come se in qualche modo la nebbia ti assorbisse? E i rumori, amico. I rumori arrivano lontanissimi. Senti cose che nessuno dovrebbe mai udire.

Sanders tacque per un istante, limitandosi a far andare su e giù lo yo-yo, poi mi sorrise.

Tutto parla. Gli alberi parlano di politica, le scimmie di religione. L?intero paese. Il Vietnam. Quel posto parla.

Come raccontare una vera storia di guerra: Yemen, marzo 2022
Guerra in Yemen, marzo 2022

«Così dopo un paio di giorni questi tizi cominciano a sentire una musica bassissima e stramba. Echi soprannaturali e via dicendo. Come una radio o qualcosa del genere, ma non è una radio, è questa strana musica sgorbia che viene direttamente dalle rocce? Loro cercano di ignorarla. Ma quello è un posto di ascolto, no? Perciò ascoltano. E ogni notte continuano a sentire quello strampalato concerto da sgorbi. Campanelli e xilofoni di ogni genere. Siamo in mezzo alla giungla, voglio dire, non può essere vero, non esiste, eppure c?è, come se le montagne fossero sintonizzate con quel cazzo di Radio Hanoi. Loro si innervosiscono, si capisce. Un tale si caccia nelle orecchie delle caramelle di gomma. A un altro quasi dà di volta il cervello. Il fatto è, però, che non possono fare rapporto e dire che sentono della musica. Non possono alzare la cornetta, chiamare la base e dire: ?Ehi, ascoltate, abbiamo bisogno di un po? di artiglieria, bisogna spazzar via questo gruppo rock di sgorbi svitati?.

? Perciò se ne stanno lì distesi nella nebbia e tengono la bocca chiusa. E quel che rende la cosa veramente brutta, capisci, è che quei poveri cristi non possono scavallare come al solito. Non possono alleviare la tensione con una battuta. Tra loro possono parlare solo sottovoce? Non fanno altro che ascoltare.

? e una notte cominciano a udire delle voci. Come a un ricevimento. Sì, quei rumori danno proprio l?impressione di un sontuoso, gigantesco ricevimento di sgorbi da qualche parte là, in mezzo alla nebbia. Musica, chiacchiericcio e robe varie. È pazzesco, lo so, ma sentono anche i tappi dello champagne. Sentono il tintinnio dei bicchieri da martini. Frivolo al massimo, tutto molto civilizzato, solo che quella lì non è affatto civiltà. È il VietNam.

Comunque sia, i tizi cercano di conservare il sangue freddo. Se ne stanno lì distesi e fanno finta di niente. E adesso non ci crederai, ma dopo un po? cominciano a sentire della musica da camera. Sentono violini e violoncelli. Sentono questa meravigliosa voce da soprano vietnamita. Poi dopo un po? cominciano a sentire musica operistica sgorbia e una società corale e il coro dei Ragazzi di Haiphong e un quartetto folk e strane litanie di tutti i generi e roba tipo Buddha-Buddha. E nel frattempo, nel sottofondo, c?è sempre il ricevimento che va avanti. Tante voci, e tutte diverse. Non voci umane, però. Perché sono le montagne. Mi segui? La roccia? parla. E anche la nebbia, e l?erba, e gli stramaledetti lemuri. Tutto parla. Gli alberi parlano di politica, le scimmie di religione. L?intero paese. Il Vietnam. Quel posto parla. Parla. Capito? Il Vietnam? parla davvero.»

L?intera guerra è lì in quello sguardo fisso

«I tizi non ce la fanno più. Cedono di schianto. Si mettono alla radio e chiedono di aprire il fuoco. Ottengono artiglieria ed elicotteri da combattimento. Chiedono l?intervento dell?aviazione. E te lo assicuro io, di quel cazzuto ricevimento ne fanno polpette. Per tutta la notte avvolgono quelle montagne in una cortina di fumo. Fanno frullato di giungla. Fanno saltare in aria alberi, società corali e qualunque altra cosa ci sia da far saltare in aria. E poi viene il momento di bruciare. Innaffiano le pendici di napalm. Fanno intervenire Cobra e F4, scaricano alto esplosivo, bombe incendiarie e cariche di demolizione. Fuoco dappertutto. Riducono quelle montagne in cenere.

Verso l?alba finalmente torna a scendere il silenzio. Come se uno non avesse mai udito veramente il silenzio prima d?allora. Una giornata di quelle opprimenti sul serio, di vera nebbia ? solo nuvole e nebbia? Tutto è risucchiato nella nebbia. Non si sente il minimo rumore, solo che loro continuano a udirlo.

Come raccontare una vera storia di guerra: Stati Uniti invadono l'Iraq
Gli Stati Uniti quando invasero l’Iraq

Così fanno i bagagli e se la sgambano? Non una parola, quasi fossero sordomuti. Più tardi salta fuori questo ciccione di colonnello che gli chiede che diavolo è successo lassù? Voglio dire, hanno speso sei trilioni di dollari in munizioni, e quel culone di colonnello vuole delle risposte?

?Ma i tizi non aprono bocca. Si limitano a guardarlo per un po?, come divertiti, o quasi, come stupefatti, e l?intera guerra è lì in quello sguardo fisso. Il loro sguardo dice tutto ciò che non si potrà mai dire. Dice, amico, devi avere i tappi nelle orecchie. Dice, povero stronzo, non capirai mai ? frequenza sbagliata ? e comunque non hai nessun bisogno di saperlo. Poi salutano il rottinculo e se ne vanno, perché certe storie non si possono proprio raccontare.

La vera storia di guerra si può distinguere per il modo in cui non sembra mai concludersi. Né allora, né mai. Nemmeno quando Mitchell Sanders si tirò in piedi e si allontanò nel buio. Tutto questo è successo. Tuttora, in questo preciso istante, ricordo quello yo-yo.»

Come raccontare una vera storia di guerra: il piccolo bufalo d?acqua

«? Curt Lemon mise il piede su un proiettile da 105 trasformato in mina antiuomo. Stava giocando a palla rilanciata con Rat Kiley, ridendo, e poi morì. Gli alberi erano fitti; impiegammo quasi un?ora ad aprire una zona d?atterraggio per l?evacuazione della salma. Più tardi, in alto sulle montagne, ci imbattemmo in un piccolo bufalo d?acqua vietcong. Che ci facesse lassù, non lo so ? non c?erano fattorie né risaie ? ma lo rincorremmo, lo acchiappammo, lo legammo con una corda e ce lo tirammo dietro fino a un villaggio abbandonato dove ci sistemammo per la notte. Dopo cena Rat Kiley gli andò vicino e gli carezzò il naso. Aprì una scatola di razione C, maiale e fagioli, ma il piccolo bufalo non era interessato. Rat strinse le spalle. Fece un passo indietro e gli sparò al ginocchio della zampa anteriore destra. L?animale non emise un suono. Piombò a terra, poi si rialzò, e Rat prese accuratamente la mira e con un altro colpo gli portò via un orecchio. Gli sparò nel deretano e nella piccola gobba sulla groppa. Gli sparò due volte nei fianchi. Non voleva ucciderlo; voleva fargli male. Gli accostò la canna del fucile alla bocca e con uno sparo gliela portò via. Nessuno disse granché. Tutti gli uomini del plotone stavano lì a vedere, provando una gran varietà di sentimenti, ma non è che in loro ci fosse grande pietà per il piccolo bufalo d?acqua.

Migranti in fuga da guerre e miseria naufraghi nel Mediterraneo
Migranti in fuga dalle guerre fanno naufragio nel Mediterraneo

Fece saltar via la coda. Fece saltar via pezzi di carne sotto le costole. Tutt?intorno a noi c?era puzzo di fumo e sporcizia e fitta vegetazione verde cupo, e la serata era umida e caldissima. Rat mise l?arma in automatico. Ora sparava a casaccio, quasi con indifferenza, brevi, rapide raffiche nella pancia e nelle natiche. Poi ricaricò, si accovacciò e gli sparò al ginocchio anteriore sinistro. Di nuovo l?animale piombò a terra e cercò di rialzarsi, ma stavolta non ci riuscì. Ondeggiò e crollò su un fianco. Rat gli sparò al naso. Si chinò in avanti e gli sussurrò qualcosa come rivolgendosi a un animale da compagnia, poi gli sparò alla gola. Per tutto questo tempo il piccolo bufalo rimase in silenzio, o quasi in silenzio, solo un lieve rumore gorgogliante da dove prima aveva avuto il naso. Giacque immobile. Niente si muoveva tranne gli occhi, che erano enormi, le pupille lucide, nere e mute.

? Qualcuno diede un calcio al piccolo bufalo. Era ancora vivo, sebbene per poco, giusto negli occhi. «Sconvolgente» disse Dave Jensen. «In vita mia, non ho mai visto niente del genere.» «Mai?» «Manco per niente. Neanche una volta.» Kiowa e Mitchell Sanders presero per le zampe il piccolo bufalo. Lo trasportarono attraverso il piazzale, lo tirarono su di peso e lo buttarono nel pozzo del villaggio. Poi, ci sedemmo in attesa che Rat Kiley tornasse in sé. «Sconvolgente» seguitava a dire Dave Jensen. «Una piega assolutamente nuova. Mai visto niente del genere.»

Mitchell Sanders tirò fuori lo yo-yo. «Beh, questo è il Nam» disse. «Il giardino del Male. Quaggiù, amici, ogni peccato è nuovo e originale al cento per cento.»

Violenze sessuali su milioni di bambini in zone di guerra: Yemen, Somalia, Afghanistan
Guerre in Yemen, Somalia e Afghanistan che hanno portato a un numero esorbitante di violenze sessuali su bambini

La purezza estetica dell?assoluta indifferenza morale

«?Come si fa a generalizzare?

La guerra è un inferno, ma questa non è nemmeno una mezza verità, perché la guerra è anche mistero e terrore e avventura e coraggio e scoperta e santità e pietà e disperazione e desiderio e amore. La guerra è indecente; la guerra è divertente. La guerra è emozionante; la guerra è una sfacchinata. La guerra ti rende uomo; la guerra ti rende morto. Le verità sono contraddittorie. Si può sostenere, per esempio, che la guerra è grottesca. Ma in verità, la guerra è anche bellezza. Nonostante tutto il suo orrore, non si può fare a meno di restare a bocca aperta di fronte alla tremenda maestà del combattimento. Fissi i proiettili traccianti che si snodano nell?oscurità come nastri rosso brillante. Ti acquatti per l?imboscata mentre una luna fredda e impassibile si leva nel cielo notturno sopra le risaie. Ammiri la fluida simmetria delle truppe in movimento, le armonie di suono, forma e proporzione, i torrenti di fuoco e metallo che grondano da un elicottero da combattimento, i proiettili illuminanti, il fosforo bianco, il bagliore porpora e arancio del napalm, la luce accecante dei razzi. Non si può propriamente chiamare bello. È stupefacente. Riempie lo sguardo. Si impossessa di te. Tu lo trovi orribile. I tuoi occhi no. Come un devastante incendio boschivo, come il cancro al microscopio, qualsiasi battaglia o bombardamento o sbarramento di artiglieria possiede la purezza estetica dell?assoluta indifferenza morale ? una poderosa, implacabile bellezza ? e la vera storia di guerra a questo proposito ti dice la verità, in tutta la sua bruttezza.

Generalizzare sulla guerra è come generalizzare sulla pace. Quasi tutto è vero. Quasi nulla è vero.

? Dopo lo scontro a fuoco, c?è sempre l?immenso piacere di essere vivi. Gli alberi sono vivi. L?erba, il suolo, tutto? In mezzo al male, cerchi di essere un brav?uomo. Cerchi il decoro? In tutto questo c?è una specie di generosità, una specie di devozione. Per quanto strano sia, non sei mai tanto vivo come quando sei quasi morto.

La vera storia di guerra non parla mai di guerra

Come raccontare una vera storia di guerra: Somalia, caos e miseria
Somalia, caos, miseria e desolazione: uno Stato senza Stato

«? Vent?anni dopo, posso ancora scorgere il sole sul viso di Lemon. Lo vedo voltarsi a guardare Rat Kiley; poi rise e fece quel curioso mezzo passo dall?ombra alla luce del sole, il viso improvvisamente bruno e lucente, e quando il suo piede toccò terra, in quell?istante, deve aver pensato che fosse la luce del sole a ucciderlo. Non era la luce del sole. Era un proiettile da 105 trasformato in mina antiuomo. Ma se mai riuscissi a raccontare questa storia nel modo giusto, come il sole parve raccogliersi intorno a lui e sollevarlo e innalzarlo fin lassù tra i rami dell?albero, se riuscissi in qualche modo a ricreare il fatale biancore di quella luce, la rapida vampata, l?evidente rapporto di causa ed effetto, allora anche voi credereste all?ultima cosa a cui credette Curt Lemon, che per lui deve essere stata la verità definitiva.

? E alla fine, naturalmente, la vera storia di guerra non parla mai di guerra. Parla della luce del sole. Parla di quella maniera tutta particolare in cui l?alba si propaga sul fiume quando sai che devi attraversarlo, quel fiume, e marciare verso le montagne e fare cose che hai paura di fare. Parla di amore e di ricordi. Parla del dolore. Parla di sorelle che non rispondono alle lettere e di gente che non riesce ad ascoltare.»

Poche parole per finire

Il mio consiglio è quello di comprarvi il libro di Tim O?Brien e leggervi tutto il racconto per intero e gli altri bellissimi racconti della raccolta. Che siate o meno followers del Pensiero Unico, almeno avrete letto un gran bel libro. In questi tempi falsi, tristi, dove ingiustizia, banalità e avidità regnano sovrane, anche se travestite da ?democrazia? leggere un gran bel libro è già qualcosa?

Con tutta la nostra solidarietà per il popolo ucraino, solidarietà che non verrà mai meno, vi ricordo solo alcune delle guerre dimenticate, cancellate dalla nostra memoria, in modo così facile, come toccare col dito un semplice ?delete? sul telefonino:

15 agosto 2021 Il presidente del Tribunale di appello della Corte penale internazionale, nel marzo dell’anno scorso, aveva dato mandato di indagare sui crimini di guerra e contro l?umanità in Afghanistan. Ma il Dipartimento di Stato USA l’aveva definita “un?azione scioccante” opponendosi a ogni indagine (by Peacelink.it)

21 Gennaio 2022 Yemen, raid aerei dell?Arabia Saudita contro i ribelli Houthi: più di 200 vittime, tra loro anche civili e 3 bambini (by Il Fatto Quotidiano.it)

3 Marzo 2022 Stanno aumentando negli ultimi mesi le vittime civili del conflitto nello Yemen, che da 7 anni oppone le milizie Houthi filoiraniane alla Coalizione governativa guidata dall’Arabia Saudita. I contendenti di entrambe le parti non risparmiano bambini, scuole, ospedali, mercati, prigioni. Un Paese al collasso, dove è in corso la più grave crisi umanitaria al mondo, con 20 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti e 4 milioni di sfollati. A marzo si rischia che 8 milioni di persone rimangano senza cibo perché non è stato deciso il rifinanziamento degli aiuti internazionali (by AgenSir.it)

28-12-2021 La strage nel Mediterraneo non si ferma. Ancora decine di cadaveri che il mare restituisce impietoso, sulle spiagge della Libia come su quella della Grecia qualche giorno fa, davanti agli occhi di un mondo distratto: una strage evitabile, quella di chi fugge dall?inferno libico, pervicacemente consentita dai governi.

Il nostro malinteso interesse nazionale ha prevalso sui diritti umani delle persone coinvolte: più naufraghi abbiamo bloccato o riportato indietro, maggiore è stata la soddisfazione dei ministri e dei governi che si sono succeduti in questi anni, anche quelli di centro sinistra purtroppo; meno ne arrivano sulle nostre coste più ne rimangono nelle carceri libiche a subire torture, stupri, ad essere venduti come schiavi, a morire. Non c?è nulla di cui essere soddisfatti. Respingimenti illegali delegati a milizie senza scrupoli che fingono di intervenire per salvare quelli che dovrebbero essere naufraghi e che sono invece prede, materia di scambio e di ricatto. (by Il Manifesto)

VILLA ADRIANA E LE MEMORIE DI ADRIANO

Villa Adriano statua guerriero

Villa Adriana e Le memorie di Adriano è un articolo dove unisco brani tratti dal capolavoro di Marguerite Yourcenar ?Le memorie di Adriano? con immagini scattate nel corso di una visita recente a Villa Adriana, dove i resti meravigliosi della Villa dell?Imperatore Adriano, oggi Patrimonio dell?Unesco, a Tivoli, nei pressi di Roma, hanno attraversato quasi due millenni mantenendo integro quel senso del sublime che è così forte perché non deriva solo da un?architettura classica immersa perfettamente nella natura, ma perché vi si percepisce ancora qualcosa di potente e benefico, nella sua rarità, che si irradia tanto dalle rovine quanto dal terreno: forse lo stesso spirito dell?Imperatore, che ha scelto, anche nel suo after life, di continuare a dimorare in quel luogo che ha così tanto amato quando era in vita.

ANIMULA VAGULA BLANDULA

Vorrei iniziare con un bellissimo frammento di poesia scritta dall?Imperatore poco prima di morire e inserita nella ?Historia Augusta?. La stessa poesia la troviamo in esergo a ?Le memorie di Adriano? di Marguerite Yourcenar:

Et moriens quidem hos versus fecisse dicitur: «Animula vagula blandula/ Hospes comesque corporis/ Quae nunc abibis in loca/  Pallidula rigida nudula/ Nec ut soles dabis iocos?

E si dice che morendo compose questi versi: ?Piccola Anima smarrita e impalpabile, ospite e compagna del corpo, adesso ti avvierai in luoghi senza colore, impervi, desolati dove non potrai più godere dei tuoi piaceri consueti??

(la traduzione è mia, chiedo perdono?)

Villa Adriana e le memorie di Adriano, Teatro marittimo
Villa Adriana e le Memorie di Adriano, Teatro Marittimo

Non parleremo, quindi, della biografia dell?Imperatore Adriano (nato nel 76 dC e morto nel 136 d.C., fatto Imperatore dopo Traiano, nel 117 d.C.) Non si parlerà nemmeno dell?architettura della vastissima Villa Adriana, di quali sono ed erano le forme del Pecile, del Canopo, Sala dei Filosofi ecc. Queste informazioni le potrete facilmente trovare su vari siti, alcuni migliori di altri, sia per quanto concerne Adriano che per la Villa Adriana.

Villa Adriana e le memorie di Adriano, natura e architettura
Villa Adriana, perfetto connubio fra natura e architettura

Villa Adriana e Le memorie di Adriano

Prima di proseguire voglio solo trascrivere una breve descrizione dell?uomo Adriano tratta dalla Historia Augusta:

?Fu alto di statura, di bell?aspetto, la chioma acconciata con arte, la barba lunga per nascondere certi segni che per natura aveva sul viso, corporatura robusta. Montò spesso a cavallo e camminò; si esercitò sempre al maneggio delle armi e al giavellotto. Andava a caccia molto spesso e uccise un leone con le sue stesse mani. Andando a caccia si ruppe una clavicola e una costola. Andò sempre a caccia con gli amici. Durante il banchetto fece sempre, a seconda delle circostanze, rappresentazioni di commedie, tragedie, Atellane, suonatrici di sambuca, dicitori, poeti. Ornò splendidamente la sua Villa (in seguito chiamata Villa Adriana, n.d.a.) tanto che in essa iscrisse i nomi più celebri di province e di luoghi da lui amati, quali Liceo, Accademia, Pritaneo, Canopo, Pecile, Tempe e, per non tralasciare nulla, creò anche un finto aldilà. Amò l?oratoria antica e la declamazione di casi giuridici. Preferì Catone a Cicerone, Ennio a Virgilio, Celio a Sallustio e criticò con la stessa energia sia Omero che Platone.?

Busto Imperatore Adriano, Musei capitolini
Busto dell’Imperatore Adriano, Musei capitolini

Villa Adriana e Le Memorie Di Adriano: i Limiti della Natura

?Avrò in sorte d?essere il più curato dei malati. Ma nessuno può oltrepassare i limiti della natura? Non mi fraintendere: non sono ancora così a mal partito da cedere alle immaginazioni della paura, assurde quasi quanto quelle della speranza, e certamente assai più penose? Ciò nonpertanto sono giunto a quell?età in cui la vita è, per ogni uomo, una sconfitta accettata. Dire che ho i giorni contati non significa nulla; è stato sempre così; è così per noi tutti.?

Il Sangue

?Ma il compagno delle mie ultime cacce è morto giovane, e il desiderio di questi piaceri violenti è molto scemato in me dopo la sua dipartita. Pure, persino qui a Tivoli, basta l?improvviso sbuffare d?un cervo sotto le fronde perché trasalisca in me un istinto più antico di tutti gli altri, grazie al quale mi sento gattopardo quanto imperatore. Chissà, forse sono stato così parco di sangue umano perché ho versato tanto quello delle fiere: benché, talvolta, segretamente, le preferissi agli uomini.?

Villa Adriana, Pecile
Villa Adriana, Pecile
Villa Adriana e le memorie di Adriano
Villa Adriana e le Memorie di Adriano

L?Universo Insolito del Piacere Sessuale

?Confesso che la ragione si smarrisce di fronte al prodigio dell’amore, strana ossessione che fa sì che questa stessa carne, della quale ci curiamo tanto poco quando costituisce il nostro corpo, preoccupandoci unicamente di lavarla, di nutrirla, e fin dov?è possibile – d’impedirle che soffra, possa ispirarci una così travolgente sete di carezze sol perché è animata da una individualità diversa dalla nostra, e perché è dotata più o meno di certi attributi di bellezza. Di fronte all’amore, la logica umana è impotente, come in presenza delle rivelazioni dei Misteri: non s’è ingannata la tradizione popolare, che ha sempre ravvisato nell’amore una forma di iniziazione, uno dei punti ove il segreto e il sacro s’incontrano.

Villa Adriana Statua di Venere
Villa Adriana, statua di Venere

E per un altro aspetto ancora, l’espressione sensuale si può paragonare ai Misteri, in quanto il primo contatto appare al non iniziato un rito più o meno pauroso, violentemente diverso dalle funzioni consuete del sonno, del bere e del mangiare, oggetto di scherno, di vergogna o di terrore. L’amore, non altrimenti della danza delle Menadi e del delirante furore dei Coribanti, ci trascina in un Universo insolito, ove in altri momenti è vietato avventurarci, e dove cessiamo di orientarci non appena l’ardore si spegne e il piacere si placa.?

Villa Adriana Tempio di Venere
Villa Adriana e le Memorie di Adriano, Tempio di Venere

Il Piacere del Sonno

?Di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano, uno dei più preziosi, e più comuni al tempo stesso, è il sonno. Chi dorme poco o male, sostenuto da molti guanciali, ha tutto l’agio per meditare su questa voluttà particolare. Ammetto che il sonno perfetto è quasi necessariamente un’appendice dell’amore: come un riposo riverberato, riflesso in due corpi. Ma qui m’interessa quel particolare mistero del sonno, goduto per se stesso, quel tuffo inevitabile nel quale l’uomo, ignudo, solo, inerme, s’avventura ogni sera in un oceano, nel quale ogni cosa muta – i colori, la densità delle cose, persino il ritmo del respiro, un oceano nel quale ci vengono incontro i morti?

Villa Adriana e le memorie di Adriano: Serapeo
Villa Adriana, Serapeo

Cerco di riafferrare la sensazione precisa di certi sonni fulminei dell’adolescenza, quando si piombava addormentati sui libri, ancora vestiti? Evoco i sonni repentini sulla nuda terra, nella foresta, dopo estenuanti battute di caccia: mi destava l’abbaiare dei cani, o le loro zampe ritte sul mio petto. Era un’eclissi così totale che, ogni volta, avrei potuto ridestarmi diverso, e mi sorprendevo – mi dolevo, a volte ? della disposizione rigorosa che mi riconduceva da così lontano nell’angusta particella di umanità che è la mia. In che cosa consistono le caratteristiche alle quali teniamo di più, se contano così poco per chi dorme, e se per un istante, prima di rientrare di malavoglia nel mio guscio di Adriano, giungevo ad assaporare quasi coscientemente quell’uomo vuoto di sé, quell’esistenza senza passato??

La Folle Normalità dell?Insonnia

?Che cos’è l’insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni? ? Fratello della morte…S’ingannava, Isocrate, e la sua frase non è altro che l’iperbole d’un retore. Comincio a conoscerla, la morte: essa cela altri segreti, ben più estranei alla nostra attuale condizione di uomini. E tuttavia, questi misteri di assenza, di oblio parziale sono così intricati e profondi che avvertiamo distintamente la sorgente chiara e quella oscura confluire chissà dove? Quante volte, levandomi alle prime ore del mattino per studiare o per leggere, ho riordinato con le mie mani quei guanciali spiegazzati, quelle coperte in disordine, testimonianze quasi turpi dei nostri incontri con il nulla, prove che ogni notte non siamo già più…?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, Serapeo
Villa Adriana, Serapeo
Villa Adriana, dettaglio
Villa Adriana, Tivoli

Villa Adriana e le Memorie di Adriano: Conoscere Se Stessi

?Nel profondo, la mia conoscenza di me stesso è oscura; interiore, inespressa, segreta come una complicità. Dal punto di vista più impersonale, è gelida, tanto quanto le teorie che posso elaborare sui numeri: mi valgo di quel po’ d’intelligenza che ho per esaminare più dall’alto, da lontano, la mia vita, che, in tal modo, diventa la vita di un altro? Quando prendo in esame la mia vita, mi spaventa di trovarla informe. L’esistenza degli eroi, quella che ci raccontano, è semplice: va diritta al suo scopo come una freccia. E gli uomini, per lo più, si compiacciono di riassumere la propria esistenza in una formula – talvolta un’ostentazione, talvolta una lamentela, quasi sempre una recriminazione; la memoria compiacente compone loro una esistenza chiara, spiegabile. La mia vita ha contorni meno netti: come spesso accade, la definisce con maggiore esattezza proprio quello che non sono stato: buon soldato, NON grande uomo di guerra; amatore d’arte, NON artista come credette d’essere Nerone alla sua morte; capace di delitti, ma NON carico di delitti.

Villa Adriana e le memorie di Adriano, Palazzo
Villa Adriana, Palazzo

Si direbbe che il quadro dei miei giorni come le regioni di montagna, si componga di materiali diversi agglomerati alla rinfusa? Mi studio di ripercorrere la mia esistenza per ravvisarvi un piano, per individuare una vena di piombo o d’oro, il fluire d’un corso d’acqua sotterraneo, ma questo schema fittizio non è che un miraggio della memoria? Mi son fatto una cronologia tutta mia? Quindici anni sotto le armi son durati per me meno di una mattinata ad Atene; vi sono persone che ho frequentato tutta la vita e che non riconoscerò agli Inferi. I piani spaziali si sovrappongono anch’essi; l’Egitto e la valle di Tempe son vicinissimi, e non sempre sto a Tivoli quando ci sono. Talora la mia vita mi appare banale al punto da non meritare non dico di scriverla, ma neppure di ripensarvi a lungo?

La Poesia

?La lettura dei poeti produsse in me effetti ancor più conturbanti: non sono del tutto certo che conoscere l’amore sia più inebriante che scoprire la poesia. Quest’ultima mi trasformò: l’iniziazione alla morte non mi inoltrerà più avanti in un mondo diverso di quanto abbia fatto un crepuscolo virgiliano. In seguito, ho preferito la rusticità di Ennio, così vicino alle origini sacre della razza, o l’amarezza da saggio di Lucrezio, o anche l’umile frugalità di Esiodo alla opulenza di Omero. Ho amato soprattutto i poeti più ermetici e oscuri, che costringono il pensiero alla ginnastica più ardua, sia i recentissimi sia gli antichi, quelli che mi aprono sentieri completamente nuovi, o mi aiutano a rintracciare piste smarrite. Ma, in quell’epoca, amavo soprattutto nella poesia quel che tocca con immediatezza i sensi, la lucentezza metallica di Orazio, Ovidio e la sua mollezza carnale.?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, statua di coccodrillo
Villa Adriana e le Memorie di Adriano, statua di coccodrillo

Giovane Guerriero

?Se fosse durata troppo a lungo, la vita di Roma m’avrebbe inasprito, corrotto o logorato. Tornare alle armi mi salvò. La vita militare comporta anch’essa qualche compromesso, ma meno impegnativo. Partire per l’esercito significava viaggiare: partii folle di gioia?

Il patriottismo romano, la fede incrollabile nei benefici della nostra autorità su tutte le genti, nella missione di Roma di governarle, in quegli uomini del mestiere assumevano forme brutali, alle quali non ero ancora assuefatto. Alle frontiere, proprio là dove sarebbe stato saggio usare diplomazia, almeno sul momento, per conciliarci alcuni capi nomadi, i militari eclissavano completamente i politici; le prestazioni obbligatorie e le requisizioni in natura davano luogo ad abusi di cui nessuno si sorprendeva più? Gli incidenti di frontiera ci provocavano scarse perdite, preoccupanti solo perché reiterate; riconosco però che quello stato di allarme permanente serviva almeno a tener desto lo spirito di corpo. Tuttavia, ero persuaso che si sarebbe riusciti, con un dispendio minore, ma esercitando maggiore perspicacia, a soggiogare alcuni capi, ad attirarci le simpatie degli altri; e stabilii di consacrarmi in particolar modo a quest’ultimo compito, che tutti trascuravano.

Villa Adriana e le memorie di Adriano, statua guerriero
Villa Adriana e le Memorie di Adriano, statua di guerriero

Mi ci spingeva la mia inclinazione verso tutto ciò che è esotico: frequentare i Barbari mi piaceva. Il vasto paese che si estende tra le bocche del Danubio e quelle del Boristene, un triangolo del quale ho percorso almeno due lati, vanta alcune tra le regioni più sorprendenti del mondo, almeno per noi, nati sulle rive del Mare Interno.?

Vittoria e Sconfitta

?Laggiù, m’è accaduto di adorare la dea Terra, come qui adoriamo la dea Roma; e non parlo tanto di Cerere, quanto d’una divinità più antica, anteriore persino alla scoperta delle messi. Il nostro suolo greco o latino, sostenuto ovunque dall’ossatura delle rocce, ha l’eleganza schietta d’un corpo virile: la terra sciita aveva l’opulenza un po’ greve d’un corpo riverso di donna. La pianura si confondeva con il cielo?

Villa Adriana e le memorie di Adriano Pecile e statua coccodrillo
Villa Adriana, statue fra Canopo e Serapeo

La prima spedizione contro i Daci fu lanciata l?anno seguente. Io mi sono sempre opposto, sia per inclinazione che per politica? Sulle prime, occupai posti subalterni; non avevo ancora guadagnato interamente la benevolenza di Traiano. Ma conoscevo bene il paese, sapevo d?essere utile? E avevo qualche vantaggio al mio attivo: la simpatia per quel paese inclemente? Ero forse il solo fra gli ufficiali giovani a non avere nostalgia di Roma.

Vissi laggiù tutta un’epoca di esaltazione straordinaria, dovuta in parte all’influenza d’un gruppo di luogotenenti che avevo intorno; essi, dalle più remote guarnigioni d’Asia, erano venuti a conoscenza di strane divinità. Il culto di Mitra, che allora era meno diffuso di quel che non sia divenuto dopo le nostre spedizioni contro i Parti, mi attirò qualche tempo con le esigenze di quell’arduo ascetismo, che tendeva duramente l’arco della volontà, con l’ossessione della morte, del ferro e del sangue, che elevava al livello di spiegazione del mondo i banali disagi della nostra esistenza di soldati? Ciascuno di noi era convinto di sfuggire ai limiti angusti della propria condizione umana, si sentiva se stesso e l’avversario simultaneamente, assimilato al dio di cui non si sa più se muore nelle spoglie di bestia o se uccide sotto forma umana. Quei sogni bizzarri, che a volte oggi mi sgomentano, non differivano poi profondamente dalle teorie di Eraclito sull’identità dell’arco e del bersaglio. Allora, mi aiutavano a tollerare la vita. La vittoria e la sconfitta si mescolavano, si confondevano, erano raggi diversi d’una stessa luce solare.?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, dettaglio
Villa Adriana, Tivoli

Villa Adriana e le Memorie di Adriano: Imperatore

?Sognavo un esercito addestrato a conservare l’ordine sulle frontiere; ero pronto a rettificarle purché fossero sicure. Qualsiasi ingrandimento nel già vasto organismo dell’impero, mi faceva l’effetto d’una escrescenza malsana, un cancro, un’idropisia che avrebbe finito per ucciderci?

Le donazioni militari, di cui avevo ricevuto la mia parte anch’io, il lusso insensato dei giochi, le spese iniziali dei grandiosi progetti militari in Asia. Queste ricchezze malefiche diffondevano una illusoria euforia sullo stato reale delle finanze. Quella fortuna che proveniva dalla guerra tornava a essere inghiottita dalla guerra.

? rientrai ad Antiochia, accompagnato lungo il cammino dalle acclamazioni delle mie legioni. Una calma straordinaria era scesa su di me: l’ambizione e la paura sembravano un incubo dileguato. Qualunque cosa avvenisse, ero stato sempre deciso a difendere fino all’ultimo le mie probabilità di diventare imperatore? Avevo rifiutato tutti i titoli?  Volevo che il mio prestigio fosse personale, che aderisse a me e si misurasse immediatamente in termini di agilità mentale, di forza, di imprese compiute.?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, dettaglio
Villa Adriana, dettaglio
Villa Adriana e le memorie di Adriano, viale alberato che porta al tempio di Venere
Villa Adriana, viale verso il tempio di Venere

Villa Adriana e le Memorie di Adriano: l’Amore

?Antinoo era greco: sono risalito, nelle memorie di quella famiglia antica e oscura, sino all’epoca dei primi coloni arcadi sulle sponde della Propontide. Ma l’Asia aveva prodotto su quel sangue un po’ acre l’effetto della goccia di miele che rende torbido e aromatico un vino puro. Ritrovavo in lui le superstizioni d’un discepolo d’Apollonio, il culto monarchico d’un suddito orientale del Gran Re. La sua presenza era straordinariamente silenziosa: m’ha seguito come un animale, o come un genio familiare? Ammiravo quell’indifferenza quasi altera verso tutto ciò che non costituiva il suo piacere o il suo culto: essa suppliva in lui al disinteresse, allo scrupolo, a tutte le virtù volute, austere.

Mi stupiva quella sua aspra dolcezza; quella devozione torva, che impegnava l’essere intero. E, tuttavia, quella sottomissione non era cieca: quelle palpebre tante volte abbassate nell’acquiescenza o nel sogno, si levavano; gli occhi più attenti del mondo mi scrutavano in viso; mi sentivo giudicato. Ma lo ero, come lo è un dio da un suo fedele: le mie asprezze, i miei attacchi di diffidenza (ne ebbi, più tardi) erano pazientemente, gravemente accettati. Sono stato padrone assoluto una volta sola, e di un solo essere.

Statua Antinoo, museo di Napoli
Statua di Antinoo, Museo di Napoli
Statua di Antinoo, museo archeologico di Venezia
Statua di Antinoo, Museo Archeologico di Venezia

Se non ho detto ancora nulla d’una bellezza così evidente, non bisogna credere che l’abbia fatto per una sorta di reticenza, il silenzio d’un uomo avvinto in modo troppo totale. Ma i volti che noi cerchiamo disperatamente ci sfuggono: è sempre solo un istante… Ritrovo una testa reclina sotto una capigliatura disfatta dal sonno, degli occhi che le palpebre allungate facevano parere obliqui, un giovane viso, come disteso? Il broncio delle labbra s’impregnava d’un’amarezza ardente, d’una sazietà triste. In verità, quel volto mutava, come se ogni notte e ogni giorno io lo avessi scolpito.

Quando mi volgo indietro a quegli anni, mi sembra di ritrovare l’Età dell’Oro. Tutto era facile: le fatiche d?altri tempi erano compensate da una facilità quasi sovrumana? La mia vita, in cui tutto è arrivato tardi – il potere, la felicità -, assumeva lo splendore del meriggio, la radiosità solare delle ore di siesta, quando tutto è soffuso di un’atmosfera dorata, gli oggetti della nostra camera e il corpo disteso al nostro fianco. La passione appagata ha la sua innocenza, fragile quasi quanto ogni altra: il resto della bellezza umana declinava al rango di spettacolo, cessava d’esser quella selvaggina di cui ero stato il cacciatore. Quell’avventura iniziata in modo banale arricchiva la mia vita, ma la rendeva, d’altro canto, più semplice: l’avvenire contava poco?

Condussi Antinoo nell’Arcadia dei suoi avi; le foreste vi restavano impenetrabili come ai tempi in cui vi avevano abitato quegli antichi cacciatori di lupi. A volte, con un colpo di frusta, un cavallerizzo fugava una vipera; sulle cime sassose, il sole era rovente come nel pieno dell’estate; il giovinetto, addossato alla roccia, sonnecchiava, la testa reclinata sul petto, i capelli sfiorati dalla brezza, simile a un Endimione del giorno. Una lepre, che il mio cacciatore giovinetto aveva addomesticata con infinita pazienza, fu sbranata dai cani: fu l’unico dispiacere di quei giorni senza nubi.

Villa Adriana e le memorie di Adriano, statua di Antinoo
Villa Adriana, statua di Antinoo

La popolazione di Mantinea scoprì antichi vincoli di parentela con quella famiglia di coloni bitini, sconosciuti fino a quel giorno: la città, nella quale in seguito il fanciullo ebbe i suoi templi, fu arricchita e abbellita da me. L’antichissimo santuario di Nettuno ormai, caduto in rovina, era così venerato che se ne vietava l’accesso a chiunque: dietro quelle porte perennemente sprangate si perpetuavano misteri più antichi forse della stessa razza umana. Edificai lì un nuovo tempio, assai più vasto, e l’edificio antico è racchiuso ormai all’interno di esso come il nocciolo nel cuore d’un frutto?

La caccia ci condusse nella valle d’Elicona, dorata dalle porpore estreme dell’autunno; sostammo in riva alla sorgente di Narciso, presso il santuario dell’Amore: la spoglia d’una giovane orsa, un trofeo sospeso con chiodi d’oro alla parete del tempio, fu offerta a quel dio, il più saggio di tutti.?

Morte Di Antinoo

?A poco a poco, la luce cambiò. Dopo due anni e più, si notavano le orme del tempo, dei progressi d’una giovinezza che si forma, s’indora, sale quasi allo zenit; la voce fonda del fanciullo s’abituava a dare ordini a nocchieri e capicaccia? Il mio pastorello diventava un giovane principe? A Roma, s’erano orditi intrighi intorno alla sua giovane testa, s’erano esercitati sforzi abietti per destituire la sua influenza e sostituirvene qualche altra. La capacità di chiudersi in un pensiero unico dotava quel diciottenne d’una sorta d’indifferenza che manca ai più saggi: aveva saputo sdegnare tutte quelle trame, o ignorarle. Ma la sua bella bocca aveva assunto una piega amara che non sfuggì agli scultori?

I miei censori si apprestano già a scoprire, all’origine della mia sventura, le conseguenze d’un traviamento, il risultato d’un eccesso. Mi è difficile contraddirli in quanto non riesco a scorgere in che cosa mi sia traviato, in che cosa io abbia ecceduto. Mi sforzo di ridurre il mio delitto, se tale dobbiamo chiamarlo, a proporzioni esatte; mi dico che il suicidio non è poi così raro, che è un fatto abbastanza comune morire a vent’anni. La morte di Antinoo è un problema, oltreché una sciagura, per me solo.

Ma non ignoro che bisogna fare i conti con le iniziative personali di quell’estraneo affascinante che resta, malgrado tutto, ogni essere amato? Non ho il diritto di avvilire quel raro capolavoro che fu la sua fine; devo lasciare a quel fanciullo il merito della propria morte.?

Un Uomo Dai Capelli Grigi Che Singhiozza

Ricordo una serata a Sardi: il poeta Stratone ci condusse da un luogo di perdizione a un altro, in compagnia di losche conquiste. Poi, vi fu quella notte di Smirne, in cui costrinsi il mio giovane amico a subire la presenza d’una cortigiana. Il fanciullo s’era fatto dell’amore un’idea che restava austera, perché era esclusiva; il suo disgusto giunse fino alla nausea. Poi, ci si abituò. Quelle vane prove si spiegano con la mia inclinazione alle sregolatezze? Ero rimasto più sensibile di quel ch’io credessi ai pregiudizi di Roma; ricordavo che essi concedono al piacere la sua parte, ma stimano l’amore una mania disdicevole; ero ripreso dalla furia di non dipendere da nessun essere in maniera esclusiva…

Villa Adriana e le memorie di Adriano, pilastri dorici
Villa Adriana, Pilastri dorici

In quel cuore malinconico s’insinuarono i primi timori, quasi ingiustificati; lo vidi preoccuparsi d’aver presto diciannove anni. Qualche capriccio pericoloso, collere che, squassando su quella fronte caparbia gli anelli di Medusa dei capelli, si alternavano a una malinconia che somigliava al torpore, a una dolcezza sempre più stanca. Mi accadde di percuoterlo; ricorderò sempre quei suoi occhi atterriti. Ma l’idolo offeso era pur sempre l’idolo, e cominciavano i sacrifizi espiatori?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, statua
Villa Adriana, statua nel Canopo

Pochi giorni prima di partire da Antiochia, mi recai, come in altri tempi, a sacrificare in vetta al monte Cassio? l’esigua compagnia, fradicia fino alle ossa, si affrettò attorno all’altare disposto per il sacrificio. Questo stava per compiersi, allorché un fulmine, balenando su di noi uccise d’un colpo solo il vittimario e la vittima? Antinoo aggrappato al mio braccio tremava, non già di terrore, come credetti allora, ma percosso da un’idea che compresi più tardi. Un essere che aveva orrore della decadenza fisica, della vecchiaia, da tempo aveva dovuto ripromettersi di suicidarsi al primo indizio di quella decadenza, o anche molto prima. Oggi, giungo a credere che questo impegno, che molti di noi si giurano, senza poi mantenerlo, in lui fosse radicato da moltissimo tempo, dall’epoca di Nicomedia, di quell’incontro in riva alla sorgente. Quest’impegno spiegava la sua indolenza, il suo ardore nel piacere, la sua malinconia, la sua indifferenza totale per il futuro. Ma bisognava ancora che quella sua fine non avesse l’aria d’una rivolta, non contenesse la minima recriminazione. La folgore del monte Cassio gl’indicava una soluzione: la morte poteva diventare una forma estrema di devozione, l’ultimo dono, il solo che sarebbe rimasto?

Il mio arrivo ad Alessandria avvenne con grande discrezione. L’ingresso trionfale era stato rimandato alla venuta dell’imperatrice? Il primo giorno del mese di Athir? è l?anniversario della morte di Osiris, il dio delle agonie: lungo il fiume, da tre giorni in tutti i villaggi echeggiavano lamenti? Rientrammo insieme, nel mio canotto a sei remi, accompagnati dalla buonanotte tagliente di Lucio. L’allegria continuò. Ma, al mattino, per caso mi avvenne di toccare un viso gelato di lacrime. Chiesi ad Antinoo con impazienza la ragione di quel pianto; rispose umilmente, scusandosi d’essere stanco. Accettai quella menzogna. Mi riaddormentai. La sua vera agonia si svolse quella notte, in quel nostro letto, e al mio fianco?

Villa Adriana e le Memorie di Adriano, Sala dei Filosofi
Villa Adriana, Sala dei Filosofi

Verso l’ora dodicesima, entrò da me Cabria, agitatissimo. Contro ogni regola, Antinoo aveva lasciato la nostra imbarcazione senza precisare la meta e la durata della sua assenza: e, dal momento della sua uscita, erano trascorse almeno due ore. Cabria ricordò strane frasi pronunciate la sera innanzi, una raccomandazione della stessa mattina, che mi riguardava, e mi comunicò i suoi timori? Non ci restava che esplorare le rive. Una serie di caverne, che in altri tempi avevano dovuto servire a cerimonie sacre, comunicavano con un’ansa del fiume: sulla ponda dell’ultima di esse, nel crepuscolo che scendeva rapido, Cabria scorse un abito ripiegato e un paio di sandali. Scesi quei gradini sdrucciolevoli: era disteso sul fondo, già affondato nella melma del fiume. Con l’aiuto di Cabria, riuscii a sollevare quel corpo che improvvisamente era diventato pesante come la pietra?  Quel corpo tanto docile si rifiutava di lasciarsi riscaldare, di rivivere. Lo trasportammo a bordo. Tutto crollò attorno a me, tutto sembrò spegnersi. Zeus Olimpico, il Padrone di tutte le cose, il Salvatore del Mondo precipitò: non vi fu più che un uomo dai capelli grigi che singhiozzava, sul ponte d’una barca.?

Villa Adriana e le Memorie di Adriano: la Villa

?Quella sera, rientrando nella mia casa di Tivoli, ero stanco nell’animo ma calmo, quando presi dalle mani di Diotimo il vino e l’incenso del sacrificio giornaliero al mio Genio? Da semplice privato, avevo cominciato a comprare e mettere insieme pezzo per pezzo i terreni che si estendono ai piedi dei monti Sabini, al limitare delle sorgenti, con l’ostinazione paziente d’un contadino che amplia le sue vigne; tra un giro di ispezione imperiale e l’altro, avevo posto le tende sotto quei boschetti invasi da muratori e architetti, dove un giovinetto imbevuto di tutte le superstizioni asiatiche chiedeva piamente che gli alberi fossero risparmiati.

Villa Adriana, Pretorio
Villa Adriana, Pretorio

Di ritorno dal mio grande viaggio d’Oriente, m’ero messo con una specie di sacra frenesia a completare lo scenario immenso di quell’opera già quasi terminata. Questa volta vi feci ritorno per terminare i miei giorni il più dignitosamente possibile. Tutto era predisposto per regolare il lavoro così come il piacere: la cancelleria, le sale per le udienze, il tribunale dove avrei giudicato in ultimo appello le cause difficili, m’avrebbero risparmiato faticosi andirivieni fra Tivoli e Roma. Avevo dotato ciascuno di quegli edifici di nomi evocanti la Grecia: il Pecile, l’Accademia, il Pritaneo. Sapevo bene che quella valle angusta, disseminata d’olivi, non era il Tempe, ma ero giunto in quell’età in cui non v’è una bella località che non ce ne ricordi un’altra, più bella, e ogni piacere s’arricchisce del ricordo di piaceri trascorsi. Consentivo ad abbandonarmi a quella nostalgia ch’è la malinconia del desiderio?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, statua di Sfinge
Villa Adriana, statua di Sfinge

La Villa era ormai abbastanza a buon punto da potervi trasportare le mie collezioni, i miei strumenti di musica, le poche migliaia di libri acquistati un po’ dovunque nel corso dei miei viaggi. Offrii una serie di feste in cui ogni cosa era prevista con cura, la lista delle vivande e il numero ristrettissimo dei miei ospiti? Non erano terminati ancora né il piccolo teatro greco della Villa, né quello latino, un po? più vasto, ma vi feci ugualmente rappresentare qualche commedia. Per mio ordine, furono recitate tragedie e pantomime, drammi in musica e atellane. Mi piaceva soprattutto la ginnastica sottile delle danze, e scoprii d’avere un debole per le danzatrici con le nacchere, che mi ricordavano il paese di Gades, i primi spettacoli ai quali avevo assistito quando non ero che un bimbo. Amavo quel suono crepitante, le braccia levate, quei veli spiegati o ravvolti, quella danzatrice che cessa d’esser donna per diventare nuvola o uccello, onda o trireme?

Villa Adriana, Pecile
Villa Adriana, Pecile

Nelle ore d’insonnia, percorrevo i corridoi della Villa, erravo di sala in sala, a volte importunavo un artigiano intento a mettere a posto un mosaico; passando, esaminavo un Satiro di Prassitele; mi fermavo davanti ai simulacri del morto. Ogni stanza aveva il suo, ogni portico perfino? Ogni minima delusione della vita politica mi esasperava precisamente come, alla Villa, il più leggero dislivello d’un pavimento, la più piccola sbavatura di cera sul marmo d’una tavola, il minimo difetto d’un oggetto che si vorrebbe immune da imperfezioni, esente da impurità.?

A chi lasciare Roma

?Fu sotterrato con semplicità nei giardini della sua famiglia. Alla vigilia di quella cerimonia, il Senato m?inviò una delegazione incaricata di porgermi le condoglianze e di offrire a Lucio gli onori divini, ai quali aveva diritto, in quanto figlio adottivo dell’Imperatore. Rifiutai: tutta quella faccenda era già costata troppo allo Stato. Mi limitai a fargli costruire qualche cappella funeraria, a fargli erigere qua e là qualche statua, nei diversi luoghi dov’era vissuto: quel povero Lucio non era un dio. Questa volta, ogni minuto diventava urgente. Ma avevo avuto tutto il tempo di riflettere, al capezzale del malato; avevo fatto i miei piani. Avevo notato in Senato un certo Antonino, un uomo sulla cinquantina, di famiglia provinciale, imparentata alla lontana con quella di Plotina? La mia scelta si fissò su di lui. Più frequento Antonino, più la stima che ho per lui tende a mutarsi in rispetto. Quest’uomo semplice possiede una virtù alla quale avevo pensato ben poco fino a oggi, persino quando m’è accaduto di praticarla: la bontà? continuerà l’opera mia, più che ampliarla; ma la continuerà bene; lo Stato avrà in lui un servitore onesto e un buon padrone.?

Villa Adriana, Canopo, statue e piscina
Villa Adriana e le Memorie di Adriano, Canopo, statue, piscina

Marc’Aurelio

?Ma lo spazio d’una generazione mi sembrava poca cosa, quando si tratta d’assicurare la sicurezza al mondo? Ti ho conosciuto in culla, piccolo Annio Vero, che oggi, per mio volere, ti chiami Marc’Aurelio. In uno degli anni più belli della mia vita, nell’epoca che segna l’erezione del Pantheon, per affetto verso i tuoi t’avevo fatto eleggere membro del santo collegio dei Fratelli Arvali, al quale presiede l’imperatore medesimo, e che perpetua piamente i più antichi costumi religiosi di Roma; durante il sacrificio, che quell’anno ebbe luogo in riva al Tevere, ti ho tenuto per mano; ho guardato con divertita tenerezza il tuo contegno di bimbetto di cinque anni, spaventato dalle strida del porcellino immolato, ma pure pronto a far del suo meglio per imitare il contegno grave dei grandi. Mi interessai dell’educazione di quel fanciullino troppo serio; aiutai tuo padre a sceglierti i maestri migliori.

Villa Adriana e le memorie di Adriano

Vero, il Verissimo: scherzavo con il tuo nome: tu sei forse il solo essere che non mi abbia mentito mai. T’ho visto leggere con passione gli scritti dei filosofi, vestirti di lana ruvida, dormire sulla nuda terra, costringere il tuo corpo gracile a tutte le mortificazioni degli stoici: atteggiamenti che non mancano di eccesso; ma, a diciassette anni, l’eccesso è una virtù.

A volte, mi chiedo contro quale scoglio farà naufragio tutto ciò, poiché si fa sempre naufragio: sarà una sposa, un figlio troppo amato, uno di quei tranelli legittimi nei quali restano impigliati i cuori più timorati e puri; o sarà più semplicemente l’età, la malattia, la stanchezza, il disinganno che ci avverte che, se tutto è vano, lo è anche la virtù? Immagino, al posto del tuo volto candido di adolescente, il tuo viso stanco di vecchio. Ho fatto il necessario affinché tu fossi adottato da Antonino; con questo nome nuovo, che porterai un giorno nella lista degli imperatori, ormai tu sei mio nipote.

Villa Adriana e le memorie di Adriano, Serapeo da dentro
Villa Adriana, Serapeo da dentro

Credo d’offrire agli uomini l’unica occasione che avranno mai di realizzare il sogno di Platone, di veder regnare su di loro un filosofo dal cuore puro. Hai accettato gli onori con ripugnanza; il tuo rango ti costringe a vivere a palazzo; Tivoli, questo luogo dove io raduno sino all’ultimo tutte le dolcezze che la vita offre, ti preoccupa per la tua giovane virtù; ti vedo aggirarti serio in volto sotto queste pergole fiorite di rose, ti guardo, con un sorriso, attratto dalle belle creature di carne poste sul tuo passaggio, esitare teneramente tra Veronica e Teodoro, e rinunciare subito a entrambi, in favore dell’austerità, mero fantasma.

Villa Adriana, Triclinio estivo
Villa Adriana, Triclinio estivo

Non m’hai nascosto il tuo disdegno malinconico per questi effimeri splendori, per questa corte che si disperderà alla mia morte. Tu non mi ami molto; il tuo affetto filiale va piuttosto ad Antonino. Tu fiuti in me una saggezza opposta a quella che t’insegnano i tuoi maestri, e, nel mio abbandono ai sensi, un metodo di vita in antitesi alla severità del tuo, e che pur tuttavia gli è parallelo. Non importa, non è necessario che tu mi comprenda. Vi è più d’una saggezza, e sono tutte necessarie al mondo: non è male che esse si alternino? Annunciai la mia nuova decisione; nominai Antonino; pronunciai il tuo nome. Avevo fatto assegnamento sull’adesione unanime: l’ottenni. Espressi un’ultima volontà, che fu accettata come le altre: chiesi che Antonino adottasse pure il figlio di Lucio, che così avrà Marc’Aurelio per fratello; governerete insieme; conto su di te affinché tu abbia premure da fratello maggiore per lui. Ci tengo che lo Stato conservi qualche cosa di Lucio.?

Villa Adriana e le memorie di Adriano, alberi
Villa Adriana, alberi

Villa Adriana e Le Memorie di Adriano: Anima e Morte

?La mia anima, se pure ne posseggo una, è fatta della stessa sostanza degli spettri; questo corpo dalle mani gonfie, dalle unghie livide, questa triste carne già per metà in dissoluzione, quest’otre di mali, di ambizioni e di sogni, non è molto più solido né più consistente d’un’ombra? La meditazione della morte non insegna a morire; non rende l’esodo più facile, ma non è questo quel ch’io cerco. Piccola figura imbronciata e volontaria, il tuo sacrificio non ha arricchito la mia vita, ma la mia morte. Il suo approssimarsi ristabilisce tra noi due una sorta d’intima complicità? Penso con disgusto ai tetri simboli delle tombe egizie: l’arido scarabeo, la rigida mummia? Può darsi che in fin dei conti essi abbiano ragione, che la morte sia fatta della stessa materia fluttuante e informe della vita.

Ma tutte le teorie sull’immortalità m’ispirano diffidenza: il sistema delle retribuzioni e delle pene lascia freddo un giudice consapevole della difficoltà d’un giudizio. D’altra parte, mi accade altresì di trovar troppo banale la soluzione opposta, il puro nulla, il vuoto ove risuona la risata d’Epicuro?Quella forza ch’io fui sembra capace ancora di animare parecchie altre vite, di sollevare dei mondi. Se, per miracolo, qualche secolo venisse aggiunto ai pochi giorni che mi restano, rifarei le stesse cose, persino gli stessi errori, frequenterei gli stessi Olimpi e i medesimi Inferi? E, tuttavia, l?esile spalla si agita convulsamente sotto le pieghe della tunica; sento sotto le dita queste lacrime deliziose. Fino all?ultimo istante, Adriano sarà stato amato d?amore umano.?

Villa Adriana e le memorie di Adriano
Villa Adriana e le memorie di Adriano

Piccola anima smarrita e impalpabile, compagna e ospite del corpo, adesso ti avvierai in luoghi senza colore, impervi, desolati, dove non potrai più godere dei tuoi piaceri consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più. Cerchiamo d?entrare nella morte a occhi aperti?

Villa Adriana, iscrizione dal libro della Yourcenar
Villa Adriana, iscrizione tratta da Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar

(nda: tutte le foto sono mie tranne quelle della statua di Adriano e le due statue di Antinoo di gusto neoclassico e quindi relativamente recenti, che, ovviamente, non stanno nella Villa ma ciascuna in un diverso Museo)

The Big Kahuna e il suo Monologo Finale

Argomento: Sul film The Big Kahuna e il suo monologo finale diretto ai giovani

Qualche giorno fa un amico, su Fb, mi ha raccontato che in televisione la sola cosa che riesce a guardare sono vecchi film, di quelli belli, si capisce. Allora mi è venuto in mente ? subito, per un percorso mentale che appartiene alle mie sinapsi più che a me ? un film del 1999, ?The big Kahuna?, girato con circa 7 milioni di dollari (che, anche per il 1999 era un budget davvero basso), diretto da John Swanbeck con uno strepitoso Kevin Spacey, e poi Danny DeVito che finalmente ha avuto l?occasione di mostrare la sua bravura anche in chiave drammatica e il giovane Peter Facinelli. I film migliori, tranne rare eccezioni, sono tratti da commedie o libri, e anche The Big Kahuna è tratto da una commedia teatrale ?Hospitality Suite? di Roger Rueff, che infatti è anche autore della magistrale sceneggiatura del film.

The big Kahuna e il suo monologo finale: De Vito e Spacey
Danny De Vito e Kevin Spacey

Significato di Kahuna

Prima di tutto credo sia giusto spiegare cosa significhi Big Kahuna. Nel dizionario Hawaiano/Inglese, di Mary Kawena Pukui & Samuel H. Elbert (1986), Kahuna viene definito come ?Sacerdote, mago, conoscitore, sciamano, esperto in ogni professione?.

Traducendo letteralmente il termine hawaiano “kahuna” troviamo:

?Ka? ovvero ?luce?, e poi ?Huna? che vuol dire ?segreto?, quindi ?La Luce del segreto? da cui ?Conoscitore della saggezza segreta?. Un ?Kahuna? infatti è principalmente un curandero o sciamano hawaiano, ma, a seconda dell?ambito, può essere un kahuna pule, ovvero ministro di culto, o un kahuna kalai la?au, un falegname, o anche un kahuna kala, un argentiere. In ogni caso sarà un vero esperto di qualcosa, un profondo conoscitore del suo mestiere o quello che, noi occidentali definiremmo un ?pezzo grosso? nel suo campo.

The Big Kahuna e il suo Monologo Finale: Sciamanesimo Hawaiano
Sciamanesimo Hawaiano

The Big Kahuna e il suo monologo finale

La storia si svolge a Wichita, Kansas, in pieno Midwest americano, dove in un albergo tre venditori di lubrificanti industriali devono incontrare nuovi clienti, tra cui l?amministratore delegato di un?importante azienda, quel Big Kahuna che, come fosse un pesce enorme, i tre sono decisi a prendere all?amo per risollevare da un declino irreversibile la società dove lavorano. I tre personaggi Larry, Phil e Bob sono del tutto diversi l?uno dall?altro e fuori da quei clichet che ormai fanno parte del cinema e delle serie televisive: Larry-Kevin Spacey è cinico, politicamente scorretto, semi-alcolizzato, acuto e intelligente; Phil-Danny De Vito è deluso dalla vita, distrutto dal divorzio ma con un lato umano che, per quanto faccia, non riesce a sopprimere; Bob-Peter Facinelli è giovane, privo di esperienza in qualsiasi campo, religiosissimo, ma con quella voglia di ?american dream? che lo rende pronto a fare compromessi con la sua coscienza pur di sentirsi vincente.

The Big Kahuna e una strepitosa sceneggiatura: Le donne in tailleur…

Il diamante nascosto dentro al film

Perché questo film mi è rimasto in mente, in modo così forte, a distanza di 22 anni? Certo, è un film dove bellezza e verità coincidono, così come dovrebbe sempre essere (i due concetti devono coincidere altrimenti non sono, lo teorizzava già Emily Dickinson, tramite una delle sue poesie, nel diciannovesimo secolo), film cinico e toccante a un tempo, perfetto in ogni sua sezione, dalla regia agli attori alla sceneggiatura. Inoltre il 1999 è stato un anno che oggi può rappresentare quella ?linea d?ombra? fra il vecchio mondo capitalista ante internet/smartphone e il nuovo mondo definitivamente iper-capitalista dove la nuova internet ? così diversa dalla ?scatola empatica? immaginata da Philip K. Dick il Genio Visionario nel lontano 1962 in ?Do androids dream of electric sheep?? diventato poi ?Blade runner? ? ha aiutato il nuovo mondo orribile a uscire fuori dalla tana diventando un tutt?uno con esso.

Ma il motivo per cui lo ricordo ancora così bene è per quell?incredibile monologo finale, nel film recitato da una voce narrante fuori campo ed ispirato a un articolo della giornalista Mary Schmich, pubblicato sul Chicago Tribune nel giugno del 1997, dal titolo ?Advice, like youth, probably just wasted on the young.?

Sentirsi sempre fuori sincrono

Ricordo che all?epoca ero ancora giovane, anche se non giovanissima, e quel monologo mi fece un effetto notevole. In fondo mi ero sempre sentita fuori sincrono e quindi ?vecchia? già dai diciassette anni in poi. A rileggerlo adesso, credo che possa avere un effetto dirompente su chi non è più giovane, quel genere di cosa che ti fa dire ?Sì!!! È proprio vero!!!? sperando che possa insegnare qualcosa di importante ai giovani.

The Big Kahuna e il suo monologo finale

?Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare.

Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite. Ma credimi tra vent?anni guarderai quelle tue vecchie foto. E in un modo che non puoi immaginare adesso. Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi! Non eri per niente grasso come ti sembrava.

Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un?equazione algebrica. I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.

Fa? una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!

Non essere crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo.

Lavati i denti.

Non perdere tempo con l?invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro. La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso. Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Se ci riesci veramente, dimmi come si fa?

Conserva tutte le vecchie lettere d?amore, butta i vecchi estratti-conto.

Rilassati!

Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.

Prendi molto calcio. Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.

Forse ti sposerai o forse no. Forse avrai figli o forse no. Forse divorzierai a quarant?anni. Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio. Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse, come quelle di chiunque altro.

Goditi il tuo corpo, usalo in tutti i modi che puoi, senza paura e senza temere quel che pensa la gente. E? il più grande strumento che potrai mai avere.

Balla! Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.

Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai. Non leggere le riviste di bellezza: ti faranno solo sentire orrendo.

Cerca di conoscere i tuoi genitori, non puoi sapere quando se ne andranno per sempre. Tratta bene i tuoi fratelli, sono il miglior legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro. Renditi conto che gli amici vanno e vengono, ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.

Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane. Vivi a New York per un po?, ma lasciala prima che ti indurisca. Vivi anche in California per un po?, ma lasciala prima che ti rammollisca.

Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant?anni, sembreranno di un ottantacinquenne.

Sii cauto nell?accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.

Ma accetta il consiglio? per questa volta.?

Per chi non avesse ancora visto il film, guardatelo, non ve ne pentirete! Accettate il consiglio, per questa volta?

Hemingway Lines to a girl 5 days after her 21st birthday

Stamattina mi sono svegliata con questa poesia di Hemingway Lines to a girl 5 days after her 21st birthday in mente. Di Hemingway ? il miglior maestro, secondo me, per chi vuole imparare a scrivere ? si conosce la sua attività da giornalista e ovviamente i suoi tanti e indimenticabili romanzi, oltre alla vita intensa e spericolata che ha condotto (cosa molto rara per uno scrittore). Così come il finale ? il finale della sua vita – che invece è molto diffuso fra scrittori, poeti e artisti in genere.

Hemingway Lines for a girl 5 days after her 21st birthday. Harry's Bar, Venezia
Hemingway all’Harry’s Bar, Venezia

Hemingway Poeta

L?Hemingway poeta è invece quasi sconosciuto, almeno in Italia. Questa poesia, però, riguarda particolarmente noi italiani, perché racconta la fine di una storia d?amore che si è svolta a Venezia. Una storia d?amore dove lui aveva 30 anni più di lei, lui pluridivorziato e lei di famiglia aristocratica e cattolica e quindi era facilmente destinata a fallire. Hemingway, nella poesia, parla molto anche di Venezia, della Venezia di allora, che era anni luce distante dalla grande e un po? triste vetrina in cui l?hanno trasformata adesso. La fine di questo amore e alcuni angoli di Venezia, dove Venezia sembra fatta soprattutto di grigio e di oscurità (a parte il colore giallo del taxi al Lido), nei suoi versi diventano una cosa sola. Hemingway riesce a raccontare il dolore di questa fine mischiando sarcasmo e sconforto, e creando un cocktail irresistibile come lo Special Daiquiri senza zucchero che era il suo drink preferito. Per qualche motivo che non conosco, ho sempre amato alla follia questa poesia, che potrebbe anche, in parte, essere il testo di una canzone.

Tradurre Poesie

Hemingway Lines for a girl 5 days after her 21st birthday. Hemingway e Adriana Ivanovich
Hemingway insieme alla fidanzata veneziana Adriana Ivancich

Condivido perciò con voi queste ?lines? così particolari e le traduco anche (che Dio ci aiuti) dal momento che non tutti parlano bene l?inglese e le traduzioni internet (tutte, che siano translation google, facebook, wordpress) vanno benissimo per tante cose, ma non per una poesia o per il brano di un romanzo. Quando in una poesia ci sono rime, io credo che, se possibile, vadano preservate; mantenere la stessa metrica, dall’inglese all’italiano è praticamente impossibile, ma una metrica deve comunque esserci, in modo che il ritmo della traduzione, il suono, sia come l’originale. Questo fa sì che ogni tanto qualche aggettivo, qualche verbo risulti diverso dall?originale ma senza mai cambiare il significato di ogni singolo verso.

Hemingway Lines to a girl 5 days after her 21st birthday

Back to the Palace                                                

And Home to a stone                                          

She travels the fastest                                             

Who travels alone                                                     

Back to the pasture                                                                                      

And home to a bone                                                 

She travels the fastest                                              

Who travels alone                                                   

Back to all nothing                                                    

And back to alone                                                      

She travels the fastest                                              

Who travels alone  

But never worry, gentlemen                                   

Because there?s Harry?s Bar                                      

Afderas on the Lido                                                   

In a low slung yellow car                                           

Europeo?s publishing                                                  

Mondadori doesn?t pay                                            

Hate your friends                                                       

Love all false things                                                   

Some colts are fed on hay                                        

Wake up in the mornings                                                                                

Venice still is there                                                     

Pigeons meet and beg and breed                           

Where no sun lights the square                              

The things that we have loved are in the gray lagoon   

All the stones we walked on                                               

Walk on them alone      

Live alone and like it                                                             

Like it for a day                                                                       

But I will not be alone, angrily she said                             

Only in your heart, he said. Only in your head.                  

But I love to be alone, angrily she said.                              

Yes, I know, he answered                                                      

Yes, I know, he said.                                                               

But I will be the best one. I will lead the pack.                                 

Sure, of course, I know you will. You have a right to be  

Come back some time and tell me. Come back so I can see

You and all your troubles. How hard you work all day.   

Yes I know he answered.                                                       

Please do it your own way.                                                     

Do it in the mornings when your mind is cold.                   

Do it in the evenings when everything is sold.                   

Do it in the springtime when springtime isn?t there           

Do it in the winter                                                                     

We know winter well                                                               

Do it on very hot days                                                              

Try doing it in hell.                                                                     

Trade bed for pencil                                                                  

Trade sorrow for a page                                                          

No work it out your own way                                                                          

Have good luck at your age.

(Hemingway, Finca Vigia, Cuba, Dicembre 1950)

Hemingway nella Laguna di Venezia

Versi per una ragazza 5 giorni dopo il suo ventunesimo compleanno

Rieccomi al Palace/ Cimitero e lenzuola/ Lei viaggia più in fretta/ Se viaggia da sola/ Una casa di ossa/ Verso I pascoli ancora/ Lei viaggia più in fretta/ Se viaggia da sola/ Tornato al grande Nulla/ E a una vita da solo/ Lei viaggia più in fretta/ Se viaggia da sola/

Ma è tutto a posto, gente/ Abbiamo l?Harry?s Bar/ Afderas che ci attende/ Al Lido in taxy car/ Scrivo per l?Europeo/ Mondadori non paga/ Odia I tuoi amici/ Amare il falso sembra renda felici/ Qualche puledro anche con poco si appaga/ Mi sveglio che è mattina/ Venezia è attorno a me/ Si accoppiano i piccioni/ Dove il sole non c?è/ In fondo alla laguna c?è quel che abbiamo amato/ E in tutti quei sentieri che abbiamo attraversato/ Camminaci da te/

Vivi da sola e fallo con tutta la tua gioia/ Che dopo un giorno forse proverai una gran noia/ Ma io non sarò mai sola, dice lei impaziente/ Lui: solo nel tuo cuore. Solo nella tua mente. / Ma amo stare sola, continua lei furente/ Lo so, risponde lui/ Lo so, dice lui stanco/ Ma sarò la migliore. Quella che guida il branco/ Di certo lo sarai. Sicuro ne hai il potere/ Torna ogni tanto in zona. Solo a farmi vedere/ Tu e tutti I tuoi problemi. Tu sempre a lavorare./ Sì, le risponde lui/ Fai un po? come ti pare/

Fallo al mattino presto quando ti sei svegliata/ Fallo di sera tardi, quando ogni cosa è andata/ Fallo a primavera, quando non è arrivata/ Fallo anche d?inverno/ Che conosciamo bene/ Fallo nei giorni caldi/ Fallo pure all?inferno/ Scambia il letto con matite/ E il dolore con un foglio/ C’è solo la tua strada, quella che verrà/ Buona fortuna, ragazza, alla tua età.

(traduzione Sandra Azzaroni)

                                                      

                                                  

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