I GABBIANI DI ROMA E LE ARMI DI NEW YORK

Questo titolo ?I gabbiani di Roma e le armi di New York? può sembrare strambo, ma ha un suo senso che vi risulterà molto chiaro non appena ve l?avrò spiegato.

La maggioranza degli italiani non ama molto gli animali

È noto che gli italiani non sono grandi amanti degli animali. Basti pensare alla caccia alle streghe lanciata in Trentino dal governatore leghista Fugatti, ossessionato da quei pochi e maltrattati orsi che si aggirano nelle ultime foreste trentine: dipendesse solo da lui li ucciderebbe tutti come fossero zanzare. L?orsa JJ4 è stata condannata a morte perché ha aggredito e, purtroppo, ucciso, un ?runner? informato così male riguardo alla natura da andare a correre proprio nella zona dove vivono gli orsi, con l?aggravante che in questo periodo ci sono gli orsetti cuccioli che le mamme, come JJ4, devono proteggere; perché le orse non buttano nei cassonetti i propri figli ma li proteggono e difendono fino all?ultima goccia di sangue che hanno in corpo. Inoltre, come anche i bambini sanno, se un predatore ti vede correre tu diventi automaticamente una preda e lui ti deve catturare. A funzionare così è la natura, e prima di inoltrarcisi dentro sarebbe bene mostrare alla natura un po? di rispetto, studiandone almeno le caratteristiche principali.

JJ4 con uno dei suoi cuccioli
L’orsa JJ4 con uno dei suoi cuccioli

Nel frattempo per JJ4 sono stati trovati due santuari-rifugio all’estero pronti ad accoglierla, ma niente da fare: Fugatti, come se fosse Dio, si oppone anche al trasferimento. Ma non basta ancora, l?ossessionato governatore vuole uccidere anche un altro orso, MJ5 perché, pur non avendo mai fatto del male a nessuno, sembra essere molto diffidente quando incontra esseri umani. Ma nemmeno l?esatto contrario va bene: un altro orso considerato pericolosissimo e quindi da uccidere, M62, aveva la colpa di essere troppo affabile con gli umani, ed infatti questa fiducia è stata forse la causa della sua morte: pochi giorni fa è stato ritrovato misteriosamente morto. Qualcuno fra voi è così ingenuo da aspettarsi un?autopsia seria e non di parte, ammesso che venga fatta veramente?

E mentre continuiamo a domandarci che cosa mai abbiano fatto i plantigradi a Fugatti per suscitare la sua ?ira funesta? passiamo rapidamente al resto del paese Italia.

L?odio per lupi, cani, gatti, piccioni, pipistrelli, cinghiali eccetera eccetera

Dal Trentino passiamo rapidamente al resto del nostro paese per trovare i lupi massacrati di recente da cacciatori o allevatori di povere mucche e pecore e poi appesi a segnali stradali come barbaro monito. Parlando di cani, invece, sottolineiamo subito che, se il cane è il migliore amico dell?uomo, l?uomo non è di sicuro il migliore amico del cane. La maggior parte dei cani vengono trattati malissimo dai padroni, che spesso li tengono legati alla catena h24, li riempiono di botte, li abbandonano, gli fanno fare lotte contro altri cani, per non parlare dei randagi, o semi-randagi che incontrano gente orribile che si diverte a torturarli molto più spesso di quanto si possa immaginare, per poi finire al canile e da lì, tranne pochi casi fortunatissimi, alla morte. Nelle città, i gatti di strada, invece, vengono direttamente e silenziosamente ?terminati?, o venduti ai vari istituti che utilizzano la vivisezione come feroce e antiquato metodo di ?sperimentazione clinica?, o nella migliore delle ipotesi vengono rinchiusi in quelle che chiamano ?colonie feline?: per chi non lo sapesse ricordo che in natura i gatti vivono da soli o in piccoli gruppi familiari di tre, quattro individui al massimo. Gli unici felini che vivono in branco sono i leoni. Una delle tante contraddizioni italiane: il gatto è l?animale più amato su internet, le case degli italiani sono piene di gatti e il cibo per gatti un vero business ma alla gente non piace vederli in giro. Così come alla gente non piace vedere le api e gli altri insetti impollinatori, visto che ? alla faccia della transizione ecologica e tanti nuovi termini che contengono il nulla ? perfino in Europa che, in teoria non è la Cina, sono stati allegramente riconfermati gli ultimi anti-parassitari della Bayer-Monsanto e di altri giganti della Big Pharma che stanno letteralmente facendo strage di api e di ogni insetto impollinatore.

L?insofferenza di Roma per gli animali?

E adesso passiamo a Roma, città bellissima e contemporaneamente infernale. Dove i suoi abitanti non fanno che lamentarsi degli animali con cui dovrebbero coabitare. I romani odiano i piccioni perché sono ?topi con le ali? (solo Dio sa perché?), odiano i pipistrelli perché, pur essendo le uniche creature che ci liberano dagli insetti nocivi, considerano i pipistrelli pericolosi e minacciosi (in realtà dovrebbero solo considerarli quasi estinti, grazie agli antiparassitari e all?inquinamento in primis), hanno fatto una campagna di anni contro i cinghiali, considerati alla stregua di demoni cattivissimi scappati in massa dall?Inferno. Un esempio: mi è capitato di sentire una signora dell?alta società, proprietaria di sei o sette ville con grande piscina annessa e diversi ettari di terreno, il tutto all?interno di uno dei parchi più belli e, in teoria, più incontaminati di Roma, lamentarsi per via dei cinghiali che entravano nella ?sua proprietà? e scavando buche creavano disordine. Avrei tanto voluto spiegarle che non sono i cinghiali a invadere la sua proprietà, ma lei ad aver invaso la loro.

Ma ormai il nuovo governo di iper-destra ha sistemato tutto: con immensa gioia dei cacciatori, degli amanti del sangue, soprattutto se scorre facile, dei proprietari di tenute e villone all?interno di parchi pubblici ? ottenute chissà come o, nel migliore dei casi, condonate ? e di chiunque possa considerare ?disordine? le buche scavate dai cinghiali in cerca di radici per sfamarsi, è possibile scendere per strada e sparare ai cinghiali, di qualsiasi età, in qualsiasi periodo, in qualsiasi zona. Evviva.

I gabbiani di Roma e i giornalisti americani

E finalmente arriviamo al punto. A Roma, fra i tanti animali maestosi e fieri, abbiamo Il gabbiano reale (Larus michahellis), lungo fino a 60 cm, con un’apertura alare che può arrivare ai 140 cm. L?adulto ha le parti inferiori bianche così come testa e coda mentre le parti superiori sono grigie e le punte delle ali nere e bianche. Ha zampe gialle con grossi piedi palmati, il becco è massiccio e giallo con una macchia rossa nella mandibola.

Gabbiano su fontana a Campo de’ Fiori, Roma

In Italia i gabbiani reali nidificano con una popolazione stimata fra le 24000 e le 27000 coppie, principalmente nelle isole più piccole. Ma negli ultimi anni, attirati dalla gran quantità di immondizia abbandonata all?aperto, i gabbiani hanno colonizzato diversi centri urbani, fra cui Roma. Ovviamente i romani si sono lamentati anche per i gabbiani, ma non eccessivamente. Di solito i gabbiani volano, e volano in alto, e non sono molte le ore in cui scendono a terra, fra i rifiuti. Eppure, per una volta che i romani non si lamentavano dell?ennesimo ?terribile? animale, un giornalista americano, @JasondHorowitz del New York Times, qualche tempo fa, si è sentito talmente indignato dalla visione dei gabbiani romani da scriverci su addirittura un lungo e appassionato articolo, di cui citerò qualche frase:

?Roma è una città sporca, assediata da gabbiani, attratti nel cuore della capitale da rifiuti che abbondano ad ogni angolo della città eterna. Non hanno alcun timore di avvicinarsi alle persone, le attaccano e sembrano i padroni del territorio.? E del resto, il titolo del furibondo articolo è: ??When in Rome, Sea Gulls do as they please? ovvero ?A Roma, I gabbiani fanno quel che gli pare e piace?.

I gabbiani di Roma e le armi di New York: gabbiano a Castel Sant'Angelo, Roma
Gabbiano su angelo di fronte a Castel Sant’Angelo

Wow!!! Sono veramente curiosa di sapere dove, qui a Roma, il signor Horowitz abbia visto un gabbiano ?attaccare le persone? perché io, nel corso di decenni, in quelle rare volte in cui ne ho visto uno che non era appollaiato troppo in alto, ho sempre provato ad avvicinarmi, silenziosamente e a volte anche con del pane da dargli ? per riuscire ad accarezzarlo o a fotografarlo da vicino – ma il gabbiano è sempre fuggito. E che a Roma i poveri gabbiani facciano ?as they please? è parimenti falso, oltre che ridicolo. Dispiace contraddire il NYTimes ma qui a Roma i gabbiani sono sempre molto circospetti, vivono la città esclusivamente dall?alto, non solo per controllare meglio le possibili risorse di cibo ma anche e soprattutto perché temono gli esseri umani e, ben lungi dall?attaccarli, evitano proprio di trovarglisi vicino.

Gabbiano sul balcone, Roma centro

Perché se parliamo di immondizia è vero, la raccolta di rifiuti a Roma, pur se costosissima per noi cittadini, non funziona minimamente. Noi paghiamo ? tanto ? per un servizio che non ci viene fornito. A voi il piacere di scegliere il nome da dare a questa simpatica pratica. Che è rimasta la stessa con tutte le amministrazioni, di varie parti politiche, che sono venute una dopo l?altra negli ultimi trenta anni.  Perché il sistema di Roma, ormai, è così corrotto, sproporzionatamente fallato, da far pensare a una pianta completamente marcia, che non possa più essere salvata. Bisognerebbe espiantarla e ricominciare dall?inizio, con tutto un nuovo e differente sistema, altrimenti è inutile. Ma, in tutto questo, cosa hanno a che fare i gabbiani? Perché raccontare una versione delle cose del tutto falsa e anti-animalista?

Le armi di New York

A questo punto, quello che mi suscita qualche riflessione è: il NYtimes considera i gabbiani di Roma come creature pericolose, cattive, tanto da meritare una reprimenda addirittura dagli Stati Uniti d?America. Ma forse, se si parla di pericolo, @JasonHorowitz e amici non dovrebbero invece pensare al problema ? tutto loro ? delle armi? Solo per parlare di New York, due anni fa è stata fatta una legge per cui non si poteva entrare armati a Times Square. Una piazza sola, quindi. Beh, qui a Roma avremo pure i ?terribili gabbiani?, ma tutte le nostre piazze sono ?gun free?. Eppure, anche una sola piazza di New York libera da armi ha scatenato la furia dell?NRA, la potentissima lobby americana delle armi, tanto che la Corte Suprema americana ha subito dichiarato anticostituzionali le nuove regole di New York sulle armi schierandosi di fatto a sostegno di chi chiede una maggiore diffusione delle armi. Il tutto a poche settimane dalle due orribili stragi a Buffalo, New York e Uvalde, Texas.

I gabbiani di Roma e le armi di New York
Gabbiano a Campo de’ Fiori, Roma

I gabbiani di Roma e le armi di New York

Nel 2020 il New York Time fece un?inchiesta da cui è risultato che nel mese successivo al massacro della Sandy Hook Elementary School, dove morirono in 27, quasi tutti bambini fra i 6 e i 7 anni, gli americani hanno acquistato circa 2 milioni di pistole. E ogni volta che in America c?è un attacco di qualsiasi tipo, la vendita delle armi sale vertiginosamente. Perfino nei primi mesi della pandemia hanno venduto una marea di armi. Cosa pensavano di fare, di sparare al virus?

Gli americani hanno una sorta di ossessione compulsiva e narcisista per le armi da fuoco, questo è un fatto. Un fatto terribile quanto innegabile. Proprio come il governatore Fugatti ha una compulsione narcisista nei confronti dei poveri orsi. Per Fugatti non c?è niente da fare, ci vorrebbe una abbondante aggiunta di neuroni, ma al giornalista americano, che come me racconta storie, posso provare a far cambiare idea sui nostri gabbiani raccontando la storia di Emilio, gabbiano romano molto speciale.

Emilio, gabbiano romano

Emilio, gabbiano romano

Il gabbiano Emilio deve il suo nome alla Basilica Emilia, nel Foro Romano, dove ha scelto di nidificare. Gli archeologi che lavorano nel Parco Archeologico del Colosseo hanno raccontato che tutti gli anni, a luglio, Emilio si allontana e vola per ben 750 km verso nord, sorvola le Alpi e se ne resta ?in vacanza? per qualche mese sul Lago di Costanza, in Svizzera.

Quando è di nuovo inverno e per il gabbiano reale si avvicina la nuova stagione riproduttiva, eccolo tornare a Roma, puntuale come un orologio, nel suo nido accanto al Colosseo. I dati che lo riguardano sono rilevati ed elaborati da Ornis italica, un?associazione non-profit formata da biologi e scienziati ambientali con cui il Parco ha siglato un protocollo d?intesa.

Inoltre, sulla pagina Facebook del Parco archeologico del Colosseo è stata pubblicata una mappa che mostra tutti i voli effettuati finora da sei gabbiani che risiedono nel Foro Romano.

L?etologo Claudio Carere dice: ?Nelle grandi città del nord Europa o a Napoli i gabbiani sono parte della collettività e quindi, come succede anche con esseri umani che vengono da paesi lontani, con culture diverse dalla nostra il conflitto diminuisce quando c?è la conoscenza. Per esempio il gabbiano sul becco ha una specie di bottone che se premuto fa rigurgitare la preda nel becco del piccolo. Vedere questa scena è commovente, e se hai un cuore cambierai subito la tua idea negativa sui gabbiani. Inoltre il gabbiano non attacca l?uomo, non ne ha motivo. Ovviamente se mi avvicino a un nido, anche per sbaglio, i genitori cercheranno di allontanarmi, ma mai con violenza.?

In breve: impariamo a coabitare con gli animali che appartengono all?area in cui viviamo, impariamo a rispettarli e a conoscerli, e ogni cosa andrà bene. Se nelle grandi città del SudAfrica come Durban, Cape Town, la popolazione si è abituata perfettamente a coabitare con serpenti di ogni genere, dai velenosissimi mamba e cobra reali, fino ai muscolosi pitoni, o Bera, cittadina del Rajasthan, India, dove da tempo umani e leopardi convivono in perfetta armonia, e i leopardi sono trattati come ?animali guardiani? dalla popolazione (e il fatto che passeggino indisturbati per le vie della cittadina mentre gli abitanti li salutano abbassando lo sguardo, in segno di reverenza, attira anche molti turisti) allora capiremo quanto insensate e patetiche siano le nostre paure.

Con le armi da fuoco, invece, non si può convivere. Durante l?amministrazione Biden gli Stati Uniti hanno avuto più di 690 sparatorie di massa. Solo nel 2021 45.000 morti, di cui più di 1500 erano bambini o giovani adolescenti. Tutte vittime sacrificate ad un business da 240 miliardi di dollari l?anno, che l?America ?is pleased to call it democracy?. (L?America si compiace di chiamarla democrazia).

Altri articoli animalisti scritti su questo blog potete trovarli tutti nella categoria In the name of. Grazie!

UOMINI CHE ODIANO I LUPI

Uomini che odiano i lupi: lupo grigio

Gli uomini che odiano i lupi sono tanti, proprio come gli uomini che odiano le donne, e nonostante i lupi siano diminuiti in modo tristemente notevole su tutta la superficie terrestre, l?odio di questi uomini non diminuisce, anzi, se possibile aumenta. In alcuni luoghi della Terra il lupo è completamente estinto e in altre zone, come l?Italia, per scongiurare l?estinzione ormai prossima sono nati progetti di reinserimento del lupo nella fauna dei principali parchi nazionali, non solo perché il lupo è un animale meraviglioso che appartiene al nostro Paese, ma anche perché è fondamentale per mantenere stabile l?ecosistema. Basta informarsi sulla cascata trofica avvenuta a Yellowstone, USA, in seguito all?estinzione dei lupi per capire come siano importanti. Attualmente si contano circa 3300 lupi in tutto il territorio nazionale, ma si calcola che ogni anno siano almeno 300-400 i lupi che vengono massacrati dall?uomo.

Uomini che odiano i lupi: cucciolo di lupo grigio
Uomini che odiano i lupi: cucciolo di lupo

Chi sono dunque gli uomini che odiano i lupi? Nessun animale, come il lupo, è simbolo della natura selvaggia, della bellezza, della libertà, della magia, della socialità, delle culture antichissime di quasi tutto il mondo. Gli uomini che odiano i lupi non a caso odiano tutto ciò che non è ?loro proprietà? e non potrà esserlo mai, come la natura, la bellezza, la cultura.

UOMINI CHE ODIANO I LUPI: LUPI MASSACRATI IN ITALIA NEGLI ULTIMI ANNI

Questi che seguono sono solo alcuni esempi, particolarmente significativi per ferocia e meschinità, presi dai tanti episodi di lupi massacrati di recente dall?uomo in Italia.

2017: Coriano, provincia di Rimini, lupo appeso alla fermata dell?autobus dopo essere stato seviziato con un forcone e ucciso fracassandogli il cranio.

Uomini che uccidono i lupi: Coriano, Rimini, lupo ucciso e appeso a fermata bus
Coriano, Rimini: lupo ucciso e appeso alla fermata dell’autobus

2017: Pitigliano, provincia di Grosseto, lupo decapitato e con la coda mozzata abbandonato in mezzo alla strada.

2017: Pergola, provincia di Pesaro, lupo decapitato e abbandonato in uno spartitraffico.

Uomini che odiano i lupi: Pergola, Pesaro, lupo decapitato
Pergola, Pesaro: lupo decapitato abbandonato in uno spartitraffico

2017: Rocca Priora, provincia di Roma, lupo inchiodato per una zampa ad un palo ed esposto sotto il portale di ingresso al paese.

2017: Parco nazionale d?Abruzzo, zona Opi, cinque cuccioli di lupo, nati da meno di un mese, ritrovati uccisi, probabilmente avvelenati o soffocati.

2020: Marcellinara, provincia di Catanzaro, lupo avvelenato e poi impiccato al cartello di entrata del paese

Uomini che odiano i lupi: Marcellinara, CZ, lupo avvelenato e appeso al cartello del paese
Uomini che odiano i lupi: Marcellinara, Catanzaro, lupo avvelenato e appeso all’entrata del paese

2022 Provincia di Ancona, tre lupi ritrovati nelle campagne marchigiane, uccisi uno al laccio, uno colpito da un proiettile, il terzo avvelenato. Due lupi erano dotati di radiocollare.

2022: Caprara, al centro di Monte Sole, nel Parco dell?Emilia orientale, un intero branco di lupi è stato eliminato per avvelenamento tramite pesticidi pericolosissimi, il Brodifacoum e il Bromadiolone, che sono però liberamente in vendita e facilmente acquistabili. Il responsabile dell?area Ambiente dell?Ente Parco Emilia Orientale, David Bianco ha detto ?È un fatto gravissimo, anche perché a Monte Sole non ci sono pecore o altri allevamenti, e i lupi vivono in equilibrio, senza creare problemi?.

2022: Valchiavenna, provincia di Sondrio, un lupo è stato ucciso, decapitato e la sua testa attaccata a un cartello stradale con ? in aggiunta ? un foglio con su scritto ?I professori parlano, gli ignoranti sparano?

Uomini che odiano i lupi: provincia di Sondrio, lupo decapitato e testa appesa con scritta "Gli ignoranti sparano"
Sondrio: lupo decapitato e la testa appesa a cartello stradale insieme a scritta

GLI IGNORANTI SPARANO

I criminali che hanno ucciso e decapitato poche settimane fa un lupo a Sondrio una cosa giusta l?hanno detta: ?Gli ignoranti sparano?. Infatti, nel secondo millennio d.C. tutti quelli che considerano ancora la caccia uno sport e si divertono ad andare a sparare a piccole creature come uccelli e lepri con fucili potentissimi, hanno di sicuro una cosa in comune: l?ignoranza e la ferocia. Per quanto riguarda il lupo dobbiamo ricordare che in Italia è una specie protetta rigorosamente dalla legge e chi gli fa del male o lo uccide rischia fino a tre anni di carcere (purtroppo solo in teoria). Eppure, gli assassini di lupi di Sondrio sono orgogliosi della propria ignoranza e se ne vantano. Questa è una novità molto triste che va però a braccetto col percorso che sta facendo il mondo. Potremmo aggiungere che, in Italia di sicuro ?gli ignoranti vengono eletti in Parlamento?, che ?gli ignoranti governano?, che spesso ?gli ignoranti fanno i giornalisti?, che ancora più spesso ?gli ignoranti fanno ottime carriere? e anche che ?gli ignoranti sono una razza trasversale, sia politicamente che socialmente: si va dal coatto al radical chic, dall?uomo di estrema destra a quello che si dichiara moderato?. Il nostro mondo, ormai, è un mondo dove solo nascere in una famiglia ricca e potente può garantirti una vita decente. Se non sei ricco ma sei ignorante e feroce, privo di ogni scrupolo, avrai comunque delle opportunità da poter sfruttare.

UOMINI CHE ODIANO I LUPI: IL CULTO DEL LUPO NEI MILLENNI

I nativi d?America hanno sempre ritenuto che l?osservazione attenta dei lupi e dei loro comportamenti ci possa aiutare a guarire interiormente: da qui il termine ?la medicina del lupo?, che è di base una medicina dell?anima. Ti aiuta a immagazzinare forza interiore con cui affrontare le sfide che incontrerai nella vita. Il lupo, non a caso, è sempre stato considerato un animale sacro dai nativi d?America.

Uomini che odiano i lupi: disegno di lupi e nativi d'America
Lupi e Nativi d’America

Il lupo è al centro anche degli antichi miti norreni: i suoi occhi sono molto luminosi di notte e questo fa sì che rappresenti la Luce Primordiale.

Nell?antica mitologia greca, l?aurora veniva chiamata anche ?lykauges?, ovvero ?luce dei lupi?, perché grazie al loro tapetum lucidum, strato riflettente a forma di mezzaluna situato dietro la retina, riescono a vedere anche al buio.

In Siberia il lupo rappresenta la fecondità, per i turchi e i mongoli è l?antenato del conquistatore Gengis Khan: il lupo celeste è il compagno della cerva bianca, che rappresenta la terra da cui nascono eroi e famosi guerrieri, mentre il lupo bianco, Fenrir fu associato, negli antichi miti nordici al dio della vittoria Tyr, ed alla di lui runa Taiwaz, ma anche al Dio Apollo presso le antiche popolazioni greche e romane. In greco antico lupo si diceva ?lukos?, e ?lukios? era uno degli appellativi di Apollo, come luke, lux, luceo, liceo, tutti riferimenti al lupo, animale a lui sacro, e alla terra di Licia, la regione nella quale era nato Apollo. Il bosco sacro che circondava il tempio di Apollo era inoltre chiamato lukaion, ovvero regno del lupo; Aristotele vi teneva le sue lezioni: da qui l?origine della parola liceo. Sembra ovvio che un animale sacro che ha dato il nome a un?istituzione creata per la conoscenza come il liceo non possa essere amato da chi è fiero della propria ignoranza.

Uomini che odiano i lupi: lo splendido lupo bianco
Uomini che odiano i lupi: il lupo bianco

Nei musei di Perugia e Volterra sono conservati dei vasi funerari etruschi raffiguranti il lupo che si affaccia dalla caverna in comunicazione con l?altro mondo. Infatti anche il lupo era visto come una delle creature che sorvegliano l?entrata del mondo dei morti e le sue fauci simboleggiavano l?antro dell?aldilà, da cui una volta entrati non si fa più ritorno.

Antico mascherone in bronzo con faccia di lupo per fontana: Capua, Eboli
Antico mascherone in bronzo per fontana raffigurante lupo ritrovato a Capua, Eboli

Da ?IL PATIBOLO? di AJTMATOV, SCRITTORE KIRGHISO, 1986

?Ma ecco il cielo tuonare: di nuovo gli elicotteri. Questa volta volarono bassi e minacciosi sopra i gruppi di antilopi. Tutto avvenne in maniera brusca e imprevedibile, alcune centinaia di antilopi impazzite si abbandonarono al panico totale non avendo resistenza alcuna da opporre ai motori dell?aviazione. Era proprio ciò che gli elicotteri si proponevano. Schiacciando a terra la mandria in fuga e superandola la costringevano a scontrarsi con un?altra e poi un?altra e un?altra coinvolgendo così in questo finimondo masse sterminate di abitanti della savana. E non solo di antilopi ma anche di lupi.

Akbara e i suoi fuggirono a rotta di collo alla ricerca di un rifugio sicuro. Ma era destino che non lo trovassero. I lupi si trovarono mischiati a quel torrente largo e turbinoso che incalzava. Si trovavano ora imprigionati in quella grande fuga generale, incredibile e inverosimile? Più di una volta Akbara aveva cercato di uscire da quel torrente, ma invano, ogni volta rischiava di essere travolta da centinaia di antilopi. Nel rabbioso, mortale galoppo, la famiglia di lupi si teneva ancora unita e Akbara riusciva a controllarli tutti. Vedeva che i suoi figli acceleravano, strabuzzavano gli occhi per lo spavento? Preferita fu la prima a crollare. Cadde travolta da migliaia di zampe. Il suo grido fu coperto all?istante dallo scalpitare di una mandria di zoccoli??

IL FUTURO DEL LUPO E DEL MONDO

Credo che il futuro del lupo non sia roseo, purtroppo: l?essere umano aumenta in numero, in avidità e in ignoranza. L?essere umano, poi, è anche così stupido da non riuscire a comprendere perché mai la fine del lupo dovrebbe essere connessa alla fine dell?uomo. Ancora una volta: se il mondo non cambia subito e prepotentemente direzione, la nostra vita diventerà sempre più triste, priva di senso e di futuro.

L?Urlo della Farfalla Morta

Oggi, nel mio giardino ho trovato una farfalla morta. Era un podalirio, una delle farfalle più belle che abbiamo in Europa, dall?apertura alare di quasi 8 cm, così grandi e leggere che sembrano ?veleggiare? quando soffia un po? di vento, e ti lasciano senza fiato per quanto sono delicate, eleganti e meravigliose.

L'urlo della farfalla morta. La mia farfalla trovata morta
L’urlo della farfalla morta: la mia farfalla ormai morta

La farfalla che ho trovato morta, in particolare, non era una sconosciuta. La riconoscevo perché, da circa un mese aveva perso la punta di una delle ali, forse perché sbattuta dal vento contro un muro o un albero o magari durante un tentativo di cattura da parte di un uccello. La vedevo quasi tutti i giorni, almeno da maggio, e passava ore nel nostro giardino per via della buddleia, i cui fiori dal forte profumo di vaniglia attirano le farfalle e le api.

La mia farfalla a maggio, sulla pianta di Buddleia

Vita e morte della farfalla

La farfalla si era così abituata alla mia presenza che riuscivo anche a farmela salire sul dito. Immagino che sia stato proprio tutto l?insieme: fiori buoni da mangiare, umani amichevoli, una gatta anziana che di sicuro non avrebbe mai rappresentato un problema a farle decidere di fermarsi a dormire nel nostro giardino. Quando stanotte, i maledetti vicini che fanno disinfestazioni contro le zanzare – anche in questo periodo in cui le zanzare quasi non ci sono – hanno sparso nell?aria i loro antiparassitari hanno avvelenato la mia farfalla. Poco distante ho trovato morto anche un piccolo geco, nato da poco, ancora quasi trasparente. Il fatto che sia morta, quindi, proprio perché credeva di stare al sicuro, mi fa sentire in colpa e disgustata dagli esseri umani.

L'urlo della farfalla morta. La farfalla sul mio dito
La farfalla sul mio dito

La morte di tutto il mondo

Io mi rendo conto che per molte persone la morte di una farfalla non sia niente, così come la morte della bellezza, della giustizia, dell?empatia, ma in questo momento ? almeno per me ? la morte di questa farfalla rappresenta la morte del mondo intero. La morte di questa farfalla è simbolo di una società dove gli animali vengono massacrati, sfruttati, schiavizzati, brutalizzati, uccisi nell?indifferenza totale. Un mondo dove l?ambiente viene inquinato, il pianeta ucciso pezzo dopo pezzo, ancora nell?indifferenza generale, a eccezione di quei pochi che, purtroppo, non fanno testo proprio perché pochi.

L'urlo della farfalla morta. La sua ultima foto da viva
L’urlo della farfalla morta: la sua ultima foto da viva

La gente si domanda da dove viene il Covid-19. Io posso rispondere: guardatevi allo specchio. Voi siete i genitori, il padre e la madre del virus, perché, nel vostro menefreghismo e nella sola adorazione del Dio Denaro avete creato le condizioni ideali perché il Covid potesse nascere e diffondersi. E il prossimo virus o batterio o patogeno di altro genere sarà più cattivo, molto più cattivo di quello attuale e perfino allora ? ne sono convinta ? continuerete a fregarvene del mondo inseguendo un sogno fatto di banconote.

L’Urlo della Farfalla Morta

Jim Morrison disse: ?Prima di morire voglio sentire, voglio sentire l?urlo della farfalla.?

Io oggi quest?urlo l?ho sentito. La farfalla ha urlato forte nella mia mente ed è stato un grido che non posso dimenticare. Quando l?ho trovata non era ancora morta, muoveva lentamente una zampina; allora le ho fatto una specie di lettino in una scatola, con erba fresca e un fiore di buddleia proprio davanti, per confortarla con quel profumo negli ultimi suoi momenti di vita.

Sono così triste e furiosa e so ? adesso lo so con certezza ? che da ora in poi dedicherò quello che resta della mia vita, oltre che alle persone che amo, a perseguire quelli che maltrattano e massacrano gli animali. Come diceva Sylvia Plath in Lady Lazarus:

?Herr God. Herr Lucifer. Beware. Beware.?

Dikeledi leopardo diverso

Dikeledi leopardo diverso

I leopardi, fra tutti i felini, sono quelli che potremo definire i più spirituali. Quando cacciano entrano in uno stato di concentrazione assoluta, focalizzati sull?obbiettivo ma, contemporaneamente, assorti in uno stato di meditazione, in modalità assolutamente zen. Mentre gli altri felini e i predatori in generale tengono le orecchie sempre ben tese in ogni momento della caccia per captare ogni possibile rumore, il leopardo, appena individuata la preda, abbassa le orecchie in modo che i folti ciuffi di pelo fungano da tappi, cancellando l’udito. Nulla deve distrarlo dalla meditazione, se vuole avere successo nel suo attacco.

Dikeledi leopardo diverso

Dikeledi leopardo diverso: lo zen e il tiro con l’arco

Questa peculiarità dei leopardi mi ha fatto pensare a un libro bellissimo ?Lo zen e il tiro con l?arco?, di Eugen Herrigel, che ci spiega in che modo l?arciere, secondo la filosofia di antichi maestri di ky?d?, o arte del tiro con l?arco, prende la mira diventando tutt?uno col bersaglio:

?Il tiro con l?arco ora come allora è una faccenda di vita o di morte, in quanto è lotta dell?arciere con se stesso; e una lotta di questo genere non è un mistero surrogato, ma il fondamento di ogni lotta rivolta all?esterno ? e sia pure contro un avversario in carne e ossa.

? Oppure, per servirmi di espressioni care a quei maestri, bisogna che l?arciere, pur operando, diventi un immobile centro.?

Storia di Dikeledi

La sua stessa modalità di caccia fa sì che il leopardo operi come un fantasma, come uno spirito nei sogni degli altri animali. In questo articolo, però, racconto la storia vera di un leopardo ?diverso?, Dikeledi, che in Tswana significa ?Lacrime?. Al contrario della sua mamma meravigliosamente perfetta, Dikeledi nasce goffo. Fin da piccolo soffre di vertigini e fa molta fatica a salire sugli alberi, dove i leopardi vivono quando non cacciano.

Gli alberi, come la kigelia africana, detto anche ?albero delle salsicce? sono la casa dei leopardi: li usano per mettere al sicuro le prede e sono anche una via di fuga quando un leopardo si sente in pericolo e deve scappare dalle iene, dai licaoni e dai leoni che non sono capaci di arrampicarsi così bene e in alto come i leopardi.

La difficoltà che Dikeledi prova nell?arrampicarsi, quindi, non è una cosa da poco, ma un vero e proprio handicap. Quando a fatica sale sull?albero ci rimane per giorni e si abbandona a lunghi sonni. Un giorno viene risvegliato all?improvviso da un uccello zecca e riesce ad ucciderlo. È la sua prima preda, e per sopprimerla quasi cade giù dall?albero.

Il tempo passa e Dikeledi non è più un cucciolo, ma le sue capacità di vivere come un leopardo normale non sono migliorate. Sua madre, però, non lo abbandona. Diventa la sua migliore amica e continua a procurargli il cibo e a supportarlo in ogni modo.

Dikeledi leopardo diverso

Dikeledi cerca di emanciparsi

Poi, la mamma di Dikeledi si accoppia di nuovo, e un nuovo cucciolo di leopardo viene al mondo, ed è la prima volta che Dikeledi incontra un altro leopardo maschio. Questo lo convince a cercare di rendersi autonomo. Trova una zebra nata morta e se la mangia: da quel momento cerca di nutrirsi di carogne, ma nella savana ci sono molti saprofagi che non gradiscono la sua concorrenza. Ha un incontro quasi fatale con una iena molto grossa e arrabbiata; Dikeledi rischia la vita ma gioca d?astuzia e in qualche modo riesce ad ingannarla e a farla scappare.

Ha un altro incontro ancora più pericoloso con una mamma facocero, e ancora una volta riesce a distrarre la sua nemica spiazzandola col suo comportamento stravagante: finge che ci siano mosche inesistenti e poi si allontana silenziosamente, senza abbassare la testa.

Dikeledi leopardo diverso: leopardo su albero
Leopardo su albero

Dikeledi leopardo diverso: il suo mondo segreto

Finalmente riesce ad affrontare un nemico ed uccide uno degli sciacalli che lo tormentano. Questo è un grosso passo avanti, ma non può continuare a vivere in questo modo: gli alberi non fanno per lui e non può lottare contro branchi di saprofagi per il possesso delle carogne. Essendo un leopardo particolare deve trovare qualcosa di particolare in cui poter dare il meglio.

E alla fine riesce a trovare il suo mondo segreto e ideale nella palude. All?alba, nella nebbia è invisibile e grazie a olfatto e udito riesce a inseguire odori e rumori anche senza vedere le forme degli animali da cacciare, o percependo tratti di forme quasi spettrali e solo appena visibili.

Impara con improvvisa facilità a muoversi come un cacciatore perfetto e diventa un felino palustre. Lontano dagli alberi e dalla foresta Dikeledi diventa un vero leopardo. Un fantasma. Uno spirito nei sogni degli altri animali.

Dikeledi leopardo diverso: la distruzione dei leopardi

In Botswana i leopardi sono protetti. Ma in 5 anni 250.000 leopardi sono stati uccisi e negli ultimi 50 anni sono scesi da 700.000 a 50.000 e il massacro continua.

Tra i grandi felini il leopardo è la specie più diffusa al mondo: si trova in Africa, in Medio Oriente e in Asia. In passato il suo habitat si estendeva su un?area di 35 milioni di chilometri quadrati distribuiti in queste regioni, mentre oggi si è ridotto a soli 8,5 milioni.

In media l?estensione delle aree popolate dal leopardo è diminuita del 25-37 per cento, con punte del 98 per cento nella penisola araba, in Cina e nel Sudest asiatico. Qui il leopardo è minacciato tanto quanto la tigre tra i grandi felini più a rischio estinzione nel mondo.

Le minacce che i leopardi devono affrontare sono tante. Il loro habitat viene trasformato in terreni coltivati, e le zone in cui possono vivere sono sempre meno, più piccole e isolate l?una dall?altra. Ma anche le aree dedicate agli allevamenti sono aumentate e gli agricoltori uccidono i leopardi per paura che possano attaccare il bestiame, un po? come succede per gli orsi e per i lupi in quasi tutto il mondo a iniziare dall?Italia (ricordiamo il Trentino e l?orso M49). Ovviamente se i leopardi (e gli orsi, e i lupi) avessero il loro habitat potrebbero cacciare solo specie selvatiche e non attaccare gli allevamenti.

Come se tutto ciò non bastasse c?è anche la ?caccia sportiva?, incredibilmente permessa ancora in molti paesi. Penso poi ai leopardi di Mumbai, India, il cui parco nazionale è stato talmente ristretto da costringerli a coabitare con i grossi e rumorosi condomini costruiti alle propaggini estreme della città. Ricordo i meravigliosi leopardi nuvola, ormai in vita solo negli zoo, e i leopardi delle nevi, di cui forse sopravvivono in Afghanistan giusto pochi esemplari.

Cucciolo di leopardo nuvola nato allo zoo di Washington

L’afrore di un leopardo delle nevi a 4000 metri

Da ?Che ci faccio qui?? di Bruce Chatwin:

?Ma quel giorno non riporterà in vita le cose che abbiamo amato: le immense giornate limpide e le azzurre calotte di ghiaccio sui monti? Non ci sdraieremo più davanti al Castello Rosso a guardare gli avvoltoi roteanti?Non andremo a sederci nella Pace dell?Islam con i mendicanti di Gazar Gagh. Non saliremo sulla testa del Buddha di Bamiyan, dritto nella sua nicchia come una balena in un bacino di carenaggio. Non dormiremo nella tenda dei nomadi, né daremo la scalata al minareto di Jam? Né ritroveremo l?aroma dei campi di fagioli, il dolce, resinoso profumo del legno di deodara, o l?afrore di un leopardo delle nevi a quattromila metri.?

Dikeledi leopardo diverso: raro leopardo delle nevi
Leopardo delle nevi

(Articolo ispirato dal documentario “The Unlikely Leopard” di National Geographic Wild Network)

National Geographic: Saving big cats in the wild

Le api muoiono e noi stiamo a guardare

Di Pacific Southwest Region from Sacramento, US - Honey Bees Swarm, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36895401

In che modo le api muoiono: provate a immaginare di essere malati; influenza, covid, dolori lancinanti o qualsiasi cosa vi faccia sentire davvero male. Però dovete mangiare per sopravvivere, ma soprattutto la vostra famiglia, i bambini, i vecchi genitori devono mangiare e quindi vi mettete stancamente in marcia. Camminate fino al supermercato più vicino che sta a chilometri di distanza, e quando infine arrivate lì, dopo uno sforzo eccezionale, comprate del cibo e ne mangiate un po?, ma il cibo è avariato, intossicato, e invece di sentirvi meglio vi sentite molto peggio e non solo: vi gira la testa e siete così disorientati e deboli che non riuscirete mai a ritornare a casa. Avrete un?agonia lunga uno o più giorni e poi morirete a terra, in posizione fetale.

Le api muoiono: api morte a migliaia nell'arnia
Le api muoiono a migliaia nell’arnia

Questo è esattamente quello che accade alle api, dal momento che il nutrimento è scarso, distante e quel poco che trovano è pieno di pesticidi. La principale studiosa di api nel mondo, Marla Spivak, una sorta di Jane Goodall delle api, cerca di spiegare da tanti, tanti anni tutti i motivi per cui le api stanno morendo e tutti i motivi per cui questo ci porterà a un ecodisastro, ma la moria delle api non fa che peggiorare, proprio come cambiamenti climatici, inquinamento, sovrappopolazione umana e ingiustizia sociale.

Dentro all?albero delle api

Le api muoiono: api nei fiori del mio Callistemone
Fiore del mio Callistemone con api che si nutrono

Ho un albero, in giardino, si chiama Callistemone e due volte l?anno fiorisce completamente: i suoi rami sono così lunghi che quasi toccano terra e fanno dei fiori rossi che sembrano scovolini, fiori che le api amano. Ci si infilano letteralmente dentro e succhiano il nettare. La prima volta che le ho viste, così tante, ronzare intorno all?albero e passare di fiore in fiore, mi è venuto spontaneo entrare sotto ai rami e sedermi a terra, appoggiata al tronco e stare lì dentro, a guardarle e ascoltarle mentre mi svolazzavano intorno. Ogni tanto un?ape mi si fermava sulla mano e poi riprendeva il suo lavoro. Ho pensato che fosse la postazione perfetta per meditare e mi sono ricordata di quando, forse venti anni fa, uno dei miei maestri di Qi Gong ci spiegava che, nella meditazione, dovevamo provare a visualizzare una sorta di smeraldo all?altezza del secondo Chakra, centro del desiderio e della creatività e fondamentale per arti marziali e rapporto con la natura. Per quanto a parole possa sembrare una cosa così semplice, visualizzare quello smeraldo era quasi impossibile per me. Lo vedevo per pochi secondi e spariva. Ma, entrata nell?albero delle api, ho sostituito l?immagine dello smeraldo con un alveare, ed è stata una scelta perfetta. Non solo visualizzavo l?alveare nell?area del secondo Chakra ma mi sembrava di abitare in una di quelle piccole celle perfette, e raramente in vita mia mi sono sentita così tranquilla e al sicuro. Le api sono creature misteriose e amorevoli, e se ti sentono affine e non minacciosa, possono farti accedere alla loro mente alveare. Ma questo è solo un piccolo motivo in più per amarle.

Le api muoiono: In che modo le uccidiamo

Le api hanno iniziato a diminuire già nella Seconda Guerra Mondiale, ma la loro grande moria è iniziata negli anni 2000 grazie a: pesticidi; parassitosi (il Varroa Destructor, ad esempio, che indebolisce irreversibilmente il sistema immunitario delle api); perdita di habitat; cambiamenti climatici (il caldo eccessivo impedisce alle piante di fornire sempre nuovo nettare e polline per le api, impoverendo così la loro alimentazione, mentre il freddo improvviso, oltre a compromettere i fiori stessi, blocca anche lo sviluppo dell?alveare; il riscaldamento globale, poi, facilita la proliferazione dei parassiti dell?alveare, tutti letali, dal Varroa alla Vespa Vellutina all?Aethina tumida); l?agricoltura che coltiva quasi solo monocolture di cereali, scarsi di polline e di nettare e che non lascia spazio a piante e fiori selvatici che sono invece un vero nutrimento per le api; perfino le pratiche scorrette di alcuni apicoltori, che possono indebolire le api e concorrere alla loro morte. Le cause sono molte, ma col passare degli anni l?attenzione si è concentrata su una specifica famiglia di pesticidi, i neonicotinoidi.

Greenpeace, campagna per salvare le api 2019

L?introduzione in larga scala dei neonicotinoidi è coincisa con l?inizio della moria delle api. Usati in agricoltura per le sementi di mais e di altre colture, agiscono sul sistema nervoso di insetti infestanti, ma purtroppo, anche sugli insetti impollinatori, fondamentali per la sicurezza alimentare nel mondo e per la biodiversità visto che l?impollinazione garantisce la riproduzione di più dell?80 per cento delle specie vegetali. Come se non bastasse gli effetti negativi dei neonicotinoidi si ripercuotono anche su alcune specie di volatili.

Cosa facciamo per salvare le api

L?Unione Europea è l?unica parte del mondo che ha almeno provato a fare qualcosa, mettendo fuori legge, nel 2018, tre fra i neonicotinoidi considerati più dannosi, almeno in campo aperto, perché in serra sono sempre utilizzabili. Alcuni fra i singoli paesi europei hanno protestato a lungo e quindi dubito si siano messi in regola con la normativa. Negli Stati Uniti, invece, nel 2014 l?amministrazione Obama ha messo su la classica task force americana incaricata di ?studiare la situazione?; in seguito, con l?amministrazione del bleach-drinker dubito fortemente che il salvataggio degli insetti impollinatori sia stato messo in agenda, a danno dei bravi produttori di pesticidi.

Le api muoiono: ape sui miei fiori di Buddleia
Le api muoiono: ape sui miei fiori di Buddleia

Per quanto riguarda la Cina, poi, posso annunciare che in alcune vaste contee, come quella di Maoxian nella provincia di Sichuan, l?avvelenamento dell?ambiente ha ucciso tutti gli impollinatori naturali fin dagli anni ?80. Di conseguenza i coltivatori di frutta eseguono loro stessi questo lavoro, impollinando a mano, una ad una, le piante. Dagli anni ?80 ad ora questo ?lavoro? si è diffuso in molte parti del mondo e lo trovo fortemente simbolico in previsione del futuro molto prossimo che ci aspetta: un ennesimo lavoro da schiavi (non credo si possa definire diversamente) in un mondo posseduto da iper ricchi, blocchi di potere e lobby di imprenditori/criminali guardati con grande rispetto da politici e media.

Le api muoiono: Pomodori e vibratori

Qualcuno si domanderà come funziona il mestiere dell?impollinatore umano. Queste persone muovono il polline da fiore a fiore con un pennellino, e, sfortunatamente, non è più un tipo di occupazione così rara. I coltivatori di pomodori spesso impollinano i fiori di pomodoro utilizzando un vibratore. Un vero vibratore, sì. Questo perché il polline contenuto dentro a un fiore di pomodoro è rinchiuso in modo molto preciso nella parte maschile del fiore, l?antera, ed il solo modo per liberare il polline è farlo vibrare. Infatti i bombi sono una delle poche specie di api nel mondo capaci di salire sul fiore e farlo vibrare, scuotendo le ali ad una frequenza simile alla nota musicale Do. In questo modo tutto il polline spruzza fuori e ricopre per intero il corpo del bombo che poi lo porta a casa come cibo. Alcuni coltivatori di pomodori adesso insediano colonie di bombi nella serra per fargli fare un?impollinazione più efficiente, cosa che rende anche i pomodori di migliore qualità.

Bombo e fiore di pomodoro

Quanto vale il lavoro delle api?

C?è gente per cui quello che conta è sempre ed esclusivamente il dio denaro, e quindi aggiungo poche parole: il lavoro delle api è valutato 153 miliardi di euro all?anno globalmente, 22 miliardi solo in ambito europeo, ma sono dati non troppo recenti. Di sicuro, relativamente al numero delle api sempre più in calo, i dati non possono che essere più alti.

Per quel poco che possiamo fare, oltre a supportare Greenpeace e la sua campagna a favore delle api, da questo link potete scaricare la lista delle piante da mettere in balcone, giardino, terrazzo per aiutare gli impollinatori.

Le api muoiono: l’ultima ape

La frase ?Se le api scomparissero dalla Terra, per l?uomo non resterebbero più di 4 anni di vita? è stata attribuita ad Einstein, anche se probabilmente non è stato lui a dirla. Di sicuro, se l?uomo è interessato a sopravvivere, ha bisogno o di molte api o di molti schiavi umani. In ogni caso io un futuro senza api e da schiava non lo voglio vivere. Ripensare a tutte le lucciole che d?estate vedevo da bambina al mare, in campagna, quasi ovunque, mentre mio figlio non è mai riuscito a vederne nemmeno una già mi mette una grande tristezza. Ma vivere senza api, no grazie. Teneteveli voi i 4 anni di vita. Infilatelo voi il vibratore nel pomodoro. Io non sopravviverò mai all?ultima ape.

“BEEKEEPER” di Keaton Henson, canzone bellissima che dedico a tutti gli apicoltori che considerano le loro api parte della propria famiglia

M49 orso meraviglioso è stato catturato

M49 orso meraviglioso è stato catturato dagli agenti forestali del Trentino Alto Adige, e come possiamo vedere dalla foto in cui si assiepano intorno alla piccola gabbia dove hanno rinchiuso il grosso orso, sembrano molto fieri, nonostante i loro volti non siano riconoscibili, un po? come se fossero un gruppo d?assalto militare che ha appena acciuffato qualche pericoloso terrorista.

M49 orso meraviglioso è stato catturato. Qui nella piccola gabbia dove l'hanno imprigionato
M49 orso meraviglioso catturato e imprigionato

Annuncio dato dalla LAV

Allego parte dell’annuncio dato dalla LAV poche ore fa:

Si conclude così la fuga per la libertà di un animale che, dopo avere esplorato le province di Trento, Bolzano e Verona, se ne era tornato da pochi giorni nei suoi luoghi di origine, nel Trentino occidentale. Un animale che, pur avendo percorso centinaia di chilometri, non ha mai costituito alcun pericolo per l?uomo e che ora sarà condannato all?ergastolo solo per avere mangiato del cibo malamente custodito in alcune baite in alta quota.

?La sentenza emessa dalla Provincia di Trento è inutilmente crudele perché si accanisce su un animale che ha dimostrato eccezionali capacità di adattamento e sopravvivenza ? dichiara Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici LAV – aspetti che ne fanno un individuo particolarmente dotato che dovrebbe essere per questo ancora più rispettato e accettato, anche se si è reso responsabile di qualche danno, esclusivamente di carattere economico.?

Colpisce che in un periodo in cui tutta la collettività, lo Stato e i governi locali sono impegnati nel contrasto alla pandemia, Fugatti e la provincia di Trento abbiano trovato risorse, tempo e modo per imprigionare M49, impegnando sul territorio uomini e mezzi in un’attività che non aveva alcun carattere di urgenza.

M49 orso meraviglioso è stato catturato: stralcio di articolo scritto su blog del Fatto Quotidiano nel novembre 2019

M49 orso meraviglioso è stato catturato
M49

Nel novembre 2019, sul blog del Fatto quotidiano, il giornalista Paolo Martini pubblicò un bell’articolo sulla fuga di M49. Ne riporto uno stralcio:

La sua stessa leggenda ormai sovrasta M49: nelle poche immagini disponibili è facile leggergli la fierezza sul volto quando ha una preda ai piedi, la faccia da duro quando viene intrappolato fotograficamente prima della cattura, e infine oggi un?aria sospettosa e affranta mentre fugge, fugge chissà dove per boschi, inseguito da mute di cani e guardie.

Oltretutto il coprotagonista minore della vicenda è il nuovo leader leghista del Trentino Maurizio Fugatti, con quel cognome evocativo, e non solo perché riporta a uno che è stato tra i felini ? con quella consonante che lo allontana anni luce dal grande mitico ferino, ma con quell?incipit evasivo perfetto per i titolisti: il manifesto oggi dedica una pagina intera a M49, ospita anche l?intervento di un dirigente del Wwf introdotto dalla battuta: ?un orso in fuga da Fugatti?

? La questione, posto che si possa prendere sul serio, è davvero grottesca: sono state spese energie e quattrini dei contribuenti per ripopolare l?orso nel parco dell?Adamello-Brenta, con una fondamentale scelta di riqualificazione del territorio che tutti gli esperti di marketing turistico consigliavano. Nella Val Rendena, tra Pinzolo e Madonna di Campiglio, storicamente sul finire dell?Ottocento era stata perpetrata forse la più grande strage di orsi a fini economici che sia mai stata fatta in Europa; tra l?altro i cacciatori più feroci erano anche quelli che portavano in giro i primi signori inglesi che vennero a scalare le montagne del Brenta. Se ci sarà mai una Norimberga per i crimini ambientali dell?alpinismo, anche le crudeltà nei confronti dei nostri poveri orsi farebbero parte dei capi d?accusa principali, come le montagne di merda e di rifiuti sull?Everest.

Il Ministro dell’Ambiente e i canali diplomatici

Il ministro dell?Ambiente ha detto: ?Mi sto adoperando con tutti i canali possibili per trovare una nuova casa all?orso M49. Stiamo sondando parchi europei, contattando Paesi dove questo tipo di orso potrebbe vivere bene e senza rischi, attivando anche i canali diplomatici. L?obiettivo è regalare a questo orso, a cui vogliamo bene, la migliore casa possibile.? Questo orso a cui vogliamo bene? Ministro Costa, la prego, almeno non insulti la nostra intelligenza. Nuove case? Parchi europei? Wow: i canali diplomatici, pensate un po?! E perché non libero in Trentino, terra a cui appartiene? E allora ogni volta che un esploratore o un boy scout dovesse vedere un orso da lontano cosa farete? Gli darete la caccia e poi gli troverete una nuova casetta insieme a Riccioli D?Oro?

M49 orso meraviglioso è stato catturato: l’uomo e gli orsi tanto tempo fa

Atalanta salvata dall’orsa, illustrazione di Emanuele Luzzati

In momenti come questo sembra strano pensare al Paleolitico, quando alcuni fra gli umani di allora veneravano l?orso, in un vero e proprio culto che era, come tutti i culti, propiziatorio; in quel caso propiziava la caccia. Sembra strano anche pensare ad Atalanta, dal greco ????????, che significa ?in equilibrio?: abbandonata dal padre in una foresta quando era ancora neonata, perché non era un maschio, ma sopravvissuta grazie ad un?orsa che la allattò e la tirò su facendola diventare la più grande cacciatrice di tutti i miti greci, nonostante fosse femmina. Anche per questo la caccia insensata e feroce che hanno dato a M49 e infine la sua cattura mi fanno sentire doppiamente sola: come donna in un mondo dove comandano gli uomini e come animalista in un mondo di gente a cui non frega nulla degli animali, e, se è per questo, nemmeno degli esseri umani.

Perché M49 è speciale

Cosa ha di speciale M49? È un die-hard, un combattente, proprio come l?orca Tilikum. Un resistente. Una creatura che segue il proprio istinto e cerca la libertà. Capace di fuggire dall?Alcatraz degli orsi, con doppio recinto elettrificato e così tanto cemento sotto ai piedi che nemmeno la dinamite potrebbe scavarci un tunnel. Un orso solo in foreste dove, in tempi nemmeno lontanissimi di orsi ce n?erano tanti, mentre adesso, così come hanno fatto con Daniza – sempre nell?amichevole Trentino ? gli orsi vanno uccisi o incarcerati, perché il territorio sparisce visto che i bravi imprenditori che costruiscono condomini, villini tutti uguali e qualche bellissima e ricca baita aumentano, per non parlare degli allevatori e col territorio spariscono le foreste e le loro meravigliose creature che fra non molto saranno solo leggenda.

M49 orso meraviglioso è stato catturato: orsa Daniza con cuccioli, uccisa nel 2014
L’orsa Daniza, catturata e uccisa nel 2014 perché voleva difendere i cuccioli

M49 orso meraviglioso è stato catturato: cosa ci ha insegnato?

Cosa ci può insegnare M49? Che la libertà viene prima di ogni cosa. Che la ribellione contro chi ci toglie tutto è sempre giusta. Che un mondo senza orsi in libertà non vale la pena di essere vissuto.

Cosa possiamo desiderare per M49? Che riesca di nuovo a fuggire, e se così non fosse, mi auguro che muoia, senza dolore, senza diventare la marionetta di nessuno, con la stessa eroica dignità con cui ha vissuto, abbandonando rapidamente un mondo che non lo merita, ma che certamente merita esseri come l?orribile leghista Fugatti.

M49 gioca con la neve, video di Tommaso Borghetti

Cosa possiamo fare per gli ultimi orsi ancora liberi?

Cosa possiamo fare per gli ultimi orsi ancora liberi? Diffidare la provincia di Trento è inutile: loro se ne fregano. Sempre che la pandemia non dilaghi di nuovo, rinchiudendoci in casa per tutta l?estate e l?inverno che verrà, dobbiamo boicottare il Trentino, e fare sì che il turismo in Trentino smetta di esistere, diventi un ricordo lontano. Non solo, dobbiamo boicottare tutte le loro industrie e aziende, a iniziare dalle mele. Dobbiamo fare in modo che, dal punto di vista dell?industria, la caccia all?orso si trasformi nel loro incubo peggiore, che si ritrovino a rimpiangere il Covid. Perché questa gente, come tutti sappiamo, riconosce solo l?odore e il fruscio delle banconote, e soffrono solo se li tocchi lì, dove tengono il portafogli.

Almeno finché non dimostreranno di essere in grado di prendersi cura di quei monti e di quelle foreste che non appartengono né ai costruttori né agli allevatori, agli albergatori o ai turisti e tanto meno ai leaderini politici, bensì alla fauna e alla flora che ci abitano da sempre. Vi chiedo, quindi, di condividere quest?articolo, se siete animalisti e in accordo col boicottaggio del Trentino. Nel nostro piccolo, cerchiamo tutti di fare qualcosa.  

Il mio gatto Axl

Il mio meraviglioso gatto Axl è morto

Il mio gatto Axl, il nostro meraviglioso gatto Axl è morto due giorni fa, il 28 marzo, alle 10 di mattina. Questo articolo è dedicato al suo ricordo e a tutti gli animali che amiamo e che ci amano profondamente, che fanno parte della nostra famiglia e sono così importanti per la nostra vita, e che in questo duro periodo di pandemia ci sostengono e ci aiutano.

Storia del mio gatto Axl. In questa foto era un cucciolo
Il mio gatto Axl da cucciolo

Ho sempre avuto gatti, fin da bambina. Ne ho avuti tanti e li ho amati tutti, soffrendo ogni volta che uno di loro stava male, e a maggior ragione quando morivano. Axl, però, era un gatto speciale. L?avevamo chiamato Axl perché era bellissimo e casinaro come Axl Rose da giovane, ma la sua bellezza era anche e soprattutto interna. Aveva un?aura luminosa attorno, e adesso che non c?è più, penso a lui come a un gatto di pura luce, di pura energia.

Axl, un gatto speciale

Primo piano del mio gatto Axl. Storia della sua vita.
Il mio gatto Axl

Axl era una sorta di gatto santo, con capacità percettive e telepatiche davvero uniche. Io e lui comunicavamo attraverso il pensiero, come sensitivi o chiaroveggenti. A volte pensavo: ?Dove sei, Axl?? e lui, dopo pochi secondi, entrava dalla porta e mi veniva incontro. Quando lo accarezzavi aveva la capacità di far calare la tua ansia, la tua tensione, capacità che, in parte, hanno tutti i gatti, ma lui era un vero e proprio painkiller. A volte avevo la sensazione che riuscisse a farti star meglio caricando le tue ansie su di sé, come un gatto sacrificale. Era un po? come se sapesse che ?la sofferenza, il dolore sono l’inevitabile dovere di una coscienza generosa e d’un cuore profondo? (Dostoevskij, Delitto e Castigo), cosa che noi umani raramente proviamo mentre lui aveva di certo un cuore molto generoso.

Axl e Emiliano nella nevicata a Roma del 2012
Axl e Sandra nella nevicata a Roma del 2018

Il mio gatto Axl: quello che amava e quello che odiava

Il suo linguaggio era composito, con una decina di miagolii del tutto differenti a seconda di quello che voleva comunicare: c?era il miagolio di saluto, il miagolio di allegria e divertimento, il miagolio di dolore, il miagolio di protesta, il miagolio di gioco, il miagolio di richiesta coccole. Come tutti i felini amava la notte, e quando noi andavamo a dormire lui e l?altra gatta, Angelina, tiravano fuori dalla loro cesta tutte le palline e i topini e, al mattino, trovavo tutti i loro giochetti sparsi in giro per casa. Odiava andare in macchina, e se lo dovevi portare da qualche parte lui già lo sapeva prima che noi andassimo in punta di piedi a prendere il trasportino e spariva, come un piccolo fantasma.

Angelina e Axl

Due anni fa abbiamo traslocato, e la prima notte nella nuova casa Axl ha miagolato ininterrottamente, urlando il suo verso di protesta a squarciagola. Ma poi, nel corso di una decina di giorni è uscito in giardino, che nell?altra casa non c?era, e lo ha amato: quanto gli piaceva acquattarsi nella siepe di Viburno e affilarsi le unghie sul tronco del Callistemone! Gli piacevano soprattutto le creature volanti; seguiva con grande attenzione il volo di api, farfalle, vespe e guardava quasi in stato meditativo gli uccelli che volavano sopra di lui: stormi di pappagalli verdi velocissimi e chiassosi, cornacchie grosse dalla voce potente, minuscoli passeri rapidi e silenziosi.

Axl in giardino, storia del mio gatto speciale.
Il mio gatto Axl in giardino

La malattia di Axl

La scorsa estate del 2019 ho sognato Axl ricoperto di sangue, e ho capito che una malattia seria lo aveva colpito, anche se ancora non mostrava alcun sintomo. Qualche mese dopo ha iniziato a star male ed è diventato pelle e ossa. Gli hanno diagnosticato un tumore ai polmoni, non operabile, e dopo un ricovero di qualche giorno è tornato a casa. Per quasi tre mesi è rifiorito; grazie al cortisone aveva ripreso a mangiare ed era felice. Ogni sera alla stessa ora dovevamo infilargli in gola la pasticca di cortisone, ma lui, consapevole del benessere che quella pasticca amara gli procurava, a quell?ora saltava sul solito tavolo e ci ricordava che era il momento della medicina.

Le zampine bianche di Axl

Axl e la fine della sofferenza

Una settimana fa Axl ha iniziato a star male. Piano piano prima, tutto insieme poi. La sua ultima notte è stata straziante. Ogni suo respiro era per noi una coltellata al cuore. Ed è così strano che sia morto patendo gli stessi sintomi di forte insufficienza respiratoria che, in questo periodo, patiscono i malati più gravi di Covid-19. Ma quando al mattino l?ho portato dal veterinario, che mi ha confermato che non c?erano più cure possibili e la sola cosa giusta da fare era un?eutanasia, Axl era sereno. Pronto ad andare. Me l?ha detto con gli occhi e col pensiero. Abbiamo passato gli ultimi cinque minuti della sua vita insieme, in una stanza dello studio veterinario, e ho potuto stringergli per l?ultima volta quelle lunghe orecchie e quelle zampine bianche, sempre candide, pulitissime anche in punto di morte.

Puscifer, gruppo di Maynard Keenan, con Tumbleweed, in memoria di Axl

?Esiste, o fratelli, un luogo dell?essere in cui non vi è né terra né acqua, né fuoco né aria, non vi è infinità dello spazio né infinità della coscienza. Non vi è la nullità, non la percezione né la non-percezione, né questo mondo né un altro mondo né entrambi, né il sole né la luna. Qui, monaci, io dico che non vi è giungere né andare né rimanere, non vi è crescita né decrescita. Esso non è fisso, non è mobile, non ha sostegno. È la fine della sofferenza.? Buddha

Addio, addio Axl! Sarai sempre attaccato alla mia pelle, come un bellissimo e magico tatuaggio

TILIKUM

Da ?La mia Africa? di Karen Blixen:

?Le giraffe vanno ad Amburgo.  ?Sul ponte scorsi una grande cassa di legno da cui spuntavano le teste di due giraffe. Venivano dall?Africa Orientale Portoghese, mi disse Farah, che era salito a bordo, e sarebbero state condotte in un serraglio ambulante di Amburgo.

Volgevano di qua e di là la testa delicata: parevano sorprese; e avevano buone ragioni per esserlo. Non avevano mai visto il mare. Dovevano avere appena lo spazio per stare in piedi, in quella cassa stretta. Il mondo intorno a loro, all?improvviso, s?era mutato, rattrappito, chiuso.

Non conoscevano né potevano immaginare la degradazione che le aspettava. Creature orgogliose e innocenti, miti animali delle grandi pianure, dal passo elegante, erano ignare della cattività, del freddo, del tanfo, del fumo, della scabbia e dell?atroce noia di un mondo in cui non accade mai nulla.

? Rammenteranno mai, le giraffe, nei lunghi anni che le attendono, il paese perduto? Dove, dove sono scomparsi i prati, gli spineti, i fiumi, gli stagni, le montagne azzurrine? Si chiederanno. La dolce aria alta sulle pianure si è sollevata e ritratta. Dove sono le altre giraffe che correvano nelle lunghe galoppate sulla terra ondulata? Le hanno abbandonate, dileguandosi tutte quante; chissà se torneranno mai più. Dov?è la luna piena, la notte?

Le giraffe si agitano e si destano, nella carovana del serraglio, nella gabbia stretta odorante di paglia fradicia e di birra.

Addio, addio. Vorrei poteste morire durante il viaggio, tutte e due, perché la vostra piccola testa piena di nobiltà, che ora si tende, sorpresa, dall?orlo della cassa, contro il cielo azzurro di Mombasa, non debba voltarsi vanamente da tutti i lati, ad Amburgo, dove l?Africa è ignota. Quanto a noi, dovremo trovare qualcuno che ci faccia veramente del male, prima di poter in coscienza chiedere perdono alle giraffe per il male che facciamo loro.?

TILIKUM: giraffe in uno zoo intorno al 1930 a testimoniare l'umana perversione di ingabbiare animali

La cattura dell’orca Tilikum

Nei primi anni ?80 mia madre e mio padre andarono a fare un viaggio in Canada, British Columbia, e dal traghetto che li portava all?isola di Victoria videro passare un pod di orche. Erano tante, nelle acque gelide nuotavano a balzi, libere, le pinne dorsali dei maschi sollevate con orgoglio, potenti, meravigliose, sincronizzate, perfettamente connesse l?una all?altra. Per tutto il resto della sua vita mia madre, fra tanti ricordi, ha sempre privilegiato quell?immagine, raccontandola come una visione folgorante, come un incantesimo a cui aveva avuto il privilegio di assistere, come qualcosa che potrebbe riuscire ad illuminarci, se solo la nostra mente sapesse vedere.

Nel medesimo periodo, dall?altra parte del mondo, in Islanda, terra prediletta dai bracconieri affiliati ai grandi ?parchi acquatici?, Tilikum fu catturato: era il 1983 e il piccolo maschio d?orca aveva solo due anni. Se consideriamo che le orche in natura hanno una vita lunga come e più di quella umana, un?orca di due anni è poco più che neonata.

“Blackfish” di Gabriela Cowperthwaite

Tutti gli ambientalisti, gli animalisti e anche persone che non sono né l?una né l?altra cosa sanno perfettamente chi era Tilikum: per alcuni l?orca più incredibilmente grande fra tutti i SeaWorld del mondo; per altri l?orca colpevole di aver ucciso una sua addestratrice, e forse un vagabondo entrato di notte nella sua prigione d?acqua. Per altri ancora, il protagonista del famoso ?Blackfish?, documentario del 2013 di Gabriela Cowperthwaite, che racconta proprio la vita di Tilikum denunciando i maltrattamenti delle orche nei parchi acquatici e mostrando le scene ignobili e dolorose delle piccole orche catturate in natura, davanti alle proprie madri che urlano impotenti.

TILIKUM, orca diventata simbolo delle lotte contro i sea parks, qui fotografata con pinna dorsale floscia, sintomo di malattia e sofferenza
TILIKUM, AL SEAWORLD, CON LA PINNA DORSALE FLOSCIA, SINTOMO DI MALATTIA E INFELICITA’

Voglio solo ricordare i molti studi che mostrano come le orche siano capaci di una profondità emotiva del tutto assente nell?uomo. Non voglio, invece, raccontare di nuovo la storia di Tilikum: di come da giovanissimo sia stato più volte traumatizzato, non solo al momento della cattura ma anche dopo, rinchiuso in piccoli e lerci carceri acquatici di SeaWorld, tenuti, evidentemente, ben nascosti al pubblico. Del modo in cui è stato addestrato con metodi feroci basati, fra l?altro, sulla privazione del cibo. Della sua trasformazione in ?testimonial? del SeaWorld ma soprattutto in un business milionario grazie al suo seme particolarmente fertile che ha portato alla nascita di quattordici cuccioli come minimo.

I signori dei Sea Parks

La colpa del Sea World di Orlando, dove Tilikum è approdato nel ?91, colpa nei confronti delle vittime umane della grande orca è dimostrata da come Tilikum sia sempre stato tenuto al di fuori di quelli che i signori dei sea parks chiamano waterworks. I waterworks significano interazione dentro l?acqua fra orca e addestratore, interazione impossibile, nel caso di Tilikum, perché ?non impostato nel modo giusto?. Che poi significa recalcitrante a diventare una marionetta. Non nato per essere schiavo e quindi usato solo per lo stupido splash segment, dove con la sua mole, potenza ed energia affascinava e caricava il pubblico d?adrenalina. Appena finito il suo breve show, veniva rimandato nella sua piccola e solitaria piscina. Giorno dopo giorno la sua salute fisica e mentale peggiorava irreversibilmente, così come accade a tutte le orche in cattività.

Non ho nemmeno voglia di raccontare la tragedia annunciata, quando per Dawn, l?addestratrice, rimanere fuori dall?acqua, seduta sul bordo della piscina rocciosa, non è stato sufficiente per salvarsi la vita. Tilikum è riuscito ad afferrarla per i capelli legati in coda di cavallo trascinandola sott’acqua fino a farla annegare. Da quel momento il SeaWorld non ha più fatto esibire Tilikum relegandolo nell?ennesima vasca prigione, sempre più angusta. Nonostante la pressione pubblica e l?impegno di organizzazioni animaliste per reintrodurre Tilikum in un santuario marino, i vertici di SeaWorld hanno sempre rifiutato.

Morte di Tilikum

Quando il 6 gennaio del 2017 ho saputo che Tilikum era morto ho ringraziato l?universo. La morte, infatti, non è niente, mentre sofferenza, schiavitù, malattia e noia non sono tollerabili. Io spero sia almeno riuscito a dimenticare la madre, il suo gruppo familiare e le acque gelide dell?Islanda. Spero non abbia aggiunto all?orrore di una vita di torture anche la tristezza del ricordo di quei due unici anni di vita in natura. 

La sua vita rubata in modo criminale e la sua sofferenza fisica, era tutto finalmente finito. Quello che non è finito e non finirà mai, invece, è l?arroganza, la prepotenza e la ferocia umana: che cosa c?è di profondamente sbagliato nella nostra specie per sentirci padroni di terre, mari, aria e di ogni creatura vivente?

Cosa ci lascia Tilikum

Per me Tilikum non è stato solo un meraviglioso e infelice animale, un portento della natura, ma anche il simbolo di chi decide di non piegarsi, di chi rifiuta di essere schiavo. Il simbolo di chiunque, animale o umano, scelga di ribellarsi alla tirannia, in qualsiasi forma questa si presenti.

POD DI ORCHE LIBERE

Quanto a noi, dovremo trovare qualcuno che ci faccia veramente molto, molto male, prima di poter in coscienza chiedere perdono a Tilikum e a tutti gli altri animali che schiavizziamo, ingabbiamo, torturiamo in allevamenti intensivi, vivisezioniamo, mangiamo, scuoiamo per indossarne pelli o pellicce, diamo loro la caccia, togliamo loro il territorio condannandoli all?estinzione. Chiedere loro perdono per tutto il male che gli abbiamo fatto e che, imperterriti, continuiamo a fargli.

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