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PrimaValle Epidemic Fase 4

“Tu uomo! No capace?”

Covid o non Covid, è arrivata l’estate. Abbiamo tirato fuori dallo sgabuzzino i vecchi ventilatori cinesi – vecchi per modo di dire, hanno solo due anni – per constatare, con orrore, che uno dei due era morto. È morto così, senza alcun motivo apparente. Aveva il suo solito aspetto plasticamente allegro, così grazioso nel suo colore bianco-verde acqua e nemmeno una vite fuori posto. Eppure era morto. Quand’è così, non riesci facilmente a fartene una ragione, e abbiamo tentato la rianimazione più volte, ma non c’è stato nulla da fare.

Primavalle Epidemic fase 4:  ventilatore morto
Il ventilatore cinese morto prima del tempo

Ho detto a Ettore:

“Vai dai cinesi a comprarne uno nuovo, di quelli da 19 euro, ma che sia già montato, mi raccomando!”

Credetemi, non è un fatto di imbranataggine. Abbiamo montato con successo mobili Ikea, i vecchi mobiletti da computer di una volta che avevano un sacco di mensole da tutte le parti, armadi da giardino, il lettino di mio figlio da piccolo, ma i ventilatori cinesi… per quelli credo ci voglia una laurea in ingegneria. O la capacità di vedere il mondo in quattro o cinque dimensioni, capacità che, purtroppo, non possiedo.

Ettore è tornato, chiaramente, con lo scatolone in mano e il ventilatore tutto da costruire. La cinese del negozio gli aveva detto:

“Facilissimo da montale!” e lui, di conseguenza, le aveva creduto.

Ci siamo messi lì, in soggiorno, con santa pazienza, abbiamo tirato fuori tutti i pezzi e, un po’ col ragionamento (primo errore) un po’ guardando il ventilatore morto abbiamo costruito una cosa, che assomigliava ad un ventilatore ma aveva un’aria infelice e macilenta. Inoltre, non si reggeva in piedi e nemmeno funzionava. Dopo due o tre ore calde e infernali in cui abbiamo fatto e disfatto il tutto più volte, tentando anche un audace ibrido, per la serie “uniamo la parte di sotto del morto con la parte di sopra di quello vivo” ci siamo arresi.

“Che ti avevo detto? Se non è montato non lo prendere!”

“Sì ma la cinese ha detto che è facilissimo da montare”

“Certo, cosa volevi che ti dicesse?”

“Ma già montati non c’erano”

“Ma io te l’avevo detto!” e così via.

Primavalle Epidemic fase 4: Ritorno al negozio

Alla fine abbiamo smontato definitivamente La Cosa, infilato tutti i pezzi nello scatolone e Ettore si è ripresentato al negozio. La cinese, come l’ha visto, si è messa le mani nei capelli:

“No liesci montale?”

“No, non ci siamo riusciti”

“Tu uomo! No capace?”

“Sembra di no…”

“Uffffff” ha sbuffato lei.

Primavalle Epidemic fase 4: donna cinese con mascherina

A quel punto si è messa per terra, piccola ma molto muscolosa, con gambe da calcio rotante e ha malamente tirato fuori tutti i pezzi del ventilatore, con viti e bulloni che scappavano da tutte le parti. Ogni tanto urlava qualcosa di vagamente simile a:

“Ching Tung Chuuuuuuu!” che poi era il nome del figlio che si era nascosto chissà dove. Il figlio non si presentava ma lei continuava a montare il ventilatore, sempre più agitata ma anche determinata, nonostante nell’emporio ci fossero probabilmente 45 gradi, ad esser buoni.

La cinese, sudata e nervosa, ma senza mai togliersi la mascherina, alternava martellate e pezzi da far combaciare a grida che sembravano tanto dei bestemmioni in cinese. Un bestemmione, uno sbuffo, una martellata e un:

“Ching Tung Chuuuuuuuuuu!”

Primavalle Epidemic fase 4: Mother and Son

Non era facile costruire quell’affare, nemmeno per lei. Dopo dieci minuti buoni è arrivato il figlio, un adolescente alto e robusto, e lì hanno avuto uno scambio di battute in cinese che però, dai toni e dagli sguardi reciproci, possiamo facilmente tradurre:

“Dove cazzo stavi? È mezzora che ti chiamo!”

“A ma’ non mi rompere i coglioni”

“Adesso monta quel pezzo lì e chiudi la bocca!” ha detto lei infuriata indicandogli con l’indice cosa doveva fare e lui si è messo ad aiutarla sbuffando.

Ettore, intanto, che non sapeva che fare, si è avvicinato per cercare di carpire i misteri insondabili dei ventilatori cinesi, ma teneva la mascherina abbassata e la madre ha urlato al figlio qualcosa tipo:

“Wangtuchuchinyan” che sembrava tanto: “Allontanati da sto scemo senza la mascherina” infatti il figlio ha fatto subito un mezzo passo indietro.

I ventilatori Cinesi e la decadenza dell’Impero Americano

Nel frattempo sono arrivati altri clienti che hanno preso delle cose e si sono fermati alla cassa. Erano lì, in attesa, ma nessuno aveva il coraggio di dirle niente. Si vedeva che la cinese era sull’orlo di una crisi di nervi, ma era anche chiaro che non sarebbe mai arretrata di fronte al ventilatore.

Allora Ettore si è allontanato con una scusa dicendo che sarebbe tornato dopo un po’, in modo che i cinesi potessero gestire ventilatore e clienti senza troppa pressione. E anche perché faceva caldo come all’inferno. Quando è tornato il ventilatore era pronto, perfettamente montato.

Ventilatore nuovo in tutto il suo splendore

Il ragazzo cinese aveva l’aria così annoiata che Ettore ha pensato fosse giusto dargli una mancia.

“Vorrei dare due o tre euro a tuo figlio per ringraziarlo del montaggio” ha detto alla madre.

“Noooo! – ha quasi urlato lei – questo è nostlo lavolo. No devi dale altli soldi!”

Doppio insegnamento: per il figlio e per il cliente italiano. Cosa che ci ha portati ad una profonda riflessione: “Poveri americani, in piena decadenza dell’Impero. Non c’è partita: questi vi asfaltano…”

PrimaValle Epidemic FASE 2

PrimaValle Epidemic FASE 2: PRIMAVALLE, BABY

Andiamo all’Eurospin, Ettore e io, così, alla spicciolata, perché ancora non è chiaro se ci faranno entrare in due oppure no. Quindi sincronizziamo gli orologi (io l’orologio non l’ho mai avuto, nemmeno da bambina, quindi sincronizziamo solo il suo) e ci diamo appuntamento dentro. Una volta lì, c’è tanta di quella gente da poter mettere su un mercato di scambi internazionali, tipo: “Un colera e un’epatite B in cambio di un Covid!” o anche “Io ho una legionella vintage…” e tutti “Wow! La legionella è rara, al momento!” e poi arrivano i soliti raccomandati “Noi offriamo patogeni nuovissimi e molto colorati…” e la gente “Sì, vabbè, ma come fai a capire se non sono contraffatti?” per non parlare dei trader “Shortiamo, shortiamo sul Covid ancora per un paio d’ore!”

Nonostante ciò, noi, protetti dalle mascherine chiamate da De Luca “quelle di Bunny il coniglietto” ci muoviamo eroici verso il reparto più minaccioso, quello di frutta e verdura.

PrimaValle Epidemic: FASE 2 Le mascherine di Bunny il coniglietto

Ed ecco che una muraglia – non esagero – di meloni ci si staglia di fronte. Un altro scaffale, attiguo a quello dei meloni, contiene forse un migliaio di cocomeri baby. Io prendo rapidamente un cocomero e Ettore si dirige verso i meloni. Gli dico “No. Tu non li sai scegliere.”

Risponde: “Altroché. Sono bravissimo a scegliere i meloni.”

Gli dico: “Ha parlato l’uomo Del Monte.”

In quel preciso momento Ettore, dopo aver osservato i meloni con perizia per un paio di secondi, ne sceglie uno, allunga la mano e lo prende. Una frazione di attimo ed ecco che una cascata di meloni caracolla giù dallo scaffale. Ettore cerca di abbracciarli come di sti tempi non faresti nemmeno con la vecchia zia che forse, un giorno, potrebbe metterti sul testamento ma è tutto inutile: per quanti ne riesca a trattenere sono molti di più quelli che crollano. Io cerco di aiutarlo ritirandoli su, ma non funziona, perché più li tiri su e più tornano giù. A quel punto la cascata trofica si comunica ai baby cocomeri, e ne cade uno. I cocomeri piccoli se cadono si rompono ma io lo ritiro su ugualmente. Come lo rimetto al suo posto ne cadono tre, creando un gran casino di polpa e acqua di anguria sul pavimento. A quel punto iniziamo tutti e due a ridere come matti, ma proprio come matti, come se fossimo strafatti di canne e invece no, io quasi cado a terra dalle risate ma la sensazione che da un momento all’altro possano mandare il pelato della security a sbatterci fuori ci fa tornare ad un più basso profilo.

PrimaValle Epidemic FASE 2 cascata di meloni
PrimaValle Epidemic: FASE 2, cascata di meloni

Per fortuna non siamo in un supermercato vip e nessuno ci caga. A qualche passo di distanza, però, vediamo un signore sugli ottanta, piuttosto pesante, che si trascina faticosamente su due canadesi e, passetto dopo passetto, si dirige proprio verso il luogo dei cocomeri sfatti, dove è praticamente impossibile non scivolare.

“Cazzo, quello fra poco arriva lì sopra e si scrocia…” dico io.

“E quindi se quello cade s’inculano noi?” domanda Ettore.

“Beh no. Noi siamo il cliente. Il cliente ha sempre ragione.”

“Allora che facciamo. Restiamo a guardare? Sono un po’ curioso.”

“Oppure ci allontaniamo e guardiamo da lontano. Sono un po’ curiosa anch’io.”

Nascosti fra il carrello e lo scaffale dei detersivi, mentre esseri umani indifferenti sciamano intorno a noi come api (ma senza essere così carini come le api) vediamo il vecchio superare i cocomeri senza un attimo di indecisione, sempre perfettamente stabile con i suoi centocinquanta chili appoggiati alle due stampelle. Sicuro che ci seppellisce tutti e due.

“Però. Hai capito il vecchio?” dice Ettore.

“Già. Primavalle, baby” dico io.

 “Primavalle, baby – ripete lui – adesso sbrighiamoci o il vecchio arriva alle casse prima di noi…”

PrimaValle Epidemic FASE 2: MOMENTI DI GLORIA

Ettore entra dal tabaccaio di zona per pagare una bolletta. Una volta ci comprava le sigarette, ma ha smesso di fumare. Una volta ci giocava al superenalotto ma dopo la lunga pausa è come se il lotto fosse eternamente in lockdown. La forte protesta dell’anziano signore che, lo scorso 24 marzo a Messina sparò alla tabaccaia perché non lo faceva giocare, in qualche modo è rimasta lettera morta. In breve, restano solo le bollette.

C’è una ragazza alla cassa, giovanissima e senza mascherina. Ettore deve pagare 167 euro e sessanta centesimi. Allora tira fuori i 150, poi i 10, poi i 5 ed inizia con monete e monetine fino ad arrivare alla cifra richiesta. La ragazza lo guarda con gli occhi spalancati.

“Accidenti, AMO’ – gli dice sbalordita – nessuno me aveva mai dato i sordi così, uno a uno…”

Lo guarda ancora stupefatta e aggiunge: “Certo che sei proprio preciso!”

PrimaValle Epidemic FASE 2: TORRE DI BABELE

PrimaValle Epidemic FASE 2, la Torre di Babele di Peter Bruegel il Vecchio
La Torre di Babele di Peter Bruegel il Vecchio

Dove abitiamo noi non c’è mai troppo rumore, ma da quando c’è il Covid il silenzio è aumentato ed è una cosa bellissima. Stamattina, improvvisamente, sembrava di esserci svegliati all’inferno.

Prima di tutto la didattica smart. Nonostante tutto quello che vi possano raccontare in proposito, la didattica smart non è per niente smart: insegnanti e studenti devono urlare per farsi sentire, solo per dirne una. Emiliano, dal piano di sopra, ululava come se stesse tenendo un comizio su Leopardi e Verga. La prima cosa che ho pensato: “Verga no, cazzo! L’ho sempre odiato.”

Dal muro attiguo, la figlia dei nostri vicini, sedicenne, stava seguendo una lezione di spagnolo, perché si sentiva la professoressa strillare con tono marziale cose come: “Que es esto? Te pedí una explicación no un diccionario de sinónimos!!”

Poi c’era la sorella minore, di 14 anni, che parlava forse con un’amica da qualche altro dispositivo, e anche loro urlavano:

“Allora?”

“Niente, c’ho il giorno libero…”

“Ah! C’hai er freedday?”

“Sì. Cia cia”

“Cia cia”

Ma la cosa più inquietante è stata una voce del tutto sconosciuta provenire dal nostro cortiletto condominiale, dove nessuno che non appartenga alla palazzina avrebbe mai il coraggio di avvicinarsi, per via dell’agghiacciante visione del garage aka cantina che nessun essere umano riuscirebbe a sopportare, se non dopo un lungo training passato a guardare la piccola Samara che esce dal pozzo e dal televisore per venirti a uccidere.

da The Ring, capolavoro dell’horror, la piccola Samara esce dal televisore

Visto che Ettore e io abitiamo nel basement (in inglese fa più fico) la voce di questo tizio sembrava provenire direttamente da dentro al letto:

“Allura iu direi u purtusu ri farlo cca picchì da cca ci sunnu deci metri chi ci dovrebbero abbastari”

Il tizio, con una tuta che poteva essere da tecnico Acea, Eni, o semplicemente da coglione in tenuta anti Covid, parlava siciliano stretto. Ettore ha aperto la finestra e se l’è trovato a pochi centimetri. Non l’aveva mai visto e sperava che, chiudendo gli occhi per riaprirli subito dopo, il siculo sarebbe scomparso. Ma non è successo.

“Ma che è sta torre di Babele del cazzo?” ho domandato. Ettore ha risposto:

“Boh”

La casa in Circonvalla però c’ha più stile”

J-Ax Più Stile

PrimaValle Epidemic 3

PrimaValle Epidemic 3: CE METTA ‘N PUNTO

Mascherine, mascherine, ancora e sempre. I tg ci assicurano che Arcuri ha fissato un prezzo di 50 centesimi a mascherina, e non sto parlando delle mascherine chirurgiche né tantomeno di quelle FFP, con valvola, senza valvola, con incantesimo incorporato o senza, perché per comprare quelle bisogna prima accendere un mutuo. Le mascherine da 50 centesimi sono quelle becerissime con gli elastichetti da mettere intorno alle orecchie e nella realtà ancora oggi le farmacie te le vendono a cifre che farebbero venire un ictus allo stesso Arcuri, e quel che è peggio, vendono mascherine “farlocche”. Non dico totalmente inutili, quello si sapeva già. Dico proprio inutilizzabili: come le tocchi si rompono. Mi sento di tranquillizzare il Papa che ha pubblicamente pregato per la salute dei farmacisti: tranquillo, Bergo’, i farmacisti se la cavano alla grande.

PrimaValle Epidemic 3: ragazza in mascherina, di Aoi Ogata
PrimaValle Epidemic 3: art by Aoi Ogata

Di dieci mascherine acquistate qualche giorno fa, tre si sono rotte mentre Ettore cercava di metterle e altre due si sono rotte a Emiliano dopo pochi minuti che le aveva indossate. Allora Ettore, stringendo in mano tutte le mascherine rotte, incazzato come il Pelide Achille dopo che gli avevano ammazzato Patroclo, è entrato in farmacia. Prima di uscire di casa ha detto: “Spero di beccare quel vecchiaccio maledetto!” Ora, il vecchiaccio maledetto è il proprietario della farmacia di zona, che oltre a non essere simpatico di suo, ha il grande difetto di essere anche lento e rincoglionito e, soprattutto, ha commesso il peccato imperdonabile di tossire sulle mascherine che ci stava vendendo. Bisogna dire che il vecchio, quando ha tossito, indossava una mascherina, anche se di quelle becere, ma ugualmente io ho provato un forte istinto omicida e sottolineo omicida, nei suoi confronti, istinto che solo grazie a un forte senso morale e a un’anima virtuosa sono riuscita a reprimere…

Mascherine in Anime

In farmacia c’era effettivamente il vecchio, e Ettore ha sbattuto le mascherine rotte sul bancone spiegandogli cos’era successo. Il vecchio le ha guardate, ha visto che gli elastici erano saltati via uno dopo l’altro e ha detto:

Beh, ce metta ‘n punto” con la faccia come il fondoschiena: dopo che ti paghiamo a prezzo ultra-maggiorato quelle schifezze che tu chiami mascherine mi devo mettere anche a fare la sartina?

Ma ce lo metta lei quel cazzo di punto! – gli ha urlato Ettore – io le ho comprate e pagate ben due euro e cinquanta l’una. Che ne dice se le faccio una segnalazione?”

A quel punto il vecchio ha quasi preso fuoco come i vampiri se gli spruzzi l’acqua santa e gli ha subito restituito altre cinque mascherine becere senza proferire verbo. La parola segnalazione, nonostante sia, in Italia, notoriamente priva di significato oltre che di conseguenze, l’ha straordinariamente spaventato. In questo periodo la gente ha reazioni veramente emotive…

DIDATTICA SMART E DUCHESSE

PrimaValle Epidemic 3: Didattica Smart e Duchesse
Didattica Smart in Germania

Un collega di Emiliano, giovanissimo come lui, insegna italiano in un istituto professionale statale, e sta svolgendo una lezione in “didattica smart” ad una delle sue classi. Mentre sta parlando, sente chiara e forte la voce della madre di una delle alunne che, rivolta alla figlia, grida:

“Aho, Laura, m’abbassi sta voce de mmerda?”

L’insegnante finge di non sentire, ma dentro di sé pensa: “Però, una vera duchessa.” Due giorni dopo, stessa classe, stesso IP. Mentre sta cercando di spiegare l’argomento sente di nuovo l’ormai familiare voce della duchessa, che nuovamente si rivolge alla figlia:

“A Laura!? Ma devo sentì ancora sto stronzo?”

PrimaValle Epidemic 3: RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE

Il giorno di Pasqua, in lockdown, nel sereno tepore del giardino, Emiliano, pur sapendo benissimo che la panchina è ormai completamente scassata, tanto che anche la gatta ci si tiene alla larga, decide ugualmente di sedercisi sopra, e come era facile prevedere, crolla al suolo, urlando nel silenzio:

“Diocaneee!”

Chissà perché, nel momento della caduta, gli è uscita fuori una bestemmia filologicamente toscana, tipo “Maremma maiala” e quella roba lì. Ho pensato ai vicini oltre la siepe e dal momento che sono irrimediabilmente “una senza dio” mi è venuto da ridere immaginando la signora Assunta, cattolica campana e praticante, moglie di un sempre più insano Zio Michele (vedi PrimaValle Epidemic1) magari scandalizzarsi per la bestemmia.

Ma non potevo sbagliare di più. Dopo poco abbiamo sentito Zio Michele, che parlava al telefono già da un po’ dicendo cose incomprensibili – a meno che qualcuno non fosse stato così solerte da mettergli i sottotitoli sotto, come a Gomorra – urlare in italiano:

“Mannaggia a Gesù Cristo e a tutti quei cristiaaani!”

Direi che la messa è finita. Andate in pace.

PrimaValle Epidemic 3: angolo del giardino di casa nostra a Primavalle, Roma
PrimaValle Epidemic 3: Il giardino di casa

EVVIVA LA FASE 2: TANAX LIBERA TUTTI

Il Tanax è il farmaco con cui i veterinari sopprimono gli animali. Dal momento che i veterinari sono la categoria che ha uno dei tassi più alti di suicidio in Italia (non è un caso: si diventa veterinario perché empatizzi con gli animali, così come si diventa medico perché empatizzi con i soldi), di solito i veterinari usano il Tanax per compiere l’insano gesto. Da qui la frase – rivelatami da un’amica veterinaria – “Tanax libera tutti”. Riportando il tutto all’unica questione del momento, cioè il Covid-19, la speranza è che il “Tana libera tutti” fortemente voluto da Confindustria, dalle opposizioni e gentilmente concesso dal governo, non si trasformi in un Tanax libera tutti. Il 25 aprile, e quindi ancora lontani dal famigerato 4 maggio, nel mio quartiere c’era già un via vai di famigliole che andavano, venivano, tutti insieme appassionatamente, abbracciati, senza mascherine, pieni di passeggini, ciucci, vecchi nonni e micro cagnolini al seguito, e potete credermi sulla parola quando vi assicuro che nemmeno uno, fra tutti questi umani, stava festeggiando la liberazione dal nazi-fascismo.

PrimaValle Epidemic 3: EVVIVA LA FASE 2: TANAX LIBERA TUTTI
PrimaValle Epidemic 3: Tanax libera tutti

Nel giardino condominiale, dove, a giudicare da quanto alte sono diventate erbe ed erbacce potrebbero nascondersi sanguisughe e mamba neri, stavano seduti impavidi, tutti senza mascherine né guanti, i miei vicini con figlie adolescenti e amiche di figlie al seguito, più il finto scemo aka gran paraculo che vive sotto al tetto. Tutti in cerchio, appiccicati: una via di mezzo fra un pic-nic e il gioco della bottiglia. Oggi a via di Torrevecchia non credo ci fossero negozi ancora chiusi, e una marea di gente svolazzava in tutte le direzioni, come un grosso sciame di api stordite.

Pensate fra pochi giorni, quando la gente potrà incontrare qualsiasi essere, umano o alieno, in nome di una non meglio identificabile “affinità”; ci saranno quelli che dicono: “Sto anna’ dallo spacciatore, più affinità de così…” o anche, in fila a Viale Lazio: “Con quella lì, quella col perizoma che luccica, ho ‘na perfetta affinità genitale”.  Ho appena sentito Conte in tv dire che “in questa fase 2 ci vorrà molto senso di responsabilità da parte di tutti” e avrei proprio voluto poter spiegare a quel brav’uomo dall’aspetto sempre impeccabile una semplice ma evidente verità: “Se la salute del nostro popolo dipende dall’italico senso di responsabilità, allora, beh, è molto semplice: siamo fottuti.”

“La casa in circonvalla però c’ha più stile”

J-Ax, Più stile

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