Facebook: comunicazione autistica

La “comunicazione autistica” è un ossimoro: tutti sanno che l’autismo è una patologia dove si perde completamente il contatto con la realtà e ci si costruisce un proprio mondo interiore che impedisce ogni tipo di contatto con gli altri, come si trovassero tutti al di là di una barriera impossibile da valicare.

Secondo il dizionario Treccani l’autismo “è un disturbo neurocomportamentale di tipo pervasivo che interessa più aree dello sviluppo (comunicativa, sociale, cognitiva), tanto che, nell’accezione psicodinamica, si parla di un disturbo dello sviluppo del pensiero e dell’affettività. Il termine autismo deriva dal greco autós («se stesso») e indica l’autoreferenzialità, la negazione dell’altro e di ciò che è differente da sé, e quindi la mancanza del senso della realtà.”

Facebook: comunicazione autistica

Facebook: comunicazione autistica

L’autismo è da sempre una malattia che si manifesta nei bambini, ma da quando esistono i Social Media e, nello specifico, Facebook, credo che una qualche deriva di questa malattia si sia diffusa a macchia d’olio fra gli adulti. Se proprio vogliamo mettere il dito nella piaga, i più esposti all’autismo da Social Media sono tutti i soggetti che vanno dai quaranta in su. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, i giovani fra i venti e i trentacinque anni circa usano – in buona parte – Facebook in modo più comunicativo: utilizzano gruppi specifici per avere o dare informazioni e aggiornamenti riguardo al proprio ambito professionale o di studio; condividono post di argomenti a cui si interessano, di associazioni a cui sono affiliati; utilizzano parole per commentare qualcosa e non solo like, cuori, faccette varie; per finire non postano mai, in modo compulsivo, uno dopo l’altro post “autoreferenziali” nel totale disinteresse di chiunque non sia se stesso, come invece fanno gli adulti.

Facebook: la categoria degli amici

Proprio come Alice quando attraversa lo specchio, anche noi, imbattendoci nel sistema Facebook, non siamo subito in grado di capire che ci ritroviamo in un mondo alla rovescia. Quello lo capiremo dopo un po’, quando avremo imparato a riconoscere tutte le varie categorie di utenti: la prima è quella degli amici. Parlo degli amici in carne e ossa, quelli che incontriamo nella realtà e con cui già parliamo al telefono, su whatsapp o telegram. Del tutto inutile, quindi, parlarci anche su Facebook, ma servono a noi e al sistema per fungere da “trama” su cui tessere l’ordito in cui verranno inseriti tutti gli altri nuovi contatti. Devo aggiungere, perché non ci siano fraintendimenti, che la maggior parte dei miei amici in carne e ossa va su Facebook solo per promuovere associazioni animaliste, ong serie o per cercare di far ripartire il proprio lavoro, e tutto sono tranne che addicted o autistici.

Il mondo rovesciato di Alice
Facebook: comunicazione autistica, il mondo rovesciato di Alice

Facebook: la categoria dei vecchi amici

La seconda categoria è quella dei vecchi amici che non vedi né senti da quando eri giovane o giovanissima. Dai tempi del liceo, insomma. Ti chiedono l’amicizia o accettano la tua richiesta ma, di solito,non ti scrivono una singola parola. Il vecchio “hey ciao, come stai?” è del tutto off e ti viene perfino da rimpiangere il morettiano “Vedo gente, faccio cose”. Al massimo ti mettono un like, di tanto in tanto. Se intervieni con qualche commento nei loro post, magari anche con commenti educatamente provocatori, si stupiscono e hanno ragione: sei tu a comportarti in modo “diverso”, non loro. Questo è il momento in cui inizi a capire che ti ritrovi in un mondo alla rovescia: persone che collezionano diverse centinaia o alcune migliaia di “amici” ma non hanno nessuna voglia di comunicarci.

Il numero di Dunbar

Uno studio pubblicato dalla rivista Royal Society Open Science ha affermato come risulti quasi fisiologicamente impossibile avere più di 150 amici su Facebook. Questo numero, infatti – conosciuto come numero di Dunbar – è il numero massimo che il cervello riesce a gestire senza problemi. Il numero degli amici veri, poi, si restringe sempre di più, come tutti sappiamo, e anche secondo lo stesso studio possiamo contare sulle dita di una mano il numero degli amici reali. Eppure in molti cercano diligentemente di accrescere il numero degli “amici” di Facebook come se fosse un valore aggiunto. Del tipo: “accidenti, ha il massimo degli amici permessi da Facebook, wow!”

Fra i tanti che detengono con orgoglio quel numero massimo di “amici” alcuni dicono che “gli serve per lavoro”, ma è una frase totalmente priva di senso. I contatti di lavoro non li tieni su Facebook e comunque non sarebbero mai così tanti. Se poi devi vendere qualcosa, come commerciante o pubblicitario,se per per lavoro sei uno che decide quale pubblicità mandare e a chi mandarla, devi per forza di cose utilizzare contatti categorizzati, e quindi scelti – trasversalmente da tantissimi account diversi – tramite un algoritmo.

La categoria degli sconosciuti

Dopo aver incontrato la categoria dei vecchi amici, arrivano gli sconosciuti. Sei abituato a fidarti degli “amici degli amici”, come se fosse un invito a cena e non ti rendi conto che invece stai camminando su un dirupo. Basta un passo falso e ti arriveranno centinaia di richieste di amicizia da parte di uomini allupati se hai messo una foto bellina sul profilo; centinaia di richieste da parte di uomini africani basta che tu sia donna e occidentale; centinaia di richieste da parte di prostitute di tutto il mondo se sei uomo e hai più di quaranta anni. Riceverai richieste di amicizia scritte in arabo, in turco, in hindi, in altre lingue di cui nemmeno riuscirai a capire la provenienza, ma tutto questo per fortuna durerà poco. Quando avrai eliminato tutte quelle richieste, una ad una, poi non arriveranno più tsunami, ma solo qualche piccola onda qua e là.

Facebook: comunicazione autistica, gli spam travestiti

Quello che invece sarà difficile decrittare e quindi evitare sono gli appartenenti a un’altra categoria: i lupi travestiti da pecorelle (senza offesa per i lupi veri, che amo profondamente e che non si travestono mai). Mi spiego meglio: parlo di “amici” di qualche “amico” che sembrano persone come te, uomini e donne normali e solo dopo che gli hai dato l’amicizia scopri che ti hanno scelta perché – ad esempio – sei amante della letteratura e loro hanno un libercolo in uscita, di cui faranno pubblica lettura in qualche località, e di questa lettura troverai vari post con dovizia di particolari, e poi i commenti degli “amici”: “Bellissimo!”  “Veramente profondo!” “Magico!” e per finire like e cuori come se piovesse. Avrebbero potuto creare una Pagina dedicata, ma poi l’intento sarebbe diventato palese: le Pagine sono una forma di trasparenza e ottenere il like alla Pagina, che è l’equivalente dell’amicizia su un normale profilo, è molto più difficile. Per quanto riguarda questo genere di utenti furbetti, puoi scommettere un braccio contro dieci euro che dopo quella lettura ce ne sarà un’altra e poi un’altra e la loro “amicizia” si rivelerà tristemente per quello che davvero è: spam.

I più addicted: gli auto-referenziali e gli iper-compulsivi

Quelli che hanno una vera, brutta dipendenza da Social sono: gli auto-referenziali, in genere colti e sicuramente interessanti come persone, che però postano continuamente cose su se stessi, di solito autoincensanti, ma quello che è più peculiare è che, come ragni nella ragnatela, questi utenti se ne stanno lì ad aspettare che qualcuno entri nei loro post ma non li vedrai mai – mai – scrivere qualcosa in un post altrui.

Non pochi i soggetti che non hanno né una cultura da mostrare né un libercolo da vendere, ma una compulsione autistica davvero impressionante. Alcuni sono fuori controllo: pubblicano post uno dopo l’altro fino a postarne dieci o più nel giro di un’ora, con vecchia musica che tutti conoscono (e se proprio volessero ascoltarla la cercherebbero da soli su youtube) e tutto quello che gli passa per la mente, senza preclusioni né esclusioni e soprattutto senza mai porsi la domanda: ma almeno a una o due persone interesserà anche solo un pochino quello che con dedizione indefessa continuo a postare? Ragazzi, con simpatia, il primo passo è rendersi conto di avere un problema: ve lo dice una persona che conosce bene le dipendenze.

La categoria degli idioti, a cui appartengo

Poi ci sono quelli come me, gli idioti, che creano una pagina col nome del proprio Blog solo ed esclusivamente nella ridicola speranza che questa Pagina serva a far conoscere il Blog. Pur avendo un livello informatico avanzato (utilizzare un Social Media è come giocare a rubamazzo, creare da soli un sito, impostare un Seo decente e poi collegare il sito a Facebook è come giocare a bridge) la creazione di una Pagina Fb e suo collegamento diretto al blog è un vero pain in the ass. Facebook for developers non è affatto un giochetto per bambini. Tutto questo per far capire che, dopo tanta fatica, ti accorgi che la tua stupida Pagina non sostiene proprio niente che non sia Facebook stesso. La gente in genere e gli italiani in particolare non hanno voglia di leggere articoli, di conoscere altri punti di vista, vogliono solo scrivere post, brevi e rivolti a se stessi. Le persone come me, che si rivolgono agli altri, non hanno chance. Perché sono un’idiota? Perché proprio io, che venero McLuhan, ho voluto dimenticare, in questa avventura del Blog con collegamento Facebook che “medium is the message” e nient’altro. Che su Facebook, come dice Davide Mazzocco Lavoriamo per Mark Zuckerberg con la stessa passione che riserviamo ai nostri hobby, ma con una continuità assolutamente inedita nella storia dell’umanità. Siamo i nodi di un reticolo di due miliardi e 270 milioni di persone, mittenti e destinatari di messaggi pubblici e privati che alimentano un gigantesco Leviatano che si nutre di dati. Questo è il solo messaggio, tutto il resto è Matrix.

Facebook: comunicazione autistica

Facebook: comunicazione autistica

Tornando quindi all’autismo, noi sappiamo che i bambini autistici non riescono ad identificare le emozioni degli altri individui né ad attribuirgli uno stato mentale. Non possiedono, quindi, ciò che viene definito “teoria della mente” che consiste nella capacità di immaginare cosa gli altri possano sentire e desiderare, facendo ipotesi e prevedendo il loro comportamento. Esiste un circuito speciale nel cervello umano che sta lì proprio per elaborare le informazioni che arrivano dal mondo sociale e questo circuito perciò si chiama “cervello sociale.” I bambini autistici non sono in grado di sviluppare una teoria della mente e non possiedono un cervello sociale. A mio parere, anche a buona parte dei più che adulti utenti di Facebook mancano queste skills.

Facebook comunicazione autistica. Prima l'uovo o la gallina?
Prima l’uovo o la gallina?

Un po’ come per la vecchia faccenda dell’uovo e della gallina c’è una domanda a cui è impossibile rispondere: la condizione umana è diventata così infernale e miserrima a causa dei vari Facebook o Facebook può esistere proprio perché la specie umana è così orribile?     

I Social Media e Brave New World

I Social Media e Brave New World è un breve ma intenso viaggio che ho percorso all’interno di pagine e gruppi Facebook. Ho scelto di andarmi a rileggere Aldous Huxley perché nessuno, come lui, è in grado di spiegarci così bene il mondo di adesso.

Partiamo dalla famosa frase pronunciata da Huxley nel corso di una conferenza nel 1961:

“The perfect dictatorship would have the appearance of a democracy, but would basically be a prison without walls in which the prisoners would not even dream of escaping. It would essentially be a system of slavery where, through consumption and entertainment, the slaves would love their servitudes. “

La dittatura perfetta sembrerà una democrazia, ma sarà principalmente una prigione senza mura da cui i prigionieri non vorranno mai fuggire. Essenzialmente sarà un sistema di schiavitù dove, fra consumi e divertimento, gli schiavi ameranno essere schiavi.”

I Social Media e Brave New World: foto di Aldous Huxley
Aldous Huxley

Aldous Huxley e “Brave New World”

Se torniamo al suo romanzo più famoso “Brave new world” scritto nel 1932, vediamo che Huxley immagina questo nuovo mondo coraggioso come un luogo dove i bambini fin da piccolissimi vengono condizionati tramite tecnologia e droghe, e una volta adulti, assolvono al compito deciso fin dalla loro nascita: i figli dei poveracci continueranno ad essere poveracci, i figli dei potenti saranno sempre potenti e così via. Adesso mettete bene a fuoco il periodo in cui Huxley ha scritto questo libro, che è il periodo delle dittature classiche: nazismo e stalinismo, dittature dove si comandava con la forza, la ferocia, la tortura e incutendo il terrore nei cittadini. Eppure, nonostante il mondo in cui viveva, lui è riuscito a guardare lontano, ancora più lontano di Orwell che peraltro era più giovane, fino a vedere esattamente il nostro molto poco coraggioso mondo odierno.

Trailer della nuova serie tratta da Brave New World di Huxley

In che modo, oggi, i padroni della Terra e i governanti, loro cani da guardia, riescono a controllare le masse, togliendoci tutto senza che nessuno decida di ribellarsi e spargere sangue milionario? Attraverso una tecnologia che Huxley non poteva prevedere, che ha un nome che fa sorridere molti mentre dovrebbe farci venire i brividi: questo nome è Social Media.

I Social Media e Brave New World: viaggio attraverso pagine Facebook

Icone Social
I Social Media e Brave New World: icone Social

Del mio intenso viaggio navigando su Facebook, sia come pagina che come singolo utente, racconterò solo un paio di esempi, secondo me molto esplicativi. Partiamo dalle Sardine. Prima del coronavirus ero stata ad una loro manifestazione, a Roma e, nonostante gli interventi dal palco spesso retorici e noiosi, l’organizzazione che non era nemmeno stata in grado di far cantare alla gente, in coro, “Bella ciao” che poi era quello che tutti volevano fare, mi ero comunque riconosciuta in un movimento anti-fascista ed eterogeneo, che univa giovani e vecchi. Ho deciso quindi di iscrivermi al gruppo Facebook delle Sardine, e lì ho avuto la prima sorpresa: di gruppo Facebook Sardine non ne esiste uno solo ma ce ne sono una miriade. Ma come? Non le avevano chiamate Sardine proprio perché bisognava stare tutti uniti e vicini (ora come ora solo in modo virtuale, ovvio)? Lo sapete, sì, che il metodo con cui le megattere fanno scorpacciate di sardine è proprio dividendole? Vabbè. Mi sono fatta consigliare un gruppo di Sardine Facebook e mi ci sono iscritta. Pochi giorni fa, entrata nella loro home, la prima cosa che ho visto era un post in evidenza (di quelli che solo l’admin può mettere, per capirci) gigantesco, dove appariva la faccia di Conte con una sua citazione “lotterò in Europa fino all’ultima goccia di sudore” e il commento dell’autore del post: Grazie, Presidente!

Sardine su Facebook

I Social Media e Brave New World: manifestazione Sardine a Roma dicembre 2019
Manifestazione Sardine a Roma, dicembre 2019

A parte il fatto che – casomai – si lotta fino all’ultima goccia di sangue e non di sudore (non è mica la finale di Wimbledon), ho pensato: sono finita su un gruppo dei 5 stelle? Sulla pagina Fb del governo? Sulla pagina Fb dell’Opus Dei? Ho notato che era un gruppo di quasi solo over 55, dove i pochi giovani avevano il terrore di esprimere un parere. Scendendo nella bacheca ho trovato un post che aveva, in meno di un’ora, già raccolto almeno quattrocento commenti. Wow! Mi sono detta: finalmente il gruppo delle Sardine parla di qualcosa di sinistra, ma mi sbagliavo. L’argomento scottante? Quanto sia maleducato dare del tu e non del lei alle persone anziane, e, per proprietà transitiva, alle persone in genere. Quando ho provato a dire che io, personalmente, preferisco il tu, ma in ogni caso non mi offendo se mi danno del lei e che, comunque, quest’argomento della malvagità insita nel tu mi sembra quanto meno ridicolo, soprattutto adesso, sono stata aggredita. Diverse sardine femmina e un paio di maschi mi sono saltati alla giugulare come vecchi vampiri con frasi come queste: “un ventenne egocentrico e saccente che non sa coniugare il lei mi fa proprio arrabbiare” oppure “un anno fa sono stato ricoverato e quando l’infermiera mi si è rivolta con il tu l’ho così mortificata che ancora se lo ricorda”. Non c’era verso di spiegare che “signora, il lei non si coniuga, non è un verbo” oppure “i ventenni di adesso non sono affatto saccenti” o anche “non è bello mortificare le persone, in nessun caso” perché improvvisamente saccente, egocentrica e irrispettosa diventavi tu. Senza nemmeno essere ventenne. Signore e signori, se questa è la sinistra italiana, arrendiamoci subito che è meglio!

I Social Media e Brave New World: gruppi Facebook sull’ironia

Allora ho proseguito il mio viaggio cambiando luogo. Mi sono detta: cerchiamo i cultori dell’ironia, che magari hanno qualche neurone in più. Mi sono iscritta a un gruppo sull’ironia, dove, per farmi entrare, mi hanno anche fatto l’esamino: “Che cos’è l’ironia per te?”. Una volta lì dentro, ho visto che il gruppo, composto principalmente da gente fra i 35 e i 50, comunicava esclusivamente tramite meme. Non voglio essere fraintesa: i meme mi piacciono, quando sono belli o divertenti li uso anch’io, ma quelli belli e divertenti sono sempre meno, e i meme dell’ironia è una facoltà a numero chiuso, spesso anche sgrammaticati, non facevano ridere nemmeno se guardandoli ti facevi il solletico da sola. Sotto ad ogni meme, i commenti: “bellissimo” “ahahahah” “ma anche no!” “anch’io” tutti farciti dalle solite emoticon – tante – e poi i like, le faccette wow e le faccette ahah come se piovesse.

Esempio di meme divertente e intelligente

In uno di questi meme della “facoltà a numero chiuso” c’era la foto di un uomo con tre puntini sul naso e la scritta: guarda il puntino rosso per trenta secondi poi scuoti la testa e guarda il muro. Gli appartenenti al gruppo erano entusiasti: “Se lo sapevo non perdevo tempo con le droghe sintetiche” “bellissimo” “ahahahah” “ma anche no!” “anch’io” “a me non succede nulla (con faccina stralunata)”. Allora ci ho provato e per un paio di secondi, sul muro, ho visto – più o meno – la foto del meme. Ho scritto “Sì vabbè. Si vede il tipo sul muro. Ma cosa c’è di divertente?” Non l’avessi mai detto! I cultori dell’ironia si sono improvvisamente trasformati in iene non ridens. “L’ironia non è solo sbellicarsi dalle risate – ha scritto una tizia, postando la foto presa dalla Treccani online con tutti i vari significati del termine ironia” “Grazie per la lezioncina – le ho risposto – e io che credevo che l’ironia significasse Boldi e De Sica” e subito un altro genio “quei due comici demenziali che sono sicuramente grandi attori non rappresentano la sola ironia eccetera eccetera” e io “Su Boldi e De Sica ero sarcastica. Pensavo fosse evidente. E non sono grandi attori, sono patetici.” Mio Dio, che fatica!!!

Più aumenta la demenza senile, più si utilizza Facebook

Poi, come esperimento, ho provato a postare, a distanza di una o due ore, due link di articoli molto divertenti, presi da blog diversi, invogliando i cultori dell’ironia alla lettura e spiegando loro che dopo aver fatto l’estrema fatica di cliccare sul link non si sarebbero trovati di fronte a “Guerra e Pace” ma a semplici articoli, spiritosi, comici, per niente lunghi, scritti in un italiano scorrevole. Niente che un bambino di terza elementare non sia in grado di affrontare. Risultato: nessuno si è cagato i link, come fossero stati invisibili.

Fino al 2015 i Social Media erano un fenomeno legato principalmente agli adolescenti, ma oggi i numeri sono del tutto cambiati. A fine 2018, in Italia, i numeri di Facebook, che rimane la piattaforma Social più utilizzata nel mondo, erano i seguenti: il 58% degli utenti aveva più di 35 anni. La fascia con più utenti era quella 35-46. Emergeva chiaramente la drastica diminuzione dei giovani, e considerando in particolare la fascia 13-29, il suo calo, rispetto all’anno precedente, era di 2 milioni di persone. In particolare i 13-18enni sono diminuiti del 40%, i 19-24enni del 17%, i 25-29 del 12%. Calati anche i 30-35enni e i 36-45enni. A crescere solo le fasce più avanzate: quella dei 46-55enni e quella degli ultra 55enni che ha fatto un salto del 17%. (Dati di Vincos.it) Come dire – in modo molto poco educato, ne sono conscia – che, più aumenta la demenza senile, più si utilizzano i social.

I Social Media e Brave New World: la prigione da cui nessuno vuole scappare

Ma comunque Facebook & co. vengono usati ormai da tutte le società del mondo, da oriente a occidente, da nord a sud, sono amati da gente di sinistra e da gente di destra, dai ricchissimi e dai poveracci, a partire da chi è ancora troppo piccolo per saper scrivere ma può già essere in grado di usare le emoticon fino a chi sta in casa di riposo e usa le stesse emoticon del pronipote. Ci sono suore di clausura che hanno pagine Facebook. Il Papa è famoso per avere 49 milioni di followers, e se ne esce con frasi come “Maria è la influencer de Dios…”

Eccola la prigione senza mura da cui i prigionieri non vogliono scappare. Un tossico scapperebbe da un carcere dove eroina e oxycodone sono sempre a disposizione, gratis, ogni giorno e tutti i giorni? È la stessa cosa: i Social Media rendono la gente dipendente, ma nessuno se ne accorge perché quella dipendenza appartiene a tutti. I social media sono il vero white horse di oggi, quel white horse che nessuno dovrebbe mai cavalcare.

Il ritorno al Paleolitico

Antichissima pittura rupestre, Chauvet Francia
Pittura rupestre di 32000 anni fa trovata in Francia

Ma soprattutto i Social Media rendono la gente stupida, stupida, stupida. Si inizia a comunicare solo coi like e con i meme, o con una riga sgrammaticata su whatsapp, ma in compenso farcita da una ventina di faccine (influencer de Dios, suggerisci al tuo amatissimo follower Zuckerberg di aggiungerne di nuove, perché sono sempre le stesse e non le sopporto più!) Dopo un po’ alcuni smettono di rispondere se gli amici pongono una specifica domanda o, peggio, un argomento su cui discutere. I più gentili ti rispondono con un like o una faccina. Poi, col tempo, la maggioranza della gente si rende conto che leggere qualsiasi cosa più lunga di 160 caratteri gli provoca una sorta di fastidio. Magari decidono di farlo ugualmente, i meno tossici, ma lo fanno solo per un senso di dovere, e quando le cose non necessarie le fai solo per dovere, poi smetti di farle. Leggere, discutere con parole e non con emoticon, argomentare, conversare sono tutte cose ormai faticose e quasi sovversive. Da lì inizia la decadenza, nostra, del nostro mondo e delle nostre vite, il ritorno al Paleolitico, dove uomini senza scrittura dipingevano pitture rupestri, con la differenza che quelle pitture erano molto belle e raccontavano la realtà di allora senza sovrastrutture.

“Comunità, Identità, Stabilità”

Nel primo capitolo di “Brave new world” di Huxley troviamo questa descrizione: “’Centro di incubazione e di condizionamento di Londra Centrale’ e in uno stemma il motto dello Stato Mondiale: ‘Comunità, Identità, Stabilità’.” Mentre tutti noi siamo in incubazione, o già trasformati in schiavi, cavie, esseri che non hanno possibilità di scelta né di ritorno, al grido di parole così attuali e fintamente democratiche, come “Comunità”, “Stabilità”, “Identità”, io mi immagino il signor Zuckerberg e gli altri padroni del pianeta mentre osservano il mondo distrattamente, come si conviene alle divinità, dall’alto del loro attico o del loro aereo privato e casualmente ci vedono, tanti ma piccolissimi, e ci guardano con lo stesso interesse con cui, molti di voi, potrebbero dare un’occhiata a una fila di formiche.

I Social Media e Brave New World: Zuckerberg
I Social Media e Brave New World: Mister Zuckerberg
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