Intervista a Samantha M. e Omar B.
I ragazzi che appartengono alla “meglio gioventù” italiana, oggi, sono quelli che non hanno genitori potenti né ricchi, non hanno università pagate da mamma e papà in Europa o in America, non hanno il loro bel futuro già assicurato fin dal momento in cui sono venuti al mondo, eppure studiano, lavorano duramente, si conquistano le loro borse di studio, si laureano brillantemente e sanno di poter contare sempre e solo su se stessi. Di sicuro sanno di non poter contare sul sistema Italia, che è abituato a prendere a calci i ragazzi come loro, finché non sono costretti a scappare all’estero. “Masticati e dopo vomitati” per citare Anastasio, poeta rapper.
I due giovani che mi accingo ad intervistare, Samantha M. 26 anni, Laurea triennale in Lettere Classiche e Laurea magistrale in Filologia moderna con tesi su Filologia Romanza; Omar B. 25 anni, Laurea triennale in Lingue con Tesi sull’Ostalgie, a un anno dalla Laurea Magistrale, rappresentano perfettamente la gioventù di cui parlo.


Samantha è una di quelle persone rare, eccezionalmente bella sia fuori che dentro, empatica, animalista, colta, piena d’interessi, nata in Calabria e trasferitasi a Roma per fare l’Università. Omar è un ragazzo dal DNA multiculturale: padre algerino, madre polacca, nato e cresciuto a Roma sud e quindi italiano ma soprattutto romano, bello, indipendente, cinefilo, colto, ironico.
Domanda: Dopo il liceo avete scelto facoltà di tipo umanistico: Samantha Lettere Classiche a La Sapienza e Omar Lingue a Roma Tre. Perché avete scelto queste facoltà? Quando le avete scelte avevate già un’idea del lavoro che avreste voluto fare dopo?
Samantha: Sì ho scelto Lettere ma fino all’ultimo anno di liceo classico ero convinta di voler fare l’astrofisica, tant’è che per tutto l’ultimo anno di liceo presi lezioni private di fisica e matematica. Poi, ad un test attitudinale risposi correttamente a tutte le domande umanistiche e a nessuna di matematica e fisica. La presi male, mi misi a piangere e la mia Prof mi disse una frase che ancora ricordo perché è stata fondamentale: “Quando capirai che il tuo amore per il cielo stellato è più letterario che scientifico, allora farai la scelta giusta.”
Quando ho scelto Lettere non avevo alcuna idea del lavoro futuro. Ho sempre amato leggere e ho scelto Lettere principalmente per amore della lettura. Credo che 18 anni siano pochi per prendere una decisione così importante come quella della facoltà.

Omar: Ho scelto Lingue, Russo e Tedesco, considerando che l’inglese lo parlavo già piuttosto bene e che parlo polacco e italiano come madre lingua. Forse per DNA multiculturale ho una predisposizione e una curiosità naturale per la conoscenza delle lingue; poi ho da tempo una forte passione per la letteratura russa. Io ho sempre lavorato, fin da quando avevo quindici anni e andavo a scuola, e all’epoca facevo principalmente il cameriere, anche se poi ho lavorato a lungo nell’assistenza clienti come sotto interinale in un’Agenzia che prende appalti da altre Società e, nel mio caso, prima Telecom e poi Poste. Comunque quando ho scelto questa facoltà ho pensato a un lavoro nell’ambito del settore turismo.

Domanda: Samantha, tu hai passato quasi un anno in Francia, a Poitiers, con Erasmus. Tu Omar sei stato già, durante il primo triennio di Università, con Erasmus a Tallin, Estonia e adesso hai vinto di nuovo Erasmus per studiare in Russia e in Germania. Purtroppo con tutte le difficoltà enormi del Covid non ti fanno entrare in Russia e devi seguire le lezioni in dad, ma lo fai dalla Polonia. Raccontatemi il vostro Erasmus, cosa vi ha dato, cosa vi ha fatto capire, cosa vi ha tolto.
Samantha: Ho trascorso 8 mesi in Francia, bellissimi ma molto malinconici. Ho sperimentato il vivere da sola, perché stavo in un appartamento dello studentato, ma bisogna dire che i francesi – soprattutto in una cittadina della Francia centrale – non sono molto compagnoni. Ho sperimentato cosa vuol dire, all’inizio, non comprendere e non riuscire a farsi comprendere dall’altro. Mi ha fatto crescere molto e mi ha fatto mettere molto in discussione. Una volta ho pensato, mentre fumavo una sigaretta davanti alla finestra “Io qui ci rimarrei per sempre se solo avessi i miei affetti accanto”.
Omar: Non potendo entrare in Russia per il Covid sono venuto in Polonia perché qui si campa con pochi soldi e ho la doppia cittadinanza italiana e polacca. A differenza dell’Erasmus in Estonia, dove dare esami con la preparazione italiana era semplice, con la Russia è tutto molto più difficile, nonostante sia a distanza; i russi sono molto scrupolosi e giustamente pretendono molto: ho le lezioni frontali ma al contempo discutiamo dei vari topic, ho le presentazioni, ci danno i compiti come fossimo al liceo e li controllano. Sto studiando come non ho mai studiato in vita mia: solo il corso di russo mi occupa 16 ore di lezione a settimana e in totale ho 30 ore di lezione a settimana, a cui devi aggiungere tutte le ore passate da solo a studiare. Alla fine è molto più di un lavoro full time, ma i professori sono tutti molto competenti e impeccabili, tranne che sotto il punto di vista organizzativo perché la MGU è la prima università in Russia, quindi un mega ateneo, tipo La Sapienza ma più grande. Altra cosa di positivo è che i professori russi prestano interesse al loro studente, mentre in Italia il professore è su un piedistallo e lo studente è un nulla. Quando hai un compito, una presentazione, la tua opinione conta e se ne discute anche a lungo.
Domanda: Mi sembra di capire dalle vostre esperienze che all’estero, in ambito universitario, c’è tutto un altro approccio e si respira un altro clima rispetto all’Italia, dove puoi anche essere un piccolo genio ma, se non hai i giusti agganci, sei completamente tagliato fuori da ogni possibilità di carriera accademica.
Samantha: Ho appena saputo di aver vinto questa borsa di studio per l’estero cui avevo fatto richiesta ad agosto, erogata da La Sapienza. Poi ho fatto esami scritti e orali e sono molto contenta infine di averla vinta. È una “borsa di perfezionamento all’estero” per seguire corsi o master che siano afferenti al proprio corso di studi, ovviamente in un’istituzione universitaria. Io, quando ho fatto richiesta, ho contattato via email i miei professori di Poitiers che mi hanno immediatamente risposto e segnato tutti i fogli, subito, il giorno dopo, cosa che qui in Italia non è mai successa neanche in sogno, e andrò lì all’Università di Poitiers, quando le lezioni non saranno più solo online, a seguire tutti quei corsi di Medievistica, dalla Filologia alla Storia dell’arte, Paleografia ecc. e poi preparare un progetto di dottorato da presentare in Francia, a settembre. Sicuramente, pur essendo italiana, in Francia ho delle possibilità che qui sono inesistenti.

Omar: La mia esperienza con la Russia è che vieni preso in considerazione in modo diametralmente opposto a quello italiano. Ti faccio un esempio: di un poeta russo concettualista anni ‘70, Prigov, ho tradotto 2 poesie e insieme alle traduzioni ho scritto un articolo che mandai a una professoressa in Italia per avere un feedback. Dopo un anno lei non ha ancora dato un’occhiata alle mie traduzioni. Come ho parlato alla prof russa della stessa cosa lei mi ha detto che faremo senz’altro delle lezioni apposite su questo poeta, che già in Russia viene poco studiato perché non è classico, e che pubblicherà le mie traduzioni sul sito dell’MGU insieme agli articoli, dopo averle fatte controllare da un professore che, conoscendo anche l’italiano è in grado di capire se le mie traduzioni siano ben fatte. Insomma, un altro mondo rispetto all’Università italiana. Questo, per uno studente, è molto gratificante; in Italia vedevo che la mia preparazione era più alta di quella di altri studenti, ma veniva sottovalutata perché “il tizio che è amico o leccapiedi” viene sempre prima. Oppure perché a molti professori universitari in Italia, di base, non frega niente, magari danno lo stesso voto a tutti così non hanno storie. In Russia invece prendono il loro lavoro sul serio – lavorano molto di più degli italiani, 50 ore a settimana, guadagnano poco e non si lamentano. Chiedilo a un docente in Italia, di lavorare 50 ore a settimana, penserà che sei matto.

Domanda: Quali sono i vostri sogni, se ne avete, i rimpianti, se ne avete e le aspettative professionali e sociali?
Samantha: Le proposte di lavoro che ho avuto, come docente liceale o per le scuole medie sono state imbarazzanti. Dalle scuole di Modena e dintorni – la provincia che avevo scelto – mi sono arrivate supplenze al massimo per una o due settimane, che non danno punteggio e che non ti ripagano nemmeno il bed & breakfast dove andresti a vivere perché una stanza in appartamento non la trovi per così poco tempo. Oppure una scuola privata che mi avrebbe pagato 7 euro l’ora. In questo momento sto facendo i pacchi per prepararmi a tornare in Calabria a fine dicembre. Nel frattempo, però, ho avuto la bella notizia della borsa vinta per la Francia, dove spero di continuare la ricerca in filologia romanza. Questo è il mio sogno. In Italia lo studente non solo non è aiutato a continuare la ricerca, in ambito accademico, ma addirittura è ostacolato dagli stessi docenti per ragioni oscure o forse non oscure. Io sono “figlia di nessuno” ma da fiera figlia di nessuno tenterò la strada altrove. Sicuramente l’Italia è off limits. Appunto non ho grandi prospettive future perché in questo momento è impossibile anche solo prospettare un qualsiasi futuro. No, non sono ottimista, cerco solo di vivere alla giornata.

Omar: Mi piacerebbe fare il traduttore editoriale ma non sono ottimista. Ho i piedi piantati per terra, quindi so qual è il mercato del lavoro e sono già quasi certo che non resterò in Italia perché non c’è un futuro, e se dovessi trovare un lavoro decente – che non significa sopravvivere – penso che resterò all’estero. Non sono mai stato disoccupato, se non per scelta, sono versatile e so che troverò un lavoro, anche se spero che abbia qualcosa a che fare con quello che ho studiato. Il lavoro che cercherò dovrebbe avere un numero non troppo alto di ore a settimana, uno stipendio con cui vivere decentemente – so bene che non sarò mai ricco – dovrebbe non farmi schifo e non dev’essere qualcosa per cui rinunciare alla mia vita. A queste condizioni tutto va bene.
Rimpianti no, se tornassi indietro rifarei quello che ho fatto. Forse nel triennio universitario, quando avevo a disposizione un anno di Erasmus ho scelto di fare solo 6 mesi perché avevo paura di fallire, di non farcela coi soldi, tornando indietro farei un secondo Erasmus. Altro rimpianto: dopo il diploma sarei voluto andare a vivere in UK ma non l’ho fatto perché ho avuto paura di dover lavorare full time, di dovermi prendere un debito per l’Università; invece tornando indietro andrei in Uk perché gli inglesi ti danno i soldi per studiare e lo studio nelle università più prestigiose – tolte Oxford e Cambridge – è regalato rispetto alle nostre. Lì ottieni molto di più con molto di meno e subito dopo lavori. No, per il futuro non sono ottimista.
Domanda: Immaginate di rappresentare la “categoria giovani” e di avere una platea di non giovani a cui fare le vostre rimostranze. Cosa vi sentireste di dire, di recriminare, di chiedere o anche di pretendere?
(Qui devo aprire una parentesi. Se avessero posto a me questa domanda penso che avrei lanciato un’invettiva e parlato con rabbia a lungo, ma questi ragazzi sono così incredibilmente sobri e forgiati nel fuoco che non conoscono arroganza e non sprecano parole per cause perse.)
Samantha: Ti rispondo con il film di Nanni Moretti che vede in TV un dibattito con D’Alema e gli dice “D’Alema, reagisci, reagisci, dì qualcosa di sinistra, o almeno di civiltà”. E allora io questo voglio dire: non hanno detto niente, non hanno fatto niente né di sinistra, né di civiltà e nemmeno di buon senso. Hanno lasciato che il mondo, e l’Italia nello specifico, finissero nel baratro.
Omar: Ti rispondo con un’immagine di tortura medievale. Che ognuno ne tragga le sue conclusioni…

Non ho scritto i cognomi di Samantha e Omar esclusivamente per tutelare la loro privacy