Donne lasciate sole in un mondo dominato da uomini

NUNC MEDEA SUM, ovvero “Adesso sono Medea” è il verso 910 della Medea di Seneca, dove Medea, in un turbine di ira e passione, supera ogni dubbio e si accinge a compiere la sua vendetta contro Iason, suo marito e padrone, che l’ha condotta nell’abisso del dolore. Il senso di quelle parole è “Finalmente sono diventata la vera Medea”, come se avesse vissuto e patito ogni attimo della sua vita in preparazione del suo nuovo e implacabile ego.
Per far comprendere a tutti chi fosse Medea e in che modo il suo destino sia stato segnato, bisogna fare un passo indietro e parlare degli Argonauti. Devo ricordare che la storia degli Argonauti, mito preomerico, è lunga come un’Odissea all’ennesima potenza, e qui ne tracceremo giusto le linee principali.
NUNC MEDEA SUM: Gli Argonauti
Gli Argonauti, in breve, furono quel gruppo di 50 guerrieri greci che, a bordo della nave Argo e sotto il comando di Iason, si mossero dalla Grecia verso la Colchide (terra del Caucaso, che oggi potremmo situare fra la Georgia occidentale e la Turchia) per prendere possesso di un oggetto speciale, il “vello d’oro” che i greci sostenevano essere di loro proprietà. L’idea di fare quella spedizione venne da una sorta di patto fra Pelia, re di Iolco in Tessaglia e Iason, legittimo pretendente al Regno: Pelia gli assicurò che, se fosse tornato col vello, il Regno sarebbe stato suo.
Quello che forse, più di ogni altra cosa, ha reso memorabile l’avventura degli Argonauti è stato quello che oggi chiameremmo un supercast. Fra quei 50 guerrieri c’erano personaggi davvero molto noti, fra cui Teseo, Castore e Polluce, fino ai celeberrimi Orfeo ed Ercole. Inoltre, per sottolineare l’assoluto genere maschile come imprinting del gruppo, va ricordato che Atalanta, cacciatrice imbattibile, pur volendo partecipare all’impresa non fu accettata sulla Argo da Iason perché femmina (secondo alcune versioni del mito). Anche Cenis, donna bellissima che desiderava combattere fu, di conseguenza, trasformata in uomo…
Iason incontra Medea
Nonostante il grande sfoggio di virilità e di guerrieri semi-divini nel gruppo degli Argonauti, Iason non sarebbe riuscito né ad avvicinarsi al vello d’oro e tantomeno a fuggire da lì, se non grazie all’aiuto fornitogli da una ragazza, Medea. Eete, che regnava sulla Colchide e quindi era il legittimo proprietario del vello d’oro, era figlio del dio Helios (il dio Sole) e padre, fra gli altri, di Medea, giovane e formidabile maga. La principessa Medea, a causa dell’intervento del dio Eros, s’innamorò disperatamente di Iason e da quel momento divenne uno strumento nelle mani di lui. Riuscì, grazie ad incantesimi eccezionali, a fargli ottenere il vello e, una volta in fuga con lui e gli altri Argonauti sulla nave, non esitò ad uccidere il giovane fratello Apsirto. Forse Medea lo aveva preso in ostaggio o forse li stava inseguendo, ma, una volta ucciso, dovette tagliargli il corpo a pezzi; quello, infatti, sarebbe stato l’unico espediente in grado di fermare Eete, costretto a rimettere insieme i brandelli del figlio per dargli una sepoltura degna.
Iason e Medea, di Gustave Moreau, 1865 Maria Callas in MEDEA di Pasolini
Ritorno in Tessaglia
Nel corso del viaggio di ritorno furono ancora tante le situazioni in cui fu Medea, con le sue arti magiche, a salvare gli Argonauti. Ma pur essendosi servito di lei fin dal primo momento, Iason non la amò mai e la sposò solo come stratagemma per far sì che i Colchi e i loro alleati non gli sottraessero il vello d’oro. Una volta poi arrivato a “casa” Iason scoprì che Pelia non aveva nessuna intenzione di tener fede al patto, e, ancora una volta, fu Medea a salvargli la vita uccidendo il re. Iason lasciò comunque il trono al figlio di Pelia, Acasto, che pur essendo stato uno dei 50 Argonauti, condannò all’esilio Iason e Medea.
NUNC MEDEA SUM: Medea e Iason a Corinto
Ed eccoci al punto. Medea e Iason li ritroviamo esuli a Corinto, con due figli bambini e una vita piuttosto stabile, anche se Medea, considerata straniera e barbara non riuscirà mai a sentirsi benvoluta e a casa. I suoi modi sono diversi, e lei rifiuta di comportarsi da greca; non vuole legarsi i capelli e oppone le sue conoscenze magiche e antichissime alla ragion di Stato. Medea è indomabile, e delle donne dei Corinzi pensa che “siano come animali addomesticati, resi mansueti dagli uomini”. I popoli del Caucaso, da dove lei proviene, avevano un costume di totale uguaglianza fra uomo e donna. Ad esempio, le donne erano guerriere tanto quanto gli uomini (le Amazzoni, infatti, provengono da quelle terre).
Invece Iason, che desidera da sempre il potere, diventa amico del re Creonte che gli offre di sposare la giovane figlia Creusa. Iason accetta, pur avendo già moglie e figli. Come se nulla fosse si organizza così: i figli andranno a vivere con lui e la nuova moglie, mentre Medea verrà mandata via, sola, in esilio. Iason è certamente un personaggio orribile, sia nella Medea di Euripide che in quella di Seneca: un uomo – decisamente e tristemente attuale e moderno – innamorato solo del potere e di se stesso, abituato ad usare la seduzione come mezzo per raggiungere il potere. Non a caso Dante, nella Commedia, lo mette all’Inferno proprio per questo motivo.

Adesso sono Medea
Mentre prepara la sua mossa contro l’uomo che l’ha sfruttata portandole via tutto per poi abbandonarla sola, misera e in esilio, Medea viene così descritta da Seneca, per voce del Coro:
“S’aggira come tigre che cerca furibonda i figli per la foresta del Gange. Medea è incapace di dominare sia l’ira sia l’amore; ira e amore adesso si sono alleati: che ne seguirà?”
Ed è questo un punto davvero interessante: tutti sanno che le tigri sono le più amorevoli delle madri, e una tigre che si aggira furiosa in cerca dei propri cuccioli di sicuro non lo fa per ucciderli, ma semmai per uccidere chi cerca di far loro del male. Io credo che Medea, apprestandosi ad uccidere i figli che ama, non sia mossa solo dal desiderio di vendetta, ma principalmente dal sentore insostenibile provato da tutti quelli che sanno di non avere più altre scelte possibili. Io penso che, in quel momento, lei ami i propri figli appassionatamente, e sceglie di ucciderli perché uccidere se stessa e Iason sarebbe troppo facile. Nella sua visione di “exit life” i due genitori, Medea e Iason, devono restare vivi, sopravvivere alla morte dei loro figli, per morire di nuovo, nello spirito, il giorno dopo e quello dopo ancora e così via fino all’ultimo giorno di vita. “The privilege to die” diceva Emily Dickinson.
Nel lungo monologo che costituisce il nucleo dell’opera, in cui Medea parla alla nutrice, dirà:
“Delitto è avere Iason per padre e delitto anche maggiore Medea per madre. Che vengano uccisi, non sono miei; che periscano, sono miei.”

Il Personaggio Medea
Medea è forse uno dei personaggi più complessi che il mito ci racconta, estremamente difficile da comprendere. Forse le donne, a maggior ragione se madri, inaspettatamente possono riuscire a comprenderla, per via di quella sorta di scollamento che avviene con la maternità, quando, letteralmente, una parte viva di te si stacca dal tuo corpo e lo abbandona per sempre. Non riesco a concordare, invece, con la versione creata da Christa Wolf, famosa scrittrice tedesca. Secondo Wolf i figli di Medea vengono sacrificati dai cittadini di Corinto per purificare la città da un’epidemia, e Medea, considerata straniera, quindi facile capro espiatorio, viene ingiustamente accusata di averli uccisi.
La versione di Christa Wolf, francamente, mi sembra fuorviante proprio perché, nel tentativo di rendere giustizia a Medea, la trasforma in vittima e in donna debole. La bellezza del personaggio Medea, invece, risiede proprio nella sua forza e nel suo rifiuto di diventare vittima. Oltre che in quel fascino che deriva dalla sua ambiguità morale vagamente bipolare, e da quel suo attaccamento alle forze cosmiche ancestrali, quasi fosse, lei stessa, la personificazione della Natura. Una Natura spesso crudele, costretta a sacrificare i propri figli affinché altri possano vivere, morire, rivivere.
NUNC MEDEA SUM: Medea e Veronica
Passando rapidamente dal mito alla realtà, nel corso degli anni non ho mai trovato fra le pur numerose donne, italiane o straniere, condannate per omicidio di un figlio, una che potesse essere definita Medea. Finché non ho visto la siciliana Veronica Panarello, condannata per l’omicidio del figlio Lorys Stival, bambino di otto anni, morto per strangolamento tramite fascette da elettricista.
Perché Veronica merita l’appellativo di Medea? Per vari motivi. Veronica si è sempre dichiarata innocente e l’ipotesi dell’autostrangolamento con le fascette compiuto da Lorys in una sorta di gioco terribile sembra verosimile e non contraddetta da prove, ma non è questo a renderla Medea.
Sindrome di Medea
Che sia davvero stata l’autrice dell’assassinio del figlio oppure no, di sicuro è stata abbandonata a se stessa dagli uomini della sua famiglia molto prima della morte di Lorys. In seguito alla tragedia, consegnata dai familiari, con un’acredine quasi sadica, a una stampa e a una società che amano scagliarsi contro i deboli, soprattutto quando i deboli sono donne.
Secondo motivo che la rende Medea: il suo aspetto. Veronica, all’epoca dei fatti aveva solo ventisei anni, e fisicamente ne dimostrava diciotto. Le foto e le immagini girate dai vari documentari ce la mostrano giovanissima, magrissima, a mio parere bellissima, bianca come se il sangue avesse da tempo smesso di scorrerle nelle vene, vestita di nero con lunghi capelli castani e occhi grandi e persi. Le physique du rôle da Medea, quindi, era perfetto.

Veronica Panarello Stival
Chi era quindi Veronica Panarello prima di finire in carcere per trent’anni, confermati in Appello e in Cassazione? Una ragazzina passata direttamente dall’adolescenza alla maternità. A soli 26 anni aveva già due figli, di cui uno molto piccolo e l’altro, Lorys, di 8 anni, ipercinetico. Due figli molto difficili da gestire anche per donne ben più adulte e mature, che Veronica, però, doveva tirar su da sola.
Il marito, infatti, col suo lavoro da camionista passava settimane e settimane lontano da casa, senza preoccuparsi minimamente della gabbia fisica e psichica in cui aveva rinchiuso la sua giovanissima moglie. Forse Stival, il marito, lavorava più del dovuto. Forse rimaneva ancora più assente da casa proprio per far sì che Veronica non dovesse lavorare per potersi dedicare esclusivamente, 24/7 ai figli bambini, facendola sentire sola e alienata. Il tutto in un paesino in provincia di Ragusa, dove ogni cosa che fai passa al vaglio della gente: i vicini, i conoscenti, la scuola, la chiesa.
Un moderno Iason
Quando Lorys è morto e Veronica, dopo poco, è stata accusata dell’omicidio pur dichiarandosi innocente, il marito neanche per un momento le ha dato fiducia. Al contrario: le si è scagliato contro come se stesse solo aspettando il momento per farlo. Quando Veronica ha accusato il suocero di avere un ruolo nella vicenda (cosa che, fra l’altro, sembra ragionevole sotto vari punti di vista, a iniziare dall’isolamento sociale in cui viveva la ragazza) il marito ha creduto ciecamente al padre e neanche per un istante alla moglie. Ecco quindi, un moderno Iason che non esita a disfarsi della moglie alleandosi col suo mondo di uomini: il di lui padre, i giudici, gli investigatori, il pubblico.
NUNC MEDEA SUM: Differenze basilari tra Panarello e Franzoni
Parliamo per un attimo del famosissimo assassinio di Cogne, dove Anna Maria Franzoni, donna decisamente adulta, ha ucciso il proprio bambino, Samuel, di tre anni, percuotendogli la testa fino a fargli schizzare il cervello sul soffitto. Al contrario dell’omicidio di Lorys, nell’omicidio di Cogne le prove contro la madre del bambino, fin dall’inizio, si sono dimostrate estremamente solide. Inoltre il comportamento della Franzoni fin dal primo momento è stato freddo, distaccato e sospetto.
Franzoni spalleggiata dalla famiglia
Il marito e la sua grande famiglia, però, hanno fatto il contrario degli Stival: le hanno creduto nonostante tutto proteggendola da stampa e investigatori. La Franzoni non è stata abbandonata a se stessa, di conseguenza nessuno si è mai permesso di trattarla nel modo vergognoso con cui giudici e stampa hanno trattato la Panarello. Ma, soprattutto, il mondo degli uomini in Corte d’Appello ha ridotto alla Franzoni la pena a 16 anni. Diventati poi 11 fra indulti e sconti per trascorrerne infine (senza contare i frequenti permessi ottenuti) neanche 6 e ottenere gli arresti domiciliari con la possibilità di lavoro fuori casa e, poco dopo, tornare definitivamente totalmente libera per pena espiata.
Ho conosciuto persone che per possesso di pochi grammi di droga sono state in carcere più a lungo. Ma si sa, l’Italia è uno strano paese dove alcuni assassini, ovviamente da prima pagina, creano audience e, di conseguenza, ottengono grande benevolenza.

Migliaia e migliaia di anni sono passati da quando i Corinzi addomesticavano donne come fossero state animali, ma gli uomini tengono ancora salde nelle mani le chiavi del potere. La Medea del mito ha cercato di ribellarsi a questo, non accettando il ruolo della donna come proprietà del marito. Medea-Veronica, colpevole o meno di aver ucciso il figlio, di sicuro non ha avuto un trattamento equo, né dalla giustizia né dalla società, e resterà a lungo in carcere.