Il motivo per cui parlerò della conferenza di Losanna del 1923 è per via di un articolo scritto da Hemingway, allora giovanissimo reporter che lavorava soprattutto per giornali canadesi. Il modo in cui Hemingway faceva il giornalista era particolare, proprio come in seguito lo sarebbero stati i suoi libri. Per una conoscenza vera e approfondita di Hemingway la sua attività da reporter è imprescindibile, anche perché il suo modo di scrivere da giornalista è completamente diverso dal suo stile letterario: il reporter Hemingway è fortemente ironico, mentre lo scrittore Hemingway è drammatico. A volte possiamo trovare, in un suo libro, qua e là, una vena di sarcasmo, ed è sempre sarcasmo molto amaro. Credo che questo possa dipendere dal fatto che per lui la vita narrata che diventa letteratura, sia sempre stata qualcosa di maledettamente serio. Al contrario la vita vissuta, che è ciò di cui si parla nei reportage, puoi affrontarla solo finché riesci a farlo con ironia. Il momento in cui perdi l’ironia, quel grande nonsense che è la vita ti schiaccia.

Hemingway versus Mussolini: come è nato il reciproco odio fra un grande scrittore e un piccolo dittatore
Altro motivo per cui ne parlo è che mi è capitato di leggere articoli su giornali di destra o addirittura libracci che sostengono che Hemingway amava Mussolini e lo considerava un grande. Hemingway aveva in simpatia D’Annunzio, che è tutta un’altra cosa. In realtà considerava Mussolini un grande… coglione, lo prendeva in giro in ogni articolo e Mussolini lo odiava, tanto che solo in Italia “Addio alle armi” scritto nel 1929 ha dovuto attendere il 1946 per essere pubblicato. Quindi, in questo paese dove ognuno è libero di dire quello che gli pare, perché la verità ormai è un genere passato di moda, parlerò da parte di Hemingway usando brani di un suo famoso articolo “Mussolini Europe’s prize bluffer” che significa “Mussolini è il più grande bluff d’Europa”. Reportage per il “Toronto Daily Star” 27 gennaio 1923.

La conferenza di Losanna, 1923
In questo articolo si parla della conferenza di Losanna tenuta nel 1923, subito dopo il trattato di Sevres, dove i vincitori si erano spartiti i territori dei vinti, post prima guerra mondiale, ma le decisioni non erano state ratificate a causa dell’opposizione turca. In questo pezzo Hemingway si scatena e ce n’è per tutti: prende in giro gli svizzeri, prende in giro i rappresentanti della neonata Unione Sovietica, prende in giro Ismet Pascià, braccio destro del celeberrimo Ataturk, presidente della nuova e moderna Turchia, anche se per Ismet Hemingway ha una certa simpatia. Ma più di tutti prende in giro Mussolini.

Sfortunatamente per l’Italia Mussolini non era un bluff come dittatore, e in un certo senso Hemingway ha perso la sua scommessa. In compenso con questo ed altri articoli Hemingway riuscì a farsi odiare da Mussolini che l’ostacolò in ogni modo possibile.
Hemingway versus Mussolini: gli svizzeri
“Losanna, Svizzera. Allo Chateau di Ouchy, così brutto che in confronto la Old Felow’s Hall di Petoskey, nel Michigan, sembra il Partenone, si tengono le sedute della Conferenza di Losanna.
Una sessantina di anni fa Ouchy era un villaggio di pescatori con case scolorite dal tempo, una simpatica locanda dipinta di bianco con una veranda ombreggiata e fresca dove Byron si soffermava facendo riposare la gamba malata su una sedia, contemplando l’azzurro del lago di Ginevra e una vecchia torre in rovina che spuntava tra i canneti sulla riva del lago.Gli svizzeri hanno abbattuto le case dei pescatori, inchiodato una lapide sulla veranda della locanda, scaraventato la sedia di Byron in un museo, riempito la spiaggia a canneti con la terra raccolta negli scavi per gli alberghi enormi e deserti che coprono la collina sino a Losanna, e hanno costruito intorno alla torre il più brutto edificio d’Europa. Questo edificio di pietra grigia compressa assomiglia a uno di quei nidi d’amore che prima della guerra i re crucchi avevano l’abitudine di costruire lungo il Reno come “case da sogno” per le loro regine crucche, e riassume tutte le fasi più deplorevoli della scuola architettonica del cane-di-ferro-sul-prato.”

Bulgaria e Russia
“Il primo ministro bulgaro Stambuliski esce pesantemente dalla porta girevole dello Chateau, squadra con diffidenza i due poliziotti svizzeri con l’elmetto in testa, guarda torvo la folla e sale a piedi la collina fino al suo albergo. Stambuliski non potrebbe permettersi di viaggiare in berlina neanche se avesse i soldi. Lo riferirebbero a Sofia e il suo governo contadino chiederebbe spiegazioni. Poche settimane fa al parlamento bulgaro si è appassionatamente difeso dall’accusa, rivoltagli da un gruppo di elettori vestiti con pelli di pecora, di portare calze di seta e di dormire fino alle nove di mattina.”

…I membri della delegazione russa non sanno mai con precisione quando verranno invitati alla Conferenza e quando ne saranno esclusi e hanno perciò deciso, sin dall’inizio, in uno dei consigli di famiglia che tengono a mezzanotte all’Hotel Savoy, che prendere una berlina fissa sarebbe troppo costoso. Si presenta alla porta un taxi e si fa avanti Arrens, uomo della Ceka e addetto stampa bolscevico, con un volto severo, scuro e sogghignante e con l’unico occhio che vaga qua e là senza controllo. Lo seguono Rakovskij e Cicerin. Rakovskij, l’ucraino, ha il viso pallido, i lineamenti splendidamente modellati, il naso adunco e le labbra tirate di un antico nobile fiorentino.”

Cicerin non è più quello di Genova, quando sembrava batter le palpebre davanti al mondo… Adesso è più sicuro di sé, ha un cappotto nuovo, anche se di profilo è ancora lo stesso, con l’atteggiamento furtivo del mercante di abiti usati.“
Il turco
“Tutti vogliono vedere Ismet Pascià, ma una volta che l’hanno visto non hanno nessuna voglia di rivederlo. È un ometto scuro, privo di magnetismo… Assomiglia più a un merciaio armeno che non a un generale turco. Ha qualcosa di un topo…
Quando lo intervistai ce la intendemmo perfettamente, in quanto entrambi parlavamo malissimo il francese… Egli sa apprezzare una battuta umoristica e sorride compiaciuto a se stesso raggomitolandosi nella sua poltrona, ma si fa urlare all’orecchio in turco dal suo segretario gli interventi dei grandi. Quando lo rividi, Ismet era seduto a un tavolino in una sala da ballo di Montreux e sorrideva compiaciuto alle ballerine. Allo stesso tavolo due grossi turchi dai capelli grigi si guardavano attorno imbronciati, mentre lui mangiava enormi porzioni di torta. La cameriera sembrava soddisfatta di Ismet e Ismet di lei; si divertivano moltissimo. Nessuno dei presenti lo aveva riconosciuto.“

Hemingway versus Mussolini: Ritratto n.1
“A far contrasto con Ismet c’era Mussolini. Mussolini è il più grande bluff d’Europa. Anche se domattina mi facesse arrestare e fucilare, continuerei a considerarlo un bluff. Sarebbe un bluff anche la fucilazione. Provate a prendere una buona foto del signor Mussolini e esaminatela. Vedrete nella sua bocca quella debolezza che lo costringe ad accigliarsi nel famoso cipiglio mussoliniano imitato in Italia da ogni fascista diciannovenne. Studiate quella coalizione fra capitale e lavoro che è il fascismo e meditate sulla storia delle coalizioni passate. Studiate il suo genio nel rivestire piccole idee con paroloni. Studiate la sua predilezione per il duello. Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun bisogno di battersi a duello. E guardate la sua camicia nera con le ghette bianche. C’è qualcosa che non va, anche sul piano istrionico, in un uomo che porta le ghette bianche con una camicia nera. Può darsi che duri quindici anni come può darsi che venga rovesciato la primavera prossima da Gabriele D’Annunzio che lo odia. Ma permettetemi di offrirvi due ritrattini autentici di Mussolini a Losanna.”

Il dittatore fascista aveva annunciato una conferenza stampa. Vennero tutti. Noi ci affollammo in una stanza. Mussolini sedeva alla scrivania leggendo un libro. Il suo viso era contratto nel cipiglio famoso. Faceva la parte del dittatore. E restava assorto nel suo libro. Mentalmente leggeva già le pagine dei duemila giornali serviti da quei duecento inviati: “Quando entrammo nella stanza, il dittatore in camicia nera non alzò gli occhi dal libro che stava leggendo…” eccetera eccetera.
Per vedere quale fosse il libro che leggeva con avido interesse gli andai dietro in punta di piedi. Era un dizionario inglese-francese che teneva capovolto.”
Hemingway versus Mussolini: Ritratto n.2
“Lo stesso giorno un gruppo di italiane che vivono a Losanna vennero al suo appartamento dell’Hotel Beau Rivage per offrirgli un mazzo di rose. Erano sei donne di ceppo contadino, mogli di operai, e attendevano fuori della porta di rendere omaggio al loro nuovo eroe. Mussolini arrivò in redingote, calzoni grigi e ghette bianche. Una delle donne si fece avanti e cominciò il suo discorso. Mussolini la guardò torvo, sogghignò, posò i suoi occhioni da africano sulle altre cinque e tornò in camera sua. Quelle poco attraenti contadinotte rimasero lì con le rose in mano. Mezz’ora dopo ricevette Clare Sheridan, che a forza di sorrisi è riuscita a ottenere molte interviste e trovò il tempo di conversare con lei per mezz’ora.”

…Mussolini comunque non è uno sciocco ed è un grande organizzatore. Ma è molto pericoloso organizzare il patriottismo di una nazione quando non si è sinceri, specialmente se si porta questo patriottismo a un livello tale da far offrire al governo prestiti senza interessi. Quando un latino ha investito i suoi soldi in un affare, vuole dei risultati, e dimostrerà al signor Mussolini che è molto più facile stare all’opposizione che non essere il Capo del governo. Sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando e sarà guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po’ matto ma profondamente sincero e divinamente coraggioso, che è Gabriele D’Annunzio.”

La domanda che sorge spontanea è: perché Hemingway ha voluto credere che Mussolini non fosse un vero dittatore e che fosse interessato al limite ad un regime semi-democratico in cui stare all’opposizione, quando è noto che i dittatori le opposizioni le fanno fuori molto facilmente col sangue e che Mussolini non avrebbe mollato quella parte da Capo di Stato per niente al mondo? Perché Hemingway era americano, pragmatico. In Italia c’era stato, sì, ma come soldato durante la prima guerra mondiale e non si conosce una popolazione durante una guerra. Non poteva quindi avere un’idea di quanto profonda e insensata sia la vanità dei maschi in genere e di quelli italiani in particolare, in special modo quando hanno un briciolo di potere. Né poteva sapere che popolo di pecore eternamente senza pastore sia il popolo italiano, fin dal primo giorno in cui l’Italia è stata “riunificata” dai francesi Savoia. Forse, se lo stesso articolo l’avesse scritto solo qualche mese dopo, nel giugno 1924, di fronte all’assassinio di Giacomo Matteotti, Hemingway avrebbe capito che Mussolini non era un bluff in quanto dittatore, ma era sicuramente un giocatore d’azzardo, di quelli che non conoscono strategie ma più perdono più continuano a giocare, si vendono tutto “l’oro della famiglia oppure della patria”, s’indebitano con soggetti ancora più pericolosi e alla fine si ritrovano “gambe all’aria”. Nel caso di Mussolini letteralmente.